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TESTO Commento su At 1,9a.12-14; 2Cor 4,1-6; Lc 24,13-35

don Raffaello Ciccone  

VII domenica T. Pasqua (Anno A) (01/06/2014)

Vangelo: At 1,9a.12-14|2Cor 4,1-6|Lc 24,13-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 24,13-35

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.

28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Atti 1, 9a. 12-14
Il testo che leggiamo segna una parentesi tra l'Ascensione e la Pentecoste. E' il tempo d'attesa che la piccola comunità di Gesù deve vivere con molta fiducia e chiarezza.
Tutti si sentono carichi di ricordi, dello stupore della risurrezione e, quindi, sorpresi e rassicurati dell'Ascensione di Gesù. Ora che lo hanno visto salire, possono affermare davvero che è sceso dal cielo.
Nessuno ne è stato testimone, mentre tutti pretendevano questa discesa come il vero e unico segno messianico. Persino il tentatore lo suggerì (Lc 4,9 ss). Il salire nella gloria di Dio, alla destra del Padre, conclude l'esperienza di Gesù, visibile, nella piccola comunità, ed inizia l'esperienza della Chiesa, ugualmente visibile nelle persone credenti.
L'Ascensione è collocata sul Monte degli ulivi: da qui è iniziata la passione, da qui inizia il trionfo di Gesù, vincitore del peccato e della morte. La preoccupazione di Luca di indicare il cammino di un sabato (secondo il calcolo giudaico è di circa 800 m. dalle mura di Gerusalemme) vuole probabilmente ricordare che i fatti fondamentali della liberazione e della rivelazione di Gesù, dalla morte alla ascensione, avvengono nella città Santa.
Il gruppo si raduna nella sala superiore. Vengono ricordati, molto sinteticamente, i componenti di coloro che attendono il dono dello Spirito. E' la prima comunità cristiana su cui Gesù fa affidamento perché portino nel mondo la sua speranza.
Ci sono gli apostoli, in numero di 11 perché manca Giuda Iscariota e l'elenco è quello dei Vangeli. Al primo posto c'è sempre Pietro, seguito da Giovanni, che sarà compagno nelle prime testimonianze a Gerusalemme. C'è poi il gruppo delle donne con Maria, la madre di Gesù, colei che ha generato nel mondo Gesù. Una prima volta è disceso su di lei lo Spirito (Lc 1,35: "lo Spirito Santo scenderà su di te e su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo"). Ora è presente nell'attesa della rigenerazione della prima comunità cristiana nello Spirito. E come in lei ha compiuto fatti nuovi, così lo Spirito scenderà su tutte le persone in attesa e opererà fatti nuovi (At2,1ss). Il terzo gruppo è costituito dai "fratelli", cioè dai parenti di Gesù che, in un primo tempo, non furono molto entusiasti del progetto messianico e che poi, alla luce degli ultimi fatti, si sono convertiti alla presenza di Gesù Messia.
È difficile stabilire se si tratta della stessa sala dove Gesù ha mangiato la cena Pasquale e ha istituito l'Eucaristia (Luca 24,8 ss) oppure è un'altra sala, messa a disposizione da Maria la madre di Marco - Giovanni (At 12,11-12). Il messaggio che Luca vuole darci è prezioso: una comunità, che attende la volontà del Padre, matura nella concordia e della preghiera il suo futuro: essa è in attesa del suo compimento e del suo significato. I presenti hanno in custodia la gioia per i fatti avvenuti, la disponibilità alla preparazione per ciò che questa comunità dovrà compiere, i progetti che il Signore vorrà aprire loro. La preghiera rinsalda le fragilità di cui sono consapevoli e permette loro di ripensare profondamente al messaggio che il Signore Gesù ha loro, passo passo, insegnato.
2Corinzi. 4, 1-6
L'apostolo Paolo sente la fatica dell'annuncio che egli porta sia ai fratelli nella fede ebraica e sia alla realtà del mondo pagano. E tuttavia sente che non può scoraggiarsi perché ripensa alla propria vita come il frutto di una enorme misericordia da parte di Dio che gli ha aperto gli occhi della fede di Gesù. Paolo ha scoperto una vocazione più grande, profonda, che propone al servizio dei fratelli verso cui va incontro ("siamo vostri servitori a causa di Gesù " v 5). La misericordia di Dio, a cui è debitore, obbliga, in ogni momento, alla verità, a non comportarsi con astuzia ingannando, a non far cessare la Parola di Dio. (v 2).
Perciò Paolo sente di dover essere disarmato di fronte agli altri e perciò si affida al giudizio coscienzioso di ogni uomo (id). Il suo compito, dice l'apostolo, è quello di essere presente ogni giorno, in lotta contro il Dio di questo mondo che cerca la menzogna e che non vuole assolutamente che la Parola di Gesù possa brillare come luce e quindi come riferimento nella vita di ogni uomo. Anzi questo Dio che si contrappone al Dio d'Israele, e quindi a Gesù; vuole cercare ogni uomo perché non vedano la verità del Signore.
Paolo tuttavia non si scoraggia né di fronte alla potenza di questo signore del mondo né di fronte al rifiuto delle persone che lo giudicano, ma testimonia con chiarezza che il suo compito è quello di predicare Gesù. Egli è la luce che, prima di tutto, ha voluto risplendere nei nostri cuori, dice Paolo, perché diventi, a sua volta, luce del mondo. Ora la luce del mondo è il volto di Gesù crocifisso e risorto, per molti impresentabile, per molti bestemmia. Eppure Paolo sente di essere chiamato per "far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo" (v 6).
Questa testimonianza, che Paolo offre alla sua comunità di Corinto, è percorsa da tensioni e diffidenze verso di lui, pur continuando nella coscienza credente, aperta al mondo. E' la fatica di essere.
In fondo, ciascuno di noi vi si rispecchia dentro. Siamo stati salvati nel Signore e lo riconosciamo anche se noi stessi siamo incoerenti. E ci troviamo, insieme, in un mondo che non accetta facilmente la proposta di Gesù, anzi parte lo rifiuta, parte lo ignora. Perlopiù, per molti, il comportamento è legato all'emotività più che alla ricerca, all'interesse più che ai significati, alla materialità più che allo spirito.
Tutti noi sappiamo che la vocazione che il Signore ci offre è quella di guardare più a fondo la realtà che stiamo vivendo, di sentirla percorsa dal brivido dell'attesa e della speranza, dell'incontro e della crescita.
Essa non viene riempita dalle tante cose che inseguiamo, e il vuoto attende una pienezza, la delusione cerca una novità del cuore, il respiro dell'anima.

