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TESTO Commento su Giovanni 14,15-21

Omelie.org (bambini)  

VI Domenica di Pasqua (Anno A) (25/05/2014)

Vangelo: Gv 14,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Il tempo di Pasqua va verso la sua conclusione e la Chiesa ci propone di riascoltare gli ultimi inviti che Gesù rivolge agli Apostoli. Possiamo sentire rivolte proprio a noi quelle parole, che il Maestro ha pronunciato per tutti coloro che, nel tempo, sarebbero diventati suoi discepoli.

L'evangelista Giovanni ci offre, oggi, un assaggio dei discorsi pronunciati da Gesù durante l'ultima cena, quando ormai sapeva che il suo tempo sulla Terra stava finendo. Gli insegnamenti che ripete in quell'occasione, quindi, sono particolarmente preziosi, sono parole a cui il Figlio di Dio teneva e voleva che non fossero dimenticate.

Ma cosa dice, concretamente? Inizia il suo discorso con una dichiarazione: "Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti" e poi conclude ribadendo: "Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama".

Leggendo, si ha l'impressione di trovarsi davanti a un cerchio formato dalle parole AMORE e COMANDAMENTI. Sono strettamente collegati, perché senza amore, i comandamenti non hanno senso. Non posso accettare di vivere quanto mi chiede il Maestro e Signore, se non ho nel cuore tanto amore per lui e i miei fratelli.

D'altra parte, non posso dare un segno migliore, più concreto, del mio amore per il Signore Gesù, se non vivendo secondo quanto Lui mi ha suggerito.

Vivere secondo i comandamenti, cioè vivere secondo il cuore di Dio, significa dimostrare il mio amore per Lui. Ma se non avessi nel cuore l'amore, non riuscirei mai a trovare la forza per accogliere i suoi inviti.

Proviamo a fare qualche esempio pratico, vicino alla nostra vita di tutti i giorni.

Mariella, tornata a casa da scuola, ripete tante volte alla mamma: - Ti voglio bene! Ti voglio tantissimo bene! A scuola mi sei mancata! Mi piace stare insieme a te! -
La mamma è molto felice per queste parole, naturalmente.

Peccato che Mariella, terminati gli abbracci, lancia via le scarpe in un angolo del soggiorno e le lascia lì, come nuovo elemento dell'arredamento, incurante del sospiro con cui la mamma raccoglie le scarpe e le porta al loro posto.

Dopo aver fatto merenda, Mariella si mette a giocare e la mamma le chiede: - Per favore, metti via il succo e i biscotti.-

E Mariella, senza smettere di giocare: - Dopo! Adesso sto giocando! -

Il tempo passa: Mariella non ha riordinato e continua a giocare.

La mamma, stanca di aspettare, rimette in ordine e poi la chiama: - Guarda che è ora dei compiti! Prendi il diario e vediamo cosa devi fare... -

Mariella sbuffa: - Uffaaaa! Adesso sto giocando! Voglio finire! -

La mamma la invita più volte, finché si arrabbia e la sgrida.

Mariella è offesa, piagnucola, fa un mucchio di capricci: - E non è giusto! Sono stanca per la scuola, non ho voglia di fare i compiti... - continua a strepitare a lungo, sciupando il tempo.

Mi fermo qui, non proseguo nel racconto, ma vi faccio una domanda: dove sono finite tutte le paroline dolci che Mariella ha detto alla mamma appena tornata a casa?

La bambina sentiva davvero nel cuore tanto bene per la sua mamma, era sincera, quando si scambiavano le coccole... ma le sue parole tanto care, vengono lentamente cancellate dal suo comportamento.

Tutto il bene per la mamma, piano piano risulta appannato dalle sue pigrizie, dai capricci, dai brontolamenti, dalla svogliatezza, dalle disubbidienze...

La stessa cosa può capitare anche a noi, sia in famiglia, sia nei confronti di Dio.

