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TESTO A scuola di umiliazione

padre Gian Franco Scarpitta  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (16/01/2005)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Il tema del Battesimo di Gesù al Giordano si protrae nelle pagine bibliche della liturgia odierna, che ancora una volta vedono il Battista e Gesù sulle rive del Giordano. Gesù si sottomette alla comune prassi di accettare il battesimo per la conversione dei peccati nonostante non ne avesse la necessità (perché Figlio di Dio), e in merito a questo gesto abbiamo già commentato la volta scorsa il carattere di somma umiltà che Egli adotta e di cui si rende pedagogo per tutta l'umanità; ma adesso la liturgia ci invita a guardare con attenzione un ulteriore aspetto di tale scelta di Gesù, che si affianca all'umiltà: quello dell'umiliazione.

Al presentarsi di Gesù, Giovanni fissa lo sguardo su di lui ed esclama: "Ecco l'Agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo", qualificando così il Signore quale Agnello, vittima di immolazione per i nostri peccati. Nell'Antico Testamento, infatti, il sacrificio di espiazione avveniva attraverso l'immolazione nel tempio delle vittime animali, il cui sangue veniva versato sul pavimento, e a proposito dell'alleanza con Israele per mezzo di Mosè (Es 24) essa veniva suggellata mediante l'aspersione del sangue della vittima sacrificale sul popolo, mentre lo stesso sangue delle vittime animali è determinante per la salvezza degli Israeliti quando Dio, nello sterminare il primogenito di ogni famiglia egiziana, notando sugli stipiti delle porte la macchia sanguigna contrassegnante il nucleo familiare Israelita "passa oltre". Il sangue degli animali esprime quindi nella Scrittura un sacrificio immolativo atto a favorire la salvezza e la remissione dei peccati. Ma –questa volta siamo su Ebrei 9- se gli antichi sacerdoti avevano necessità di offrire più volte i sacrifici di espiazione immolando vittime in un tempio edificato da mani uomo, Gesù realizza in se stesso il sacrificio di alleanza e di espiazione una volta per tutte: sulla croce Egli infatti inaugura con il suo Sangue la nuova alleanza e si addossa tutti i peccati dell'umanità. E' Lui insomma il vero agnello che si immola per il riscatto degli uomini e anche le parole suddette di Giovanni sottolineano la portata di remissione dai peccati: "che toglie il peccato del mondo". Tale espressione "toglie" potrebbe anche intendersi come "si addossa" "si fa' carico" e pertanto "espia sulla propria pelle il peccato dell'umanità. In altre parole, Cristo Agnello di Dio non soltanto sulla croce toglie il peccato dell'umanità, ma lo toglie nel senso che ne sopporta, in vece nostra, tutte le pene e il suo sangue è il prezzo del nostro riscatto. L'agnello è forse il più debole e indifeso degli animali. Un agnello, quando viene aggredito, non ha strumenti né possibilità di difesa e pertanto la figura di Gesù Agnello è ancora più significativa, poiché sottolinea come un Dio grande e onnipotente abbia scelto di adottare tanta mansuetudine per il bene dell'umanità.

Come dicevamo all'inizio, tale immagine rende l'idea dell'umiliazione. Essa è una virtù che pone tutte le basi per essere umili in quanto comporta l''accettazione delle pene e delle immolazioni, anche quando non siano meritate. Certo, le ingiustizie e le sopraffazioni subite dagli altri, specialmente quando noi ci si accorge di essere costretti a subirle senza poter rivendicare giustizia (vedi le molteplici situazioni di discriminazione che possono aversi nel mondo del lavoro o in altri settori) suscitano sempre l'istinto della vendetta e della replica; sopportare angherie in silenzio senza poter reagire origina malcontento, genera livore e acredine e priva della necessaria serenità. Eppure tali condizioni possono trasformarsi per noi in occasione di riscoperta del valore della sottomissione in vista di maggiori meriti e ricompense future e intanto aiutano a vivere l'umiltà, ed è per questo che, quando dovessimo imbatterci in esse, nostra attitudine dovrebbe essere quella di accettarle con coraggio e perseveranza. Proprio sulla scia dell'Agnello immolato, l'umiliazione apporta sempre dei piacevoli risultati in quanto fortifica, edifica e rende sempre pronti per la causa degli altri e, in linea generale, per la causa del Regno.

 

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