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TESTO Commento su Mt 15,21-28

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XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (17/08/2014)

Vangelo: Mt 15,21-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidone. 22Ed ecco, una donna cananea, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 23Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 24Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». 25Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». 26Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 27«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». 28Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.

Il vangelo ci offre oggi un racconto straordinario. Ogni suo momento è sorprendente se ne sappiamo cogliere la forza. La narrazione si apre con un commovente esempio di preghiera: una donna si affida a Gesù senz'altro titolo all'infuori della sua sofferenza. E' una invocazione accorata, che nasce dall'angoscia e dalla speranza. Questa donna è una cananea - cioè una straniera.
Stupisce (è la prima sorpresa) la risposta di Gesù. Prima un silenzio pesante: "neppure una parola". Poi la durezza. Mai Gesù è stato così duro con una persona sofferente. La ferisce con la parola "cane", usata dai giudei nei confronti dei cananei. Gesù sembra accettare l'irritante chiusura dei suoi contemporanei. Si direbbe una dolorosa involuzione, un arretramento, rispetto a Isaia (prima lettura).
Perché Gesù agisce così? Occorre riflettere sulla pedagogia di Dio, sempre attenta ai tempi dell'uomo. Gesù non condivide la mentalità gretta e chiusa del suo tempo, ma è paziente. Accetta di partire proprio da questa mentalità. Quando invia i dodici alla prima missione, raccomanderà loro: "Non andate tra i pagani, ma solo alle pecore perdute della casa d'Israele" (Mt 10,3). Egli, cioè, non forza artificiosamente i tempi con decise prese di posizione, vuole arrivare per una via diversa, più umana, quella di partire da situazioni concrete che aiutino a capire le ragioni profonde della nuova mentalità che egli richiede. Non impone dall'esterno il suo insegnamento sull'amore di Dio per tutti gli uomini (i suoi contemporanei non erano in grado di capire), ma coglie con simpatia (come in questo episodio) ciò che c'è di grande anche nei pagani, negli stranieri, considerati esclusi dalla mentalità diffusa (ma spesso migliori dei farisei) per farci capire perché Dio li ami e perché anche noi dobbiamo amarli.
Ormai c'è un criterio nuovo per cogliere la grandezza dell'uomo: non l'appartenenza a una razza, a un gruppo religioso, ma la fede.
Gli apostoli sembrano quasi più disponibili verso la donna. Ma Gesù non la vuole esaudire solo per la sua importunità. Avendo forse intuito le qualità della donna, attende lo sbocciare della sua fede, per motivare il suo intervento e far capire a tutti una grande lezione evangelica. Vuole condurre la donna da una richiesta di miracolo alla consapevolezza di sentirsi nella grande famiglia degli uomini amati da Dio.
E' ciò che avviene nella donna (è la seconda sorpresa). Essa non reagisce con risentimento e suscettibilità (l'orgoglio è sempre stupido), ma con una umiltà che rivela nella donna una singolare conoscenza dell'uomo che le sta di fronte. Essa si impadronisce della sola cosa positiva che può leggere nella risposta di Gesù e la volge a suo vantaggio: "Anche i cani stanno in casa e si cibano delle briciole che cadono dalla mensa dei padroni". Questo è il punto alto a cui giunge la donna.
Terza sorpresa: Gesù è vinto, meglio: è "liberato" da questa fede. Si lascia modificare, viene voglia di dire: si lascia convertire da questa donna pagana. Grazie a lei Gesù si mostra disposto a derogare al suo provvisorio piano di azione, per far capire la forza della fede e l'universalità dell'amore di Dio. Si capisce, da tutto il Vangelo, che i limiti della missione di Gesù erano destinati a scomparire, quando i tempi sarebbero stati maturi. Per la fede di questa donna i tempi di attesa si accorciano e si fa un passo avanti nella rivelazione del progetto di Dio.
Così Gesù costruisce il suo insegnamento: non con formulazioni astratte, ma mostrando ciò che nell'uomo è vicino alla novità evangelica, facendo maturare le scintille di verità che incontra in tutti gli uomini, accettando che anche gli ultimi insegnino ciò che è più grande nell'uomo. Questo ci aiuta a scoprire una grande verità: il regno di Dio non è una ideologia astratta (una somma di principi teorici discriminanti), ma una realtà viva, un seme che cresce, certamente per la propria fecondità, ma alimentato anche dalla terra in cui è gettato e muore, cioè dall'ambiente umano che l'accoglie (Mt 13, 1-23),
E' la scoperta del vangelo vivo, scoperta difficile e delicata, ma entusiasmante: noi diventiamo protagonisti della crescita del fermento evangelico. Dio, il suo regno, la sua verità non sono mai un possesso definitivo e rassicurante. Sono continuamente donati nell'incontro autentico con gli altri. Quando non c'è pregiudizio, ma autenticità e sincerità, quando lasciamo che gli altri (il coniuge, i figli, i colleghi di lavoro, gli amici, i parenti, i membri delle nostre comunità....) ci pongano dei problemi, ci mettano in discussione, senza far prevalere l'immediato istinto di difesa, allora la forza del Vangelo opera in noi e il regno di Dio si dilata nel mondo in cui viviamo e operiamo.

La pagina di Vangelo ci aiuti a cogliere con gioia questa grande rivelazione: tutti, anche i lontani, possono diventare strumento della crescita del regno di Dio.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- La donna cananea non si offende delle parole di Gesù ma sa cogliere la positività, anche minima, di fronte all'indifferenza e al rifiuto: quali esperienze abbiamo noi al riguardo? Quanto gioca il nostro orgoglio?

- Siamo capaci di cogliere con gioia la grande rivelazione che tutti possono diventare strumento della crescita del Regno di Dio? In quest'ottica come ci relazioniamo con il "diverso da noi"?

- Sull'esempio della pedagogia di Gesù, sappiamo accettare i tempi di maturazione dei nostri figli? In che modo?
padre Piero Buschini - Torino

 

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