Ogni domenica, a Messa, diciamo quanto gli vogliamo bene, quanto siamo felici di averlo come Padre Buono... poi torniamo a casa e, con i gesti, le parole, le dimenticanze, rischiamo di sciupare tutto questo bene.

Ragionavamo così in classe, con i miei alunni a scuola, e qualcuno ha osservato: "Ma allora, se si vuole bene, non sento più il peso della fatica, il fastidio di fare cose che non mi piacciono, la voglia di pigrottare?..."

È una domanda seria, perché tocca proprio il cuore delle nostre azioni.

Ebbene no, se amiamo, non sparisce la fatica. Ciò che mi costa fare, continuerà a costarmi. I compiti sgraditi, rimangono sgraditi. Non si trasformano.
Ma cambia il mio modo di affrontarli.

Nel profondo della mia anima, mi dico: "Questa cosa mi costa, ma siccome me la chiedi tu, ed io ti voglio bene, allora la faccio anche se non mi piace particolarmente!"

Ai miei bambini faccio sempre questo esempio: secondo voi, le mamme non sentono il disgusto se qualcuno vomita? Certamente sì!

Ma è mai capitato che uno di voi avesse il vomito e la mamma dicesse: "Mi spiace, ma mi fa troppo schifo, resta sporco e arrangiati!"?

No, vero? L'amore che la mamma ha per il suo bambino, le fa superare anche il naturale disgusto.

Dunque, può darsi che i comandamenti a volte ci risultino difficili da accogliere, impegnativi da vivere, faticosi da affrontare: diciamolo al Signore Dio!

A Lui possiamo sempre parlare chiaro e dirgli: guarda, che perdonare, non è mica facile! Ma siccome me lo chiedi tu ed io ti voglio bene, proverò a farlo!

Oppure: guarda, Gesù, che è proprio dura essere amichevole con chi è sgarbato con me, ma siccome ti voglio bene e tu mi inviti a porgere l'altra guancia, allora voglio provarci!

Questo, proprio questo, è il cerchio che unisce insieme amore e comandamenti: non possono stare separati.

Siccome poi Gesù è davvero il Maestro, ci conosce fino in fondo e sa quanto siamo fragili. Così nel Vangelo di oggi aggiunge anche una promessa dolcissima: "Non vi lascerò orfani; tornerò da voi... Pregherò il Padre, ed Egli vi darà un Consolatore"
Chi è questo Consolatore? Lo Spirito Santo!

Nella Bibbia ci sono tanti modi per chiamarlo: fuoco vivo, vento d'amore, luce dei cuori, forza della creazione, respiro di Dio...

Ma questo nome che sceglie Gesù mi sembra veramente il più bello, quello che esprime tutta la tenerezza del Padre Buono verso di noi.

Il Consolatore è colui che ci sta vicino quando siamo tristi, oppure spaventati. Quando ci sentiamo confusi, incerti. Quando siamo scoraggiati o sfiduciati.

Lo Spirito Consolatore è la carezza che Dio Padre ci invia, per risollevarci, per farci sentire che non siamo da soli.

Quando ci sembra troppo difficile riuscire a vivere secondo il cuore di Dio, chiamiamo in aiuto lo Spirito Consolatore.

Quando ci sentiamo troppo deboli per portare avanti i comandamenti, invochiamo lo Spirito Consolatore.

Quando abbiamo fatto quello che riuscivamo, ma ancora non basta, chiediamo aiuto allo Spirito Consolatore.

Andiamo incontro a questa settimana che inizia, pieni del desiderio di dimostrare il nostro amore al Signore Gesù accogliendo fino in fondo i suoi Comandamenti. E per riuscire a farlo pienamente, ogni mattina pregheremo lo Spirito Consolatore, perché con la sua presenza tenera e premurosa, accompagni le nostre giornate.
Commento a cura di Daniela De Simeis

 

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