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TESTO Commento su Gn 2,4b-17; Rm 5,12-17; Gv 3,16-21

don Raffaello Ciccone  

III domenica dopo Pentecoste (Anno A) (29/06/2014)

Vangelo: Gn 2,4b-17|Rm 5,12-17|Gv 3,16-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,16-21

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

Genesi. 2, 4b-17
Dio è il creatore di tutto, ma il credente si trova in un mondo complesso, con responsabilità e attenzioni, governatore di una tesoro che il Signore ha creato e gli ha messo a disposizione.
Le domande sorgono poiché abbiamo bisogno di capire e di vivere con giustizia. Questa coscienza ce la troviamo nel cuore, frutto di esperienza, di saggezza, di confronti, di discussioni e di pretese, di alleanza e di inimicizie. La domanda allora sorge spontanea. Il Creatore che cosa vuole da noi?
L'autore biblico, com'è usanza nel mondo orientale, in questo caso non scrive un codice di legge (farà anche questo, più avanti) ma procede con un racconto. E la spiegazione cerca di sciogliere i "perché". E' una narrazione teologica, l'esposizione di un mito: il pensiero di Dio si esprime attraverso fatti comuni.
Così questo testo dice a ciascuno di noi ciò che siamo e ciò che va capito. Non è cronaca di un avvenimento di millenni fa', all'inizio del mondo, ma ciò che avviene ancora nell'umanità ogni giorno.
Il racconto è come un tessuto che si tesse via via. All'inizio c'è il deserto: e nel deserto manca la pioggia e il lavoro dell'uomo. Perciò tutto è arido. Il Signore, che vuole sviluppare la bellezza per l'umanità che egli sogna nei suoi progetti, offre una sorgente dal suolo che irriga e la presenza di un essere umano come il lavoratore. La vita è regalata all'umanità come primo progetto e quest'uomo sarà capace di essere mediatore tra il mondo e Dio poiché fatto di terra e vivificato all'alito di Dio che lo rende "essere vivente". Perciò è, insieme, intelligente, interlocutore, capace di cogliere il senso della sua vita, e capace di introspezione, di consapevolezza, di libertà. La prima casa dell'uomo è un giardino e l'uomo capisce di essere il proprietario, lavoratore e custode. Egli si deve prendere cura di tutto come di una casa in cui abiteranno la propria famiglia e la propria discendenza.
Si parla di alberi e di 4 fiumi. Gli alberi sono il nutrimento gratuito, e, insieme, la garanzia della vita e la garanzia di un responsabilità etica: l'albero della conoscenza del bene e del male, in particolare, sarà l'indice di una ubbidienza alla legge sapiente che Dio ha dispensato. Violare questo semplice comando significa capovolgere il rapporto reciproco di fiducia e di alleanza.
I 4 fiumi sono, nella cultura antica, i grandi fiumi conosciuti in questo tempo,: probabilmente il Nilo, l'Indo, il Tigri e l'Eufrate. Ci sono le premesse perché l'umanità, seguendo l'acqua, possa diventare abitatrice del mondo.
Il versetto cardine di questo rapporto dell'uomo con il giardino è il versetto 2,15. "Il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse".
I due verbi usati: "coltivare e custodire", per parlare del lavoro, richiamano immediatamente il culto e l'alleanza: sàmar (coltivare), particolarmente amato dal Deuteronomio, parla del «servire religioso»; càbad (custodire) è il caratteristico atteggiamento di chi accetta dal partner maggiore la proposta di Alleanza. "Coltivare" indica la fatica che dissoda il terreno, e quindi lo sviluppo, il progresso, la ricerca, l'utilizzo delle risorse perché siano sufficienti per tutti. Custodire richiama la preoccupazione di non deformare, né inquinare o distruggere la vita. Custodire dice la cura che deve accompagnare l'attività dell'uomo, come quando si ha fra le mani un bene prezioso che non appartiene a se stessi. Il mondo è di Dio, non dell'uomo e Dio lo dona a tutti, a noi e4d a coloro che verranno dopo di noi. Perciò non va sprecato, né sperperato, né inquinato, né inaridito.
