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TESTO La via per la verità è la vita

Marco Pedron  

V Domenica di Pasqua (Anno A) (18/05/2014)

Vangelo: Gv 14,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».

5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».

8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.

12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre.

Lunedì - Non abbiate paura

Nel vangelo di oggi Gesù sta salutando i suoi discepoli. Nel capitolo precedente (Gv 13) Gesù non solo ha lavato i piedi ai suoi discepoli, ma anche detto che sarà tradito (Gv 13,21), che rimarrà ancora per poco con loro (Gv 13,33) e che sarà glorificato fra poco (Gv 13,31-32). E tutti capiscono: Gesù sta per morire. Allora i discepoli sono terrorizzati da ciò che sta per accadere ed è per questo che Gesù cerca di rassicurarli.

Gesù vuole fare comprendere loro un paradosso: che la sua morte non sarà una perdita ma un guadagno, non un'assenza ma una presenza ancor più intensa. Che non devono aver paura perché se prima era presente fisicamente, adesso lo sarà ancor di più interiormente, dentro di loro. Ma i discepoli (e questo vangelo lo esprime bene) sono pieni di dubbi e di perplessità.

"Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me" (Gv 14,1). Dicendo questo Gesù li rassicura: Dio è con me. Per questo potete aver fede in Dio e aver fede anche in me. La fede è basata sul fatto che Dio è come Gesù, cosa che ripeterà ancor più chiaramente più sotto. Solo che i discepoli non sono molto convinti di ciò: per questo hanno paura.

Martedì - Dio abita qui: in me!

"Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l'avrei detto. Io vado a prepararvi un posto" (Gv 14,2).

Gesù dice che nella casa del Padre suo ci sono molte dimore. Ma bisogna ben capire cosa si vuol dire qui.

Casa in greco si può dire oikos=abitazione oppure oikia=famiglia, focolare. Gv usa quest'ultimo termine: non è una casa quindi, un posto materiale, ma una dimensione, un'intimità. Gesù lo spiega bene poco più avanti (Gv 14,23): "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui". Allora: Gesù non va a preparare gli appartamenti dell'aldilà, come se Dio avesse posti per molti. Gesù va a rendere i discepoli e ognuno di noi, capaci di diventare la dimora di Dio.

Ma la dimora (oikia) è che Dio viene a dimorare presso gli uomini. Questa è la grande novità: non c'è più un santuario dove si manifesta Dio, ma ogni uomo diventa un santuario dove Dio può manifestarsi.

Per questo il Dio di Gesù dev'essere solo accolto: Lui viene e dimora presso l'uomo e dilata la capacità d'amore. Questa sarà la dimora di Dio: l'uomo.

Un giorno Madre Teresa stava accuratamente curando le piaghe ripugnanti di un lebbroso. Faceva il suo lavoro sorridendo e chiacchierando con il malato, come fosse la cosa più naturale del mondo. Ad un certo punto chiese al malato: "Tu credi in Dio?". Il pover'uomo la fissò e poi le disse, sorridendo: "Sì, adesso credo in Dio!!!".

Ma perché molte dimore? Molte dimore tante quanto sono gli uomini. Dio non riesce a manifestarsi e a esprimersi in una sola persona, neanche in cento, neanche in mille. La pienezza di Dio ha bisogno di manifestarsi nell'Umanità che lo accoglie.

In me c'è Dio. Io manifesto Dio. Dio mi ha sposato. Dio ha preso dimora presso di me.

"Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via" (Gv 14,3-4). Il luogo è la sfera dell'amore, è la sfera del Dio-Padre-Amore.

Cosa si vuol dire qui? Gesù, con la sua morte e resurrezione, risiede nell'Amore di Dio. Ma questa dimora (oikia) adesso è possibile per tutti. Ma non quando moriamo, ma quando siamo nell'Amore.

Tommaso non ci capisce niente e non comprende la strada per essere nell'Amore (e lo possiamo ben capire!). Per questo interrompe Gesù: "Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via". " (Gv 14,5). Tommaso pensa che ci sia una strada per il paradiso. Ma non c'è nessuna strada per il Paradiso perché non siamo noi che andiamo in Paradiso ma è il Paradiso che viene da noi.

