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TESTO In verità, in verità io vi dico

mons. Gianfranco Poma

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (11/05/2014)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Molto opportunamente la Liturgia ci fa leggere nel tempo pasquale le pagine del Vangelo di Giovanni attraverso le quali possiamo sperimentare la fede come incontro personale con Cristo.

Immediatamente dopo l'episodio del cieco che diventa vedente, Gesù (Giov.10) inizia un discorso di rivelazione, introdotto con l'espressione solenne: "In verità, in verità vi dico". L'incontro personale con Gesù ha aperto gli occhi a quest'uomo aprendolo ad una trama di relazioni nuove, in aperta rottura con quelle della sua antica appartenenza.

Incontrare Gesù e attraverso Lui entrare in un nuovo popolo che i profeti hanno descritto come il gregge guidato da Dio, significa saper vedere, discernere, aprirsi alla libertà di relazioni non condizionate da precomprensioni dipendenti dalla riduzione di Dio ad modo umano, razionale, di concepirlo. I Farisei, legati ai loro schemi culturali, credono di vedere e invece hanno occhi rivolti all'interno del loro orizzonte: chi sono i Farisei, oggi? Non siamo proprio noi, quando pensiamo di vedere e siamo solo ciechi che presumono di vedere?

Il nuovo gregge di Dio, generato dall'incontro con il risorto, è un popolo libero, che vede, discerne, sa giudicare e scegliere. A questo popolo nuovo Gesù rivolge un discorso che ha anzitutto un intento pedagogico, perché sia davvero attento, intelligente, viva in pienezza la vita nuova e non sia succube di chi si infiltra con intenti distorti, con vecchi schemi di giudizio, immeserendo la bellezza della vita nuova che gli è offerta. Appare in questo modo la visione propria al Vangelo di Giovanni della comunità credente come soggetto vivo, libero da intrighi, al quale non si accede per vie traverse, ma attraverso la porta: nell'incontro con Cristo risorto Giovanni vede realizzarsi il progetto del popolo di Dio come gregge guidato da un pastore che è Lui stesso. Bisogna che il gregge sia attento perché non gli venga rapita la possibilità di gustare tutta la ricchezza della vita che gli è data. Ed è mirabile la raffinatezza del discorso di Gesù nel coniugare la profondità divina con la concretezza umana dell'esperienza offerta: è reale la possibilità che nel popolo di Dio si introducano "ladri e briganti", persone che, cercando vie loro, vogliono costruire un popolo per sè. Il pastore non ha nulla da nascondere, non è intrigante: entra per la porta che il custode gli apre. Tra le pecore e il pastore c'è una relazione profonda, empatica, personale, che genera fiducia. E il gregge non rimane chiuso a gustare per sé solo la gioia dell'intimità col pastore, esce all'aperto, ha il coraggio che gli viene dallo sguardo fisso sul pastore che lo precede, e dall'ascoltare la sua voce. È questa profonda esperienza d'amore che dà coraggio e gioia, la vita nuova del gregge di cui parla Gesù: esperienza che manca totalmente quando le relazioni sono fondate su una base diversa dall'Amore.

"Gesù parlava in parabole e loro non comprendevano": così nota Giovanni. Ma perché non comprendevano? (E noi comprendiamo?) Gesù ha cominciato a suscitare la domanda, il desiderio della bellezza di una vita nuova, di libertà, di fiducia, di relazioni d'Amore. Ma come è possibile?

"In verità, in verità vi dico...": adesso Gesù rivela se stesso, Lui che non ha cercato nulla per sé ma ha donato tutto, non ha usato inganno ma è rimasto fedele all'Amore fino alla morte, Gesù che è risorto per essere con noi per sempre.

"Io sono la porta delle pecore. Con forza Gesù denuncia come ladri e briganti tutti coloro che sono venuti prima di Lui, ma che le pecore non hanno ascoltato: la voce che esse conoscono è solo quella dell'Amore, la sua: è bellissima questa descrizione del popolo di Dio che dal suo Amore sa riconoscere il suo pastore!

"Io sono la porta...": solo l'Amore che non chiede nulla in cambio è la porta che permette di accedere al nostro cuore perché si apra ad accogliere Lui. Solo il suo Amore ci spinge ad entrare nel profondo di noi stessi, trovare Lui per poi uscire ed immergerci nel mondo: è la libertà autentica, la salvezza, la pienezza di vita per noi e per il mondo.

Lui solo, che non ha conservato nulla ma ha donato tutto, Lui solo nell'annientamento totale della Croce è la pienezza che si dona a chi lascia che la porta dell'Amore si apra: Lui solo non vuole nulla, vuole solo donare la vita e donarla in abbondanza.

Adesso il suo gregge lo sa! Deve solo avere il coraggio di credere in Lui!

 

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