Essere lavoratori responsabili del mondo, essere rispettosi della volontà di Dio, essere sapienti nello sviluppo della vita nel mondo suppongono accettare dei limiti che rendono noi tutti coscienti, comunque, della propria povertà, e, insieme, bisognosi di chiarezza, di rispetto di valori, di capacità, di obbedienza, di competenza. Altrimenti il proprio atteggiamento diventa drammaticamente pericoloso perché si tramuta nella volontà di poter disporre a piacimento di che cosa è bene e che cosa è male. Il bene e il male seguono una legge che non si può valicare, pena la distruzione della bellezza.
Romani. 5, 12-17
Il brano della lettera ai Romani è famoso poiché, riprendendo il racconto della Scrittura sull'Adamo, primogenitore e peccatore, contrapposto all'uomo nuovo che è Gesù. Il primo Adamo vuole essere il Signore del bene e del male, il conoscitore della realtà e dei valori del mondo che pretende di manipolare secondo la propria volontà, colui che rifiuta ogni limite morale che il Creatore ha posto per mantenere nella creazione armonia e rispetto di norme e leggi. Gesù, invece, riconosce la propria dipendenza da Dio, sa che è Padre amoroso e non padrone dispotico e invidioso dell'umanità che vuole attentare al suo potere. Gesù resta obbediente al Padre e diventa Signore della vita.
Gesù deve affrontare un mistero drammatico e insoluto. Non c'è nulla che purifica il mondo dal male e tutta l'umanità è travolta, inquinata sempre di più, mentre un piccolo popolo di fedeli al Signore deve impegnarsi per la purificazione di sé e degli altri. Gesù è inviato nel mondo dal Padre come un giusto a cui viene affidato un compito. "Purifica il mondo dal male". E Gesù pone il suo cuore per la salvezza, la sua parola per rigenerare intelligenza e aprirla ai significati di Dio. E, insieme, compie miracoli per mostrare quali veramente sono i desideri di Dio. Insieme, percepisce che questo mondo ha bisogno di una disponibilità totale, di una generosità profonda, di una creazione completa del mondo che può avvenire solo se qualcuno contrappone al male un amore totale, a tutti i costi, in ogni ubbidienza, in ogni prospettiva, in totale lucidità.
San Paolo ha intenzione di stabilire un parallelo tra l'umanità impoverita e ribelle e Gesù. Seguendo le interpretazioni dei rabbini del suo tempo, che immaginano Adamo un individuo ben preciso, nella contrapposizione fa risaltare ciò che conta agli occhi di Dio. E il racconto della Genesi su Adamo e l'inizio della umanità (Gen capp 2-3), che è un racconto teologico che non ha pretese scientifiche, e ci ricorda che ognuno di noi è come Adamo, e ognuno, nella vita, pretende di superare i limiti della liceità per interessi e autonomia, poco o tanto. Gesù allora ci vuole togliere dalla esasperazione, dalla maledizione, dalla disperazione, dalla rassegnazione e diventa il capofila che ha accettato che l'amore gratuito, infinito sogno del cuore di ciascuno, è possibile nonostante tutto. Lo ha scelto come progetto di ogni giorno per sé e per tutti gli uomini che vogliano accettare di rischiare con Lui. Gesù è la garanzia di essere stati liberati se noi lo vogliamo, se lo desideriamo, se operiamo nel mondo con responsabilità su veri valori, e non solo nella fantasia, nel solo sogno, nella sola immaginazione. E se il mondo non lo vediamo automaticamente salvato e se la morte continua, il dono di amore contro il peccato è stato presentato da Gesù in croce (Rom. 5,6.8.11), e a A noi il Padre chiede che questa purificazione continui anche attraverso noi, nella nostra libertà e nella nostra intercessione. E se ‘‘per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti" (v. 19), tutti sono chiamati a rendere questo mondo più vero, insieme con Gesù. Gesù ci ha consegnato una potenza inaudita che dovremmo sempre tenere presente, insieme con l'operosità gratuita, la preghiera di intercessione, soprattutto quando ascoltiamo le notizie del mondo e del nostro quartiere. Non dobbiamo dire di essere impotenti di fronte al male, alla guerra, al rapimento delle 287 ragazze rapite in Nigeria. Possiamo sempre, ogni giorno, insistere con il Signore e chiedere ad altri, perché insistano nella intercessione a somiglianza di Mosè, a somiglianza di Gesù. «In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».(Mt18,19-20)