Non si tratta quindi di fare delle cose "per avere Dio": preghiere, riti, digiuni, santità, per guadagnarsi Dio. Dio lo si accoglie, perché non siamo noi che andiamo da Lui ma è Lui che viene da noi.

Mercoledì - La via per la verità è la vita

Infatti, "gli disse Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto"." (Gv 14, 6-7).

Nessuna strada, nessun rito, nessuna offerta per arrivare a Dio. Per arrivare a Dio la strada è Gesù. Conosci Gesù e saprai chi è Dio. Credo che dovremmo conoscere molto di più e molto meglio chi era e cos'ha fatto Gesù perché a volte la nostra fede non si basa sul vangelo reale ma su idee religiose che abbiamo ereditato. E quando poi si legge, si studia e si medita il vangelo le persone dicono: "Ma noi non abbiamo mai sentito questo!". "D'accordo, ma lo avete mai letto?".

Qui Gesù annuncia tre dimensioni in relazione fra loro: Lui è la Via per la Verità, Verità che dà la Vita.

E quando conosci Gesù tu sai che lui è la Via per il Padre. Gesù non è da contemplare come le immaginette e santini che abbiamo, ma è una strada di Verità da percorrere.

Chi ha la verità condanna chi non ce l'ha ("noi abbiamo la verità"). Ma Gesù non ha la verità, è la verità. Se tu hai una mela decidi cosa farne, se mangiarla o no: la possiedi. Se tu hai un violino, decidi se suonarlo o se farne legna per il tuo caminetto. Ma se tu sei una mela, allora tu vuoi vivere il tuo essere. Se tu sei un violino, vuoi essere suonato per poter essere la tua essenza.

Gesù è la Verità: più lo conosci e più vedrai la verità, ma è una strada senza fine. Non ha un traguardo ma ti porta a livelli sempre maggiori di verità e di profondità.

E la Via della Verità è la Vita: la vita vera è data dal fare verità su di te, su Gesù e sulla realtà. Vita, in greco, si può dire con il termine bios=vita fisica, che inizia (parabola ascendente) e finisce (parabola discendente) oppure, come qui con zoè=vita interiore che non finisce mai. La strada della Verità porta, allora, ad una vita interiore sempre più grande.

Poi Gesù dice: "Fin da ora lo conoscete e lo avete veduto" e parla al presente. Ma dove? Nella lavanda dei piedi: Gesù, che è manifestazione di Dio, è amore che si fa servizio. Allora più autentica è l'adesione a Dio e più la propria vita diventa servizio per gli altri.

Solo che Filippo non capisce proprio dove Dio si possa vedere: "Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il Padre e ci basta"." (Gv 14,8).

Cosa succede qui? Gesù dice: "Dio è come me". Filippo, che non capisce come in Gesù possa manifestarsi Dio, gli dice: "Mostraci Dio". Filippo cioè non capisce come può manifestarsi Dio in un uomo.

Qui a Gesù cadono le braccia: "Oh Pippo, non avete capito niente!".

Questa non è solo una delle nostre difficoltà (capire come nell'uomo Gesù ci fosse Dio) ma era anche una difficoltà della prima comunità cristiana.

Questa protesta a Gesù la diciamo un sacco di volte anche noi: "Signore dove sei? Signore perché non ti fai sentire?". E Gesù ogni volta ci risponde: "Sono qui accanto a te". E Gesù ogni volta a rispondere: "Come puoi farmi questa domanda? Ma non lo sai, non lo senti, che io sono qui accanto a te?".

Qui si vede come la tradizione religiosa influenzi la vita delle persone: Gesù era con loro da tre anni, eppure in lui non vedono Gesù ma quello che fin da piccoli hanno sentito dire sulla religione. La religione diceva che Dio è lontanissimo dall'uomo: Lui è lassù e noi quaggiù. Dio risiedeva sopra il settimo cielo e tra un cielo e l'altro c'erano 500 anni di cammino. Quindi tra Dio e l'uomo c'erano 3500 anni: una distanza inaccessibile. Vedete: Filippo non vede Dio in Gesù ma in Gesù vede il suo Dio, ciò che lui ha imparato su Dio.

