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TESTO Concordi, perseveranti e con Maria

don Michele Cerutti

VII domenica T. Pasqua (Anno A) (01/06/2014)

Vangelo: Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,13-35

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Che confusione si respira a Gerusalemme tra quel gruppetto di discepoli di quell'uomo giustiziato come assassino. In pochi giorni è successo tutto il contrario di tutto. Quell'uomo che, dopo essere entrato a Gerusalemme sul dorso di un asino e osannato come un Re, ha cenato con i suoi amici, gli ha lavato i piedi e dopo aver donato il suo testamento l'amore e donato il pane e il vino come segno della Sua presenza e annunciato l'invio del Paraclito, lo Spirito Santo, per tenersi in sintonia con Lui, viene giustiziato in maniera ignobile con il supplizio della Croce e accusato da quegli stessi che lo acclamavano qualche giorno prima. Non erano mancate sorprese agli amici in quel periodo che erano stati con Lui, ma adesso tutto è indecifrabile. Tutte le attese messianiche svaniscono e quella manciata di anni in cui vi era infusa la speranza scompaiono. Ognuno scappa o si rintana, c'è sconcerto e paura di rappresaglie per essere stati con Lui.

I due del brano evangelico di questa domenica cercano di raggiungere un villaggio che sui navigatori del tempo forse non esiste neanche, come a dire che ormai senza Gesù il peregrinare sulla terra non ha senso.

Una partita finita con dei giocatori che scappano e un mister, invece, che spiazza tutti e li rincorre perché sa che non solo la partita è vinta, ma anche la coppa che ci si porta a casa è una coppa da condividere con tutta l'umanità. Non è la coppa di un clan: è di tutti.

E' con questa tonalità di colori che questo brano stranoto e straffascinante va letto.

Due discepoli con occhi tristi e angosciati che perdono ogni speranza comprendono che nulla è perduto anzi tutto è vinto e lo comprendono proprio perché il Maestro si fa vicino e ascolta il loro discorrere e il loro cuore pieni di tristezza. Quel Maestro riesce a infondere gioia.

Questa gioia non è prigioniera si deve aprire a tutti perché quella vittoria è per tutti.

Il rapporto con il Maestro cambia non è più alla ricerca di posti di prestigio, ma è finalizzato ad un annuncio perché più uomini sulla faccia della terra scoprano il gusto di una vittoria non effimera ma duratura.

La responsabilità è grande: occorre annunciare senza annacquamenti. C'è un mondo che ha bisogno sempre di essere baciato dalla grazia dell'annuncio per rifulgere le tenebre.

Questo annuncio rimanda sempre a Lui e non a noi stessi e ben lo hanno capito i discepoli. Da adesso in poi hanno ancora da imparare hanno bisogno di una forza che viene dallo Spirito Santo. Con la Pentecoste questa forza viene donata in abbondanza. L'Ascensione ci esorta ancor di più a essere missionari.

Non dobbiamo, discepoli di oggi, avere paura questo Spirito ci viene donato perché promesso da Gesù stesso; è Lui che donandoci lo Spirito non vuole lasciarci soli. Ogni missione nasce in intimità con Lui.

La preghiera è il canale di intimità confidente con il Maestro.

La preghiera deve avere le caratteristiche indicate negli Atti quella di essere: concorde, perseverante e con Maria.

Concorde

La preghiera deve sentire con la Chiesa e con i fratelli. Quindi la preghiera deve essere aperta alle necessità nostre e degli altri. Il rischio si chiama egoismo.

Perseverante

La preghiera non può alzarsi solo quando ci si sente, ma anche quando scopriamo la nostra aridità e non riusciamo a sconfiggerla E' come in un rapporto tra persone se le viviamo queste relazioni solo quando ce le sentiamo affievoliamo le nostre relazioni. Con il Signore rischiamo di metterlo fuori dalla porta per farlo entrare quando vogliamo noi.

Con Maria

Concluso il mese di Maggio a scuola con Maria dovremmo avere imparato a irrobustire la nostra spiritualità mariana ovvero quella preghiera trasmessa nelle mani di una Madre premurosa che sa cosa hanno bisogno i figli che a Lei si rivolgono.

Allora troveremo la forza di camminare più speditamente sul sentiero che il Signore ci traccia.

Fissiamoci queste tre espressioni per rendere viva la nostra preghiera: concordi, perseveranti e con Maria.

Preghiamo perché, attraverso Maria, ci venga donata quell'abbondanza di Spirito Santo che serve per camminare nella luce.

 

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