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TESTO Mentre piango la mia umanità....

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica dopo Natale (02/01/2005)

Vangelo: Gv 1,1-18 (forma breve Gv 1,1-5.9-14) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,1-18

1In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

2Egli era, in principio, presso Dio:

3tutto è stato fatto per mezzo di lui

e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.

4In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

5la luce splende nelle tenebre

e le tenebre non l’hanno vinta.

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

9Veniva nel mondo la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

10Era nel mondo

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

11Venne fra i suoi,

e i suoi non lo hanno accolto.

12A quanti però lo hanno accolto

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

13i quali, non da sangue

né da volere di carne

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

14E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come del Figlio unigenito

che viene dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

15Giovanni gli dà testimonianza e proclama:

«Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me».

16Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.

18Dio, nessuno lo ha mai visto:

il Figlio unigenito, che è Dio

ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

Anche se da parte nostra vi si sono svolti non di rado discettazioni e congetture, la grotta di Betlemme va vista attraverso un unico atteggiamento conveniente: quello della contemplazione. Non si può che rimanere stupiti infatti di fronte all'inesorabile grandezza di Dio che, ben lungi dal rendersi manifesta attraverso atti di esplicita eclatanza e superiorità quali i miracoli e i segni prodigiosi si rende ancora più convincente nel fatto che... Dio si fa Bambino; e osservando la grotta con il suo Contenuto non possiamo che soffermarci a riflettere, meditare, contemplare.

La liturgia di oggi ci invita però ad andare oltre la grotta e a considerare innanzitutto la precarietà delle nostre condizioni umane, le pene del nostro quotidiano, le ansie e la continua ricerca di pace, benessere, giustizia. E mentre pretendiamo che Qualcuno o Qualcosa intervenga nella storia per poter porre rimedio a tante situazioni insostenibili, molte volte pretendendo la "panacea" ai nostri malesseri, non ci accorgiamo che questi il più delle volte dipendono dalle miserie della nostra stessa persona, molte volte intrisa di superbia, arroganza, autocompiacimento eccessivo, caparbietà e siamo incapaci di concludere che il mondo non potrà mai cambiare in meglio se prima non saremo cambiati NOI STESSI, anzi se IO STESSO in prima persona non avrò svolto l'autocritica sulle mie debolezze e sul mio stato di imperfezione e di fragilità ai fini di potervi porre rimedio. Cosicché in questa Domenica che si frappone fra l'esaltazione della Madre di Dio e l'Epifania, siamo invitati (o meglio SONO INVITATO) a considerare la nostra condizione di esseri "carnali", cioè limitati e peccaminosi; in una parola il nostro essere peccatori. "Carne" nella Bibbia vuol dire infatti fragilità nonché propensione al peccato e nessuno sfugge a tale situazione, mentre il peccato è scaturigine di disordini e di discrepanze a livello morale atti a rovinare l'uomo e il suo contesto vitale.... Come rimediare? Quale atteggiamento assumere per liberarci da questa condizione? Basterebbe (come prima affermavamo) "andare oltre alla grotta" e accorgersi che... "Il Verbo si è fatto carne"! La Parola di Dio, allusiva alla pagina odierna del Vangelo di Giovanni sottolinea infatti che Dio non si limita a pretendere la nostra conversione, né è fautore di gratuiti moniti dall'alto affinché noi si abbandoni il peccato per intraprendere i suoi sentieri; piuttosto, Egli (Dio, il Verbo= Parola)ci viene incontro facendosi uomo Egli stesso nella carne di Gesù, attraverso il quale assume addirittura in prima persona la condizione di carne = peccato; questo non già nel senso che Dio è peccatore alla pari dell'uomo, ma che nel Cristo Incarnato Egli sperimenta in prima persona le condizioni di corruttibilità e di fragilità alle quali è soggetto l'uomo di sempre per poterne condividere le espresse e le difficoltà.

Chi entra in una fogna per svolgervi un lavoro di pulizia si mantiene ben lungi dal nuotare nella melma, e tuttavia si sottopone al tanfo e al ribrezzo di quei letami per potervi operare adeguatamente; così Dio in Gesù Cristo, pur nella sua Perfezione e Grandezza ha voluto condividere la nostra condizione di peccato e di malessere morale. E questo è sufficiente a trovare una risposta alle domande che ci eravamo posti poc'anzi: basta seguire Lui, Gesù Cristo Verbo di Dio fatto carne, per acquisire a nostra volta la liberazione dal peccato e dalle sue miserie e per comprendere come in tutto questo Egli stesso ci sostiene: se Lui si è fatto carne, ciò è avvenuto affinché a noi fosse rivolta la sua Parola in termini prettamente umani e materiali, come ad amici (Dei Verbum) e noi fossimo come lui, affinché insomma la nostra umanità si modellasse secondo la Sua di Dio fatto Uomo e così noi poter conseguire più speditamente la salvezza e vivere realizzati in questo e nell'altro mondo.

Dio che si rende carne è altresì la prospettiva nonché il dono unico ed irripetibile per il quale specialmente i giovani non potranno non sentirsi entusiasti: in Cristo fatto uomo essi possono trovare l'emblema e l'esempio di speranza e fiducia nel futuro, di perseveranza nei loro progetti, creatività negli ideali e nei propositi; in particolar modo per il mondo giovanile, alla ricerca di ideali e di esempi concreti di vita, la prospettiva del Dio che si rende Uomo per assumere la nostra debolezza è di aiuto a non temere le nostre imperfezioni e a guardare al nostro potenziale con rinnovata fiducia e con ottimismo, consci che Chi è venuto a riscattarci dalle nostre debolezze non mancherà mai di sostenerci e poiché il suo linguaggio e di "amico", non possiamo trascurare di confidare nell'unica amicizia certa che è la sua. Va da sé che il Cristo fatto uomo ci invita al coraggio e alla fiducia, per le quali occorre sempre non demordere di fronte alla difficoltà e alle lotte dei problemi della vita. Lo stesso Cristo che ha assunto l'umanità, certo anche la sostiene.

Ci azzardiamo ad affermare quest'ultimo pensiero proprio mentre assistiamo ad avvenimenti sconcertanti che incutono lacrime e dolore: mentre stiamo scrivendo apprendiamo infatti di oltre 120.000 morti dopo un terribile maremoto scatenatosi in Asia, che sta suscitando non poche ripercussioni emotive in tutto il mondo... Mentre si medita sulla nascita di Cristo e sulla sua incarnazione da Dio-Uomo siamo costretti ad assistere addirittura ad una vera e propria calamità naturale, ad un'ecatombe che segna lo sfacelo improvviso di una grande fetta di umanità e che non può che contristarci tutti quanti invitandoci ad opportune contribuzioni economiche a favore di quella gente derelitta e disperata per la quale anche si pregherà.

Ma anche tale avvenimento ci invita a considerare maggiormente il Verbo Bambino fattosi uomo per noi; proprio questa è infatti la circostanza nella quale ci rendiamo conto della nostra dipendenza da Dio e del nostro continuo dovere di rendere grazie a lui anche per la vita fisica; e perché non cogliere l'occasione altresì per piangere anche in questa circostanza la nostra meschina umanità, intrisa di false sicurezze materiali e di caparbietà?

 

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