Giovedì - Credere non è aver fede

"Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere"." (Gv 14,9-10).

Cosa si dice qui? Qui si dice non che Gesù è uguale a Dio ma che Dio è uguale a Gesù. Chi ha visto Gesù ha visto il Padre. Il Padre, Dio, si identifica completamente in Gesù. Quindi: non tanto Gesù è come Dio ma Dio è come Gesù. Tutto quello che Gesù fa e dice "è Dio".

Questo è un criterio per ognuno di noi: poiché Dio è Gesù, se una persona, un gruppo, un'istituzione, dice e fa quello che fa Gesù (visto che Dio è come Gesù) allora viene da Dio. Se no, viene da qualcos'altro.

Qui c'è un'apparente incongruenza: "Le parole che io vi dico (e si parla di parole)" poi diventano "il Padre che è con me compie le sue opere (opere e non parole)". Cioè: le sue parole sono opere, azione, comportamento, dinamismo trasformativo.

Dio non è da credere ma da vivere: lo credi non se vi aderisci con la mente ma se la tua vita cambia, si trasforma, diventa azione e trasform-azione. Solo allora Dio è con te.

Vi ricordate la parabola del Buon Samaritano (Lc 10,29-37)? Il sacerdote e il levita certamente credevano in Dio; anzi erano così religiosi che di fronte alla possibilità di contaminarsi con l'uomo mezzo morto neppure si fermano. Cioè, sono fedelissimi ai comandamenti religiosi. Eppure Dio non è in loro.

E dov'è? E' nell'eretico samaritano che non sa nulla di Dio, dove il suo amore diventa azione: lui si ferma e si prende cura dell'uomo mezzo morto e mezzo vivo.

Credere (aderire a Dio con la mente) non è aver fede (vivere un'esperienza che diventa vita).

Venerdì - Dio è un incontro non una catechesi

"Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse" (Gv 14,12).

I discepoli proprio non ce la fanno a credere. Per loro Dio sta nell'alto dei cieli e non qui sulla terra. Per cui di fronte a Gesù possono ammettere: "Sei un inviato di Dio; sei un profeta di Dio; sei il Figlio di Dio", ma accettare che Gesù sia Dio stesso, questo non lo possono accettare.

Accettarlo vorrebbe dire accettare che l'Altissimo è qui fra di noi, con noi e in mezzo a noi. La loro religione, che neppure nomina il nome di Dio, sarebbe totalmente sconvolta.

E poiché i discepoli sono increduli ed esterrefatti, Gesù deve dire: "Beh, se non mi credete per le parole (in effetti le parole dicono e a volte ingannano) credetemi per le opere, per ciò che faccio (i fatti sono realtà; i guariti erano realtà; i peccatori che cambiavano vita era realtà).

E qui c'è un altro criterio straordinario: non è la dottrina (le parole) che ti converte a Dio ma l'amore, l'esperienza e la vita (le opere).

Due uomini dopo un bel po' di tempo si rincontrano. "Così, ho sentito, ti sei convertito a Cristo?" "Sì". "Allora devi sapere un sacco di cose su di lui. Dimmi, in che parte è nato?". "Non lo so". "Quanti anni aveva quando è morto?". "Non lo so". "Quante prediche ha pronunciato?" "Non lo so". "Sai decisamente ben poco per essere un uomo che afferma di essersi convertito a Cristo!". "Hai ragione. Mi vergogno di quanto poco so di lui. Ma quello che so è questo: tre anni fa ero un ubriacone. Ero pieno di debiti. La mia famiglia cadeva a pezzi. Mia moglie e i miei figli avevano paura del mio ritorno a casa ogni sera. Ma ora ho smesso di bere; non abbiamo più debiti; la nostra è ora una casa felice; i miei figli attendono con ansia il mio ritorno a casa la sera. Tutto questo ha fatto Cristo per me. E questo è quello che so di Cristo".

