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TESTO Commento su Luca 6,20-31

don Michele Cerutti

VI domenica dopo Pentecoste (Anno A) (20/07/2014)

Vangelo: Lc 6,20-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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20Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:

«Beati voi, poveri,

perché vostro è il regno di Dio.

21Beati voi, che ora avete fame,

perché sarete saziati.

Beati voi, che ora piangete,

perché riderete.

22Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,

perché avete già ricevuto la vostra consolazione.

25Guai a voi, che ora siete sazi,

perché avrete fame.

Guai a voi, che ora ridete,

perché sarete nel dolore e piangerete.

26Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti.

27Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male.

29A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro.

31E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro.

L'onda di queste domeniche è particolarmente alta. Domenica scorsa il Vangelo ci invitava a misurare la vocazione cristiana nella dimensione della radicalità. In questa VI domenica dopo Pentecoste la radicalità evangelica si concretizza nel discorso delle beatitudini a cui fa seguito anche il discorso dei "guai".

Le beatitudini ci parlano di un regno di Dio che è ormai vicino. Sembra risuonare don Bosco che utilizzava una espressione particolarmente impegnativa: "In Paradiso non si va in carrozza". Anche Santa Teresa d'Avila a Gesù, in un incontro mistico, esordì con una affermazione che fa pensare: "Ora capisco perché, Signore, hai pochi amici". Sì, per essere amici di Gesù c'è un programma di vita che ci invita a non stare nelle superfici, ma che va in profondità. Il cristiano deve vivere muovendosi nella logica delle beatitudini cercando di andare anche controcorrente rispetto alle mode che la società ci pone quando queste non sono in linea con l'etica dei discepoli di Gesù anche se ciò costa fatica.

Il brano del Vangelo oggi ci parla di persecuzioni. Il pensiero corre ai martiri del nord della Nigeria dove i cristiani vengono uccisi e ad altri paesi del mondo come il Sudan dove la legge islamica non perdona le conversioni al cattolicesimo. Il martirio si consuma in maniera più subdola nel mondo occidentale dove chi abbraccia visioni etiche come il rispetto della vita e della famiglia viene escluso e deriso.

Ci fa forza il fatto che Gesù le beatitudini non le ha solo proclamate, ma è il primo che le ha vissute. C'è l'amore di Dio per i poveri, gli esclusi. Luca ci dice che Gesù aveva un attenzione particolare per gli abbandonati. Il Vangelo di Luca, oltre che Vangelo della misericordia, può essere definito Vangelo dei poveri. Questa attenzione ai poveri, realtà ben identificata in Luca, ci dice che il regno di Dio è loro non nostro.

I guai sono espressioni rivolte a chi assolutizzando tutto ciò che si dispone lo tiene per sé e non lo mette a disposizione di chi ha bisogno. Ci sono tante forme di ricchezza che sono in nostro possesso. La dimensione, importante, che forse dobbiamo considerare è quella del tempo e molto spesso banalizziamo. Sempre di più cerchiamo di riempire le nostre giornate di tante cose. Molte volte utilizziamo un'espressione particolare che non ha del vero, ma ci mette a posto la coscienza: "Se la giornata fosse di 7 ore in più". Cerchiamo di comprendere se organizziamo al meglio le nostre giornate o le riempiamo solamente per il nostro piacere e non per mettere il nostro tempo a servizio di chi ha bisogno a incominciare dai propri familiari, per passare ai nostri vicini di casa, per arrivare a chi nella nostra comunità non ha possibilità di muoversi.

Anche la condivisione dei beni materiali è importante. Oggi più che mai è necessario discernere bene le nuove povertà e questo richiede anche uno sforzo comunitario. Quante richieste di denaro da parte di molti soggetti che fanno leva su un nostro imbarazzo psicologico. Cercare invece di comprendere quali persone hanno veramente bisogno per evitare di finanziare progetti di chi sfrutta persone per raccogliere denaro. Le vie ordinarie sono le Caritas Parrocchiali che hanno una visione più completa dei poveri di una comunità e non guardano a differenze. Invece spesso si dà qualche spicciolo a quei mendicanti inviati per impietosirci, ma quei pochi centesimi hanno altre finalità e quella offerta ci tacita la coscienza.

I santi ci offrono lezioni su come percorrere queste strade. A volte rifarsi a qualche santo ci può far bene non per arricchire la nostra cultura, ma per cercare di imitare questi giganti. Tra i santi sociali dell'800 abbiamo Giulia Barolo d'Asti donna ricchissima che ha il titolo di Serva di Dio. Colta, ricca e con la capacità di mettere in campo non solo il suo patrimonio, il prestigio e il talento per aiutare gli ultimi. Ha avuto la capacità di fondare scuole, asili, ospedali, congregazioni religiose. Entra negli istituti di pena, all'epoca dei veri e propri ghetti, insegna a leggere e scrivere alle detenute. Si impegna a cercare i giudici che si «dimenticano» di processarle, condivide intere giornate con loro, pur picchiata, non molla mai fonda un centro di reinserimento per ex carcerate. per reinserirle nel contesto sociale.

Non dobbiamo limitarci a una dimensione solo sociale del cristianesimo. Il cristiano ha un compito in più condividere l'amore di Dio esprimendo la misericordia nelle nostre relazioni. Mentre la condivisione dei beni materiali e del proprio tempo può essere più semplice, la condivisione della misericordia a chi ci fa del male è alquanto arduo. Tuttavia, il cristiano ha nella sua vocazione questa dimensione alta della misericordia che deve cercare di raggiungere.

Non è semplice, c'è un cammino che credo sia percorribile ed è fondato da due pilastri fondamentali: la correzione fraterna e la preghiera. La seconda ci invita a portare al Signore quei fratelli e quelle sorelle che hanno degli atteggiamenti ostili nei nostri confronti e dall'altro la correzione fraterna ci porta ad affrontare con serenità le problematiche. Recuperiamo il capitolo 18 di Matteo là dove parla della correzione fraterna e meditiamolo questo testo per essere uomini e donne che vivono la misericordia non nel far finta che i problemi non esistono, ma con la volontà di aiutarci a crescere. Certo tenendo fisso anche l'ammonimento del Vangelo di oggi a sopportare le persone moleste nella consapevolezza che il giudizio non è nostro, ma di qualcun altro.

Invochiamo il dono della misericordia nella consapevolezza che crea unità nelle nostre comunità nella consapevolezza che quando manca la dimensione dell'amore fraterno proprio i nostri vissuti comunitari sono uno scandalo a coloro che sono lontani dalla fede.

Paolo, in questo breve estratto della lettera ai Corinti, ci parla di una comunità divisa intorno a figure carismatiche come Apollo e Paolo. Paolo stesso esorta a superare queste divisioni. Quante comunità divise anche oggi esistono. Viviamo cercando le ragioni dell'unità passando proprio nella dimensione dell'amore reciproco come elemento distintivo del cristiano e delle comunità.

 

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