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TESTO Porta stretta, cuore largo

Paolo Curtaz  

XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (22/08/2004)

Vangelo: Lc 13,22-30 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 13,22-30

In quel tempo, Gesù 22passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. 23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: 24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. 25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. 26Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. 27Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. 29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. 30Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

"Sono molti quelli che si salvano?". Il devoto fedele che pone la domanda, evidentemente mettendosi tra il gruppo dei salvati, non sa in quale vespaio si è ficcato.

Gesù, con durezza, sta per richiamarlo a verità. E' la tentazione di sempre, la tentazione dei nostri amati fratelli maggiori ebrei, contemporanei di Gesù, specialmente i migliori tra loro, i farisei, ma, molto di più, è la nostra tentazione: sapere se siamo in regola o no, se i punti accumulati per la promozione sono a posto, se – insomma – possiamo stare al sicuro, se il posto in Paradiso è prenotato.

La sindrome del "Sono in regola".

E' la tentazione che colpisce noi discepoli, noi cattolici di lungo corso, quando smarriamo la dimensione dell'attesa (ricordate?), l'ansia del discepolato, quando crediamo che le mura della città siano talmente robuste da non necessitare, in fondo, della veglia della sentinella. Colpisce come un cancro noi discepoli, quando, dopo una strepitosa e travolgente esperienza di Dio, sentiamo d'improvviso di essere entrati in un gruppo a parte, e guardiamo con sufficienza "gli altri", quelli che non capiscono, che non conoscono, quelli che hanno fatto altri percorsi di Chiesa, quelli che la domenica, a Messa, si annoiano e non colgono la dimensione dell'interiorità.
A noi, oggi, Dio rivolge la sua urticante Parola.

Mantenere la vita di fede necessita sforzo, dice il Signore, occorre passare per una porta stretta.

E non pensiamo, subito, alla vita morale, per favore, non pensiamo agli impegni che ci siamo assunti nella preghiera, ai consigli per diventare santi e a cose del genere, no.

E neppure, ve ne prego!, la "porta stretta" si riferisce alla sofferenza; smettiamola di coltivare quella triste attitudine dei cattolici a prendersi troppo sul serio, a sottolineare, della vita, l'aspetto doloroso. Gesù non parla di "sforzo" buttando benzina al sacro fuoco della nostra pia devozione, parla di "sforzo" come di vigilanza nel salire la montagna, concentrazione su dove metti i piedi, per non perdere l'equilibrio, parla della continua attenzione alle cose che stiamo vivendo, come esplicitazione di consapevolezza del nostro cammino interiore.

Tutta la vita per diventare cristiani

Ci vuole tutta la vita per diventare cristiani, tutta la vita per diventare uomini, tutta la vita per liberarci dai troppi condizionamenti che ci impediscono di cogliere l'assoluto di Dio in noi.

Attenti, allora, al rischio dell'abitudine, al modo più triste di essere cristiani, che è quello di credere di credere, di confondere la propria sensibilità, il proprio stile di preghiera, la propria esperienza in un gruppo con l'unico modo di essere cristiani.

Gesù dice che esiste un modo troppo semplice di essere discepoli, un modo che rischia di farci scivolare nell'abitudine, di ridurre la fede a una (bella) convenzione. E allora la lettera agli ebrei ci richiama alla lettura evangelica della prova, della correzione.

Talora nella vita ci ostiniamo a fare di testa nostra, e Dio permette che camminiamo sulle nostre gambe... inciampando. Solo sbattendo il naso possiamo ravvederci e svegliarci dal torpore e dal delirio di onnipotenza che falsa la nostra prospettiva sulla vita.

Autenticità

Ciò che il Signore chiede a noi discepoli è l'autenticità della ricerca, il sapere che non esistono posti privilegiati, che la vigilanza è l'unica dimensione che ci fa seguire le orme del Signore.

Niente primi della classe, nella comunità, niente tessera a premi, niente diritti acquisiti, ma ricerca umile e autentica. Sempre.
Avremo delle sorprese, ammonisce il Signore.

Persone che giudichiamo lontane da Dio, persone che in cuor nostro devotamente giudichiamo come peccatori e lontani da Dio, li vedremo a mensa col Signore. Perché l'uomo guarda l'apparenza, Dio guarda il cuore. Sarà divertente incontrare nel Regno persone che mai avremmo immaginato! Dio solo conosce nel cuore la fede delle persone, lasciamo a lui il giudizio, noi, per quanto possiamo, pensiamo a convertire noi stessi: basta e avanza.

Animo, amici, Dio ci vuole bene e ci prende sul serio, ci scuote se necessario, ci invita, ora e sempre a diventare veramente discepoli secondo il suo cuore.

Libri di Paolo Curtaz

 

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