Giovanni. 3, 16-21
Gesù suscita molti interrogativi ed il giovane rabbi è perciò sulla bocca di tutti, nel bene e nel male.
Molti lo incontrano sulla strada o vanno ad ascoltarlo quando parla nei posti più diversi. Ma anche in Nicodemo le notizie, che ha di Gesù e probabilmente qualche discorso riportato, nasce curiosità e perplessità. Nicodemo è un personaggio illustre del gran consiglio (sinedrio) di Gerusalemme, maestro in Israele e generoso fedele di Dio che cerca di conoscere la sua volontà e di obbedire. Ciò che sente di Gesù è nuovo e nel suo ambiente suscita perplessità e sconcerto.
Proprio per la sua onestà e serietà nel cercare la volontà del Signore, si decide di approfondire il significato di questa nuova predicazione che, onestamente, sente diversa e coinvolgente. Perciò, una notte Nicodemo decide di andare a parlare con Gesù (Gv3,2-21). Gesù lo accoglie con amicizia, lo apprezza per i suoi interrogativi, ma apre una riflessione molto apprezzata che però si sviluppa in una rivelazione difficile poiché apre orizzonti impensabili anche per uno studioso della Scrittura come questo anziano che è venuto a cercarlo.
Gesù gli dà atto della sua onestà e lo richiama, come maestro d'Israele, a capire che "bisogna rinascere dall'alto", e il fatto di dover rinascere sconcerta il dottore d'Israele. Così, proseguendo l discorso, Gesù riprende un ricordo biblico drammatico del deserto popolato di serpenti e di scorpioni che diffondevano la morte nel popolo liberato da Mosè. E Gesù ricorda un provvedimento curioso. Mosè aveva fatto innalzare un serpente di bronzo che ancora ai tempi di Gesù si conserva nel tempio. Chi lo guardava guariva. E Gesù conclude in una riflessione strana: "è il guardare in alto che fa guarire". "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Gv3,14-15). Non è possibile capire poiché questa riflessione si apre e si svolge solo dopo l'esperienza terribile della morte e della risurrezione di Gesù.
Ma il testo di oggi continua, in conseguenza, la rivelazione a Nicodemo e quindi a noi.
Dio, il creatore del mondo e dell'umanità, ha amato infinitamente questo mondo, ed ha offerto il massimo di sé: il Figlio unigenito. E questa parola "unigenito" fa ritornare immediatamente la memoria di Abramo che deve offrire il proprio unigenito Isacco. Il ricordo fa correre un brivido in tutti i padri d'Israele.
E se il figlio Isacco è salvato da Dio, questo Figlio unigenito, di cui parla Gesù e che è Lui stesso e solo Lui, non sarà salvato dalla morte. Questo conclude ed esprime la pienezza dell'amore del Padre, capace di salvare tutti. E il Padre dona indistintamente a tutti questo amore sovrumano, mettendo a disposizione questo amore gratuito, accettato e offerto dal Figlio, in un incontro di speranza e quindi di pienezza.
Non c'è la condanna di Dio e quindi il Dio giudice è cancellato. Non c'è rifiuto da Dio poiché l'unico rifiuto è non accettare, è il chiudere alla luce per voler vivere nell'oscurità. La condanna ce la costruiamo noi nel tempo, rifiutando verifiche e revisioni, ripetendo il male che sappiamo essere male, e continuando a ripeterlo. Il giudizio non sarà alla fine del tempo ma ogni giorno, alla luce del sole, mentre non dobbiamo dimenticare, almeno noi credenti, che "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati" (1Tim2,4).
Nicodemo non deve aver capito nulla e magari è rimasto deluso. Ma poi lo troviamo attento a difendere Gesù quando i sommi sacerdoti e gli studiosi del tempio hanno deciso che è un bestemmiatore e bisogna toglierlo di mezzo. Nicodemo chiede che non si decida su una persona senza averla ascoltato. Gli rispondono. "Studia e vedrai che il profeta non sorge dalla Galilea" (Gv7,51-52). E lo ritroviamo, ancora, alla tomba di Gesù (Gv19,39-40).
Probabilmente, in Nicodemo, testimone e studioso della Scrittura, le parole udite qualche anno prima, hanno acquistato consistenza nel suo vivere quotidiano. Ed ha concluso: "Veramente quest'uomo ha amato ognuno di noi gratuitamente, totalmente, affidandoci e affidandosi a Dio". E avrà concluso per sé.

 

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