Bernadette, la veggente di Lourdes, di fronte ai giudici quando fu portata in tribunale per essere interrogata sulle apparizioni, rispondeva: "Io non sono incaricata di farvi credere. Io sono incaricata di dirvi soltanto ciò che ho visto".

Dio è un incontro non una spiegazione: più che catechesi o dottrine, abbiamo bisogno di liturgie e di incontri che ci permettano di "toccarlo, di sentirlo, di vederlo".

Dio è un'esperienza: non si può rimanervi indifferenti. Se uno vuol conoscere Gesù e rimanere lo stesso è meglio che cambi religione perché Lui a tutti diceva: "Vieni e seguimi".

Sabato - Io sono "opera" di Dio

Cosa saranno queste "opere", diverrà chiaro ai discepoli dopo la resurrezione. E la grande scoperta fu che la prima "opera" fu proprio con loro. Qui nell'Ultima Cena li troviamo perplessi e pieni di paura; nel momento della Crocefissione, di paura ne hanno così tanta, che se la danno a gambe. La grande "opera" sarà il passaggio dalla paura alla fiducia, dal sentire Gesù morto a sentirlo vivo in loro.

San Paolo ce lo racconta con l'apparizione sulla via di Damasco (At 9,1-19): l'incontro con il Risorto ha stravolto la sua vita e lo ha ri-orientato. Tutto lì è simbolico: lui sul cavallo=la sua fierezza e superiorità (gli istinti, la potenza, il cavallo, messi a servizio dell'ego); la caduta=il totale cambiamento, la durezza e lo sconvolgimento di tale caduta; la Voce=l'esperienza di aver "colto, percepito" Dio; la cecità=il non aver visto in realtà nulla, l'essersi illuso; l'essere condotto per mano=farsi aiutare, lui che credeva di avere la verità. Gesù adesso non è più solo il Crocefisso che è morto ma è Colui che è presente in lui e che lo fa un uomo nuovo.

Gesù viene compreso non più come un grande maestro che adesso è morto (così lo avevano capito in vita), ma in maniera nuova: Lui agisce tutt'ora e fa San Paolo e i discepoli diversi, nuovi e altri.

La Maddalena: il suo Gesù non è più l'amato morto su cui piangere, da andare a trovare alla tomba su cui mettere un fiore (cosa che si fa con i morti) o da piangere o ricordare quanto l'aveva amato e quanto per lei lui era stato la vita. Adesso Lui è vivo dentro di lei e le dice: "Non mi trattenere, lasciami andare". E così lei lo lascia andare (e fa il lutto) perché lo sente vivo dentro di lei, lo sente presente e da lì nessuno può più portarglielo via.

Tommaso e gli Apostoli. Per loro Gesù non è più il maestro la cui morte ha voluto dire la fine di ogni speranza, illusione e progetto. La ferita enorme che hanno dentro (per Gesù avevano lasciato casa, famiglia, lavoro, reputazione, onorabilità) non è più dolorosa ("E' tutto finito") ma gioiosa perché hanno ritrovato Lui dentro di sé. Adesso hanno scoperto che Lui vive ancor più forte di prima dentro di loro e li sostiene e li spinge e diventa per loro il senso della loro vita.

Ecco le opere: non chissà quali miracoli o trasformazioni o materializzazioni o apparizioni, ma prima il cambiamento di vita loro e poi, attraverso di loro, di molte altre persone.

Le persone perplesse, dubbiose o morte dentro, tornavano a vivere piene di gioia, sorrisi e vitalità. Chi aveva paura di tutto, paralizzato nella scelta, tornava a camminare, a scegliere e ad agire. Chi era sordo all'amore di Dio tornava a sentire la propria dignità e il proprio valore. Chi era cieco alla sofferenza degli altri tornava a vederla e a portare amore.

Perché allora non hanno più paura? San Paolo, la Maddalena e gli Apostoli, non credono nella resurrezione, non credono perché c'è scritto nel catechismo della Chiesa Cattolica, non credono perché l'hanno letto da qualche parte, ma credono perché sanno, perché hanno visto, sperimentato e toccato.

