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TESTO XXVII Domenica del Tempo Ordinario - A

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XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (06/10/2002)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

Fratelli nella Fede, Gesù ci annuncia il Vangelo, che è la buona notizia. Non è venuto per colpevolizzarci, condannarci ma per salvarci. È venuto a dirci che Dio è un Padre che ci ama, un Padre che ha cura di noi, un Padre che si interessa di noi. Egli continua a donarci il suo amore gratuito anche quando noi rifiutiamo questo suo amore, quando non diamo alcuna importanza alla sua presenza, alle sue parole, alla sua legge, ai suoi comandamenti. Egli è fortemente innamorato di noi e arriverà a incarnare questo suo folle amore nella persona del Figlio suo fatto uomo. E Gesù nel suo amore arriverà fino alla morte in croce.

Oggi, radunati attorno all'altare noi siamo chiamati a rendere visibile al mondo la presenza di quel Dio che convoca tutti nel suo Regno. Non siamo qui per soddisfare un precetto, ma piuttosto per compiere una missione che si prolunga nella vita di ogni giorno con la nostra testimonianza, con la nostra capacità di accoglienza, con il nostro amore.

'Noi tutti facciamo parte della Chiesa, la vigna di Dio, che Gesù ha piantato con tanto amore e poi ha affidato agli uomini perché portasse frutti di salvezza. Dio per realizzare il suo progetto di salvezza vuole servirsi di ognuno di noi. Egli si prende cura di noi, ci dona la vita e con la vita tanti doni... Perciò i doni che abbiamo ricevuto, la fede, il battesimo, la salute, il Vangelo, il lavoro, l'Eucaristia ecc.. dobbiamo farli fruttificare'. (Cfr. Foglietto della Messa: "La Domenica")

L'Antico Testamento è figura dei tempi nuovi, dei tempi della Chiesa. Ora, la parola di Dio ci ricorda che anche la vigna del Signore, il popolo di Dio, può diventare terra arida e produrre soltanto frutti selvatici. L'ammonimento di Isaia è rivolto anche a tutti noi affinché la nostra chiamata alla salvezza non resti vana. Affinché la nostra chiamata battesimale alla salvezza eterna sia veramente efficace è necessario che apriamo i nostri cuori a tutto ciò che è vero, bello, nobile, giusto, puro e degno di lode. Questa è l'esortazione che ci rivolge l'apostolo Paolo.

La parabola odierna è un forte richiamo al popolo di Israele (oggi anche a noi) che prenda coscienza della sua grave responsabilità di rifiutare la salvezza offerta da Dio per mezzo del Figlio suo, Gesù stesso. Inoltre ci ricorda che non è la vigna che si dimostra avara di frutti, sono piuttosto i vignaioli che, invece di trasmettere al padrone il raccolto, cercano di trattenerlo per sé. Il padrone, infatti, non vive sulla vigna; se n'è andato e ha affidato ad alcuni vignaioli la sua proprietà: i servi del padrone che, uno dopo l'altro, sono mandati per richiedere ai vignaioli il raccolto della vigna. E infine, ultimo e più importante, il figlio stesso che è mandato con la stessa missione dei servi. Servi e figlio sono mandati dal padrone, sono maltrattati, bastonati, lapidati, uccisi.

Non accade proprio così nella nostra vita? Ciò che abbiamo appartiene a Dio e ci è affidato in gestione; ma Dio appare lontano, tanto lontano che ci sembra di poter decidere della nostra vita senza fare i conti con lui. (decidiamo quando far nascere qualcuno e quando farlo morire). È vero: ogni tanto viene qualcuno che ci richiama alle nostre responsabilità, ma non è difficile farlo tacere con la persecuzione (tanti preti, religiosi e laici cristiani sono stati uccisi in India e nel mondo) o con la indifferenza. È capitato così "ai prìncipi dei sacerdoti e agli anziani del popolo" d'Israele; ma capita la stessa cosa a noi, a chiunque possiede una qualche autorità sui beni che appartengono a Dio.

Avere in affidamento la gestione del regno di Dio non deve essere motivo di orgoglio presuntuoso ma di responsabilità consapevole. S. Paolo ci invita a rivolgere l'attenzione a tutto quello che c'è di vero e di buono in noi e attorno a noi. Non dobbiamo lasciarci impressionare dalle cose negative che ci circondano perché alla fine la vittoria sarà di Cristo.

'Per l'evangelista Matteo anche la vita cristiana implica l'esigenza di rispettare i termini; la quantità di tempo a nostra disposizione non è illimitata, siamo tutti in cammino verso il giudizio, e i frutti richiesti saranno soprattutto quelle opere di carità su cui dipenderà il giudizio finale' (Mt 25,31-46 (Cfr. Cammillo Francesco M. Pierbon). Signore apri il nostro cuore, affinché portiamo i frutti da te desiderati e possiamo far parte del tuo regno per l'eternità. È così sia!

 

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