Luca. 24, 13-35
Luca ci propone questo episodio per aiutarci a scoprire il significato della vita anche nei momenti drammatici della solitudine e del dubbio. È un testo scritto con intelligenza e suggerisce l'itinerario della ricerca di Gesù quando ci sentiamo abbandonati e sconfitti. Probabilmente Luca sta vivendo una situazione di disagio nella sua comunità degli anni 80 d.C. in cui molti si sentono scoraggiati e perseguitati. È quello che è avvenuto a questi due discepoli che, nel pomeriggio della domenica di Pasqua, hanno ormai deciso di ritornare a casa e quindi di riprendere la vita quotidiana di sempre, lasciando in un angolo di soli ricordi l'esperienza stupefacente che hanno avuto con Gesù. Ma tutto, ai loro occhi, è ormai un passato senza speranza e, quindi, disastroso e inutile.
Continuano, comunque, a discutere con animazione, a porsi domande, ad accennare a rancori e a stanchezze. Lo sconosciuto, che si accosta, pone qualche domanda che ritengono normale per curiosità e soddisfacente per potersi sfogare con tutta la propria sfiducia. Il racconto, meravigliati che, venuto da Gerusalemme, non sappia nulla, fa risultare la desolazione di una vita che si era giocata completamente nella fiducia ed ora può portare solo alla compassione. In fondo, se le cose sono andate così, e questi decisamente lo credono, giustamente si sentono traditi. Alla base, comunque, è indiscutibile l'immagine che pretendevano da Gesù: doveva essere il Messia glorioso, il discendente di Davide, il liberatore d'Israele. Probabilmente hanno anche accennato ad un fugace trionfo di una settimana prima per un ingresso improvvisato a Gerusalemme su un asino. E loro, esperti di Scrittura, si erano sentiti rinfrancati perché anche il profeta Zaccaria aveva parlato di questo umile che entra a Gerusalemme per riprendersi la città come ha fatto Davide. Accennano, ancora, ad avvenimenti strani, a tombe vuote, a donne che hanno avuto visioni di angeli. Ma tutto questo è poca cosa di fronte alle loro certezze: Gesù doveva essere il trionfatore e invece è stato ucciso.
Lo sconosciuto inizia, curiosamente, una propria lettura della Scrittura e, cominciando da Mosé e i profeti, spiega loro che "il Cristo dovesse venire, patire ed entrare nella gloria". Restano affascinati per le convergenze che intravedono tra la Scrittura e il Gesù che essi conoscono e quindi si aggrappano a questo personaggio. Non sanno ancora perché, eppure lo sentono come una speranza che non si deve abbandonare. Inizia, in tal modo, una nuova comunione con uno sconosciuto: è invitato a mangiare insieme, ma intanto lo osservano in tutti i suoi gesti. Alla fine scoprono che è nuovo ed antico: nuovo perché sconosciuto, antico perché capace di fare segni sperimentati e soprattutto quello dello spezzare il pane, abituale in tante occasioni con Gesù. Lo scoprono, urlano, e Gesù sparisce.
Il tempo, a questo punto diventa preziosissimo: subito debbono tornare a raccontare ciò che hanno visto e a proporre a tutti che davvero Gesù è risorto.
Il racconto acquista la fisionomia teologica di una liturgia domenicale: ci si incontra tra persone, si riprende il cammino della Parola del Signore, avendo a tema il significato di Gesù nella sua e nella nostra vita, ci si invita reciprocamente per una cena e il pane viene spezzato per tutti. Questo gesto diventa il richiamo della risurrezione: fa intravedere Gesù che però non si ferma con loro perché ormai hanno interiorizzato la consapevolezza che è vivo e presente in modo misterioso. Se è così, davvero scoprono che la prima cosa da compiere in questa esperienza è correre ad annunciare che realmente la morte è vinta. Con questo significato la nostra speranza va portata coraggiosamente e fiduciosamente in tutto il mondo.

 

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