Ciò che ha cambiato e stravolto la loro vita non è stato l'incontro con Gesù (il Maestro) - e già questo li aveva sconvolti abbastanza! - ma l'incontro con il Gesù Risorto. Ce l'avevano dentro di loro: il Maestro, la passione, la forza, la vita, che prima trovavano in Gesù fuori, adesso ce l'avevano dentro. Gesù Risorto era in loro. Per questo andavano dappertutto: "Lui vive! Lui è risorto!". Lo dicevano semplicemente perché lo avevano sentito, sperimentato e toccato.

Per questo non potevano aver paura: Lui era vivo ed era ancora e ancor di più con loro.

Domenica - Faremo cose più grandi di Gesù

"In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre" (Gv 14,12).

"In verità, in verità"=amen, amen, in greco, che vuol dire qualcosa di sicuro, certo. E' una frase solenne che richiama l'attenzione degli ascoltatori: "Attenti adesso perché vi sto dicendo qualcosa di importante".

Gesù qui dice una cosa incredibile: "Chi crede in me compirà opere più grandi me". Ma com'è possibile compiere opere più grandi di Gesù? Gesù non ha risposto a tutti i bisogni dell'uomo. Bene: chi ama compirà ciò che io non ho potuto compiere.

Non solo: "Poiché io vado al Padre". Gesù assicura: "Voi non sarete mai soli, ma io vi aiuterò con la mia forza, la mia energia, la mia luce". Allora, Gesù continua ad essere presente (anche se muore) in loro e attraverso di loro.

Il vangelo si conclude così: "Voi farete quello che compio io e cose più grandi" (14,12).

Chi di noi crede a questo? Eppure è Gesù stesso che lo dice: "Voi farete cose più grandi di me". La maggior parte di noi non crede a questo: "Dai, non scherziamo. Gesù è stato Gesù e io sono io". Eppure sono parole di Gesù tanto quanto le altre. Se le ha dette vuol dire che sono vere.

La maggior parte delle persone non crede di essere potente, importante, di poter fare grandi cose.

Guardatevi allo specchio: cosa vedete? "Ah se fossi un po' più intelligente... se sapessi un po' di più... se avessi l'intelligenza di quel tale o la simpatia di quel tal l'altro... se sapessi parlare meglio... se si sapesse che ho fatto questa cosa... se si sapesse che faccio questi pensieri... se venisse fuori che io sono...", per cui la conclusione che traete è: "Posso ma non tanto; qualcosa sì ma non più di tanto".

Gesù però non vi vede così, ricordatevelo. Gesù non vi ha creato così, "un po'", sappiatelo.

Quando Gesù vide Pietro gli disse: "Seguimi". E un po' dopo: "Su di te fonderò la mia chiesa". Pietro e compagni dicevano: "Su Pietro!? Testardo, duro e cocciuto com'è!?". Eppure...

Una storia narra che un giorno una principessa incontrò un rospo. La principessa si spaventò al sentire parlare un rospo la lingua degli uomini. Ma il rospo la rassicurò: "Non sono un rospo, sono un principe che una strega ha trasformato in rospo. Ma se troverò una principessa che per tre giorni stia con me l'incantesimo si spezzerà". Così la principessa se lo portò a palazzo. Tutti erano ripugnati dal vederla con un animale simile. Ma dopo tre giorni l'incantesimo si ruppe e il rospo ridivenne il principe.

Tutti siamo rospi. E Gesù è quella principessa che ci dice: "No, non è vero che tu sei così. Io ho visto ciò che è nascosto in te, ciò che sei dentro. Tu farai cose grandi. Io lo so, tu credici".

Se non crederete che dietro/dentro a quello che appare si nasconde un principe rimarrete per sempre dei rospi. Sei quello che vuoi credere di essere. E diventerai esattamente quello che credi di essere.

Pensiero della Settimana

Tu sei Tu e io sono io. Tu sei in me e io sono in Te.
Noi siamo potenti.

 

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