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TESTO Commento su Giovanni 10,1-10

Omelie.org (bambini)  

IV Domenica di Pasqua (Anno A) (11/05/2014)

Vangelo: Gv 10,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza.

Non so se vi è mai capitato di incontrare un gregge di pecore. A me sì. Era un gregge davvero grande, circa 300 pecore con un solo pastore e 4 cani che l'aiutavano affinché le pecore non si disperdessero.

Il gregge brucava nel prato ricco di erba fresca. Ad un tratto una pecora si mise in disparte e, quasi sotto ai miei occhi, diede alla luce due agnelli gemelli. Non so raccontarvi l'emozione che ho provato... Uno spettacolo davvero bello! Gli agnellini appena nati sembravano inermi, poi la mamma li lavò, li aiutò a mettersi in piedi e li incitò a seguirla, pur sulle loro gambe incerte, per entrare nel gregge.

Il pastore, che aveva osservato da lontano, vide che un agnellino aveva più difficoltà dell'altro a camminare e così gli andò incontro, lo prese tra le braccia e poi, con un fischio, diede un ordine ai cani che si misero in movimento per far riprendere il cammino a tutto il gregge.

Chi è il pastore? È uno che si prende cura delle pecore. Per fare questo fa la stessa vita del gregge, giorno e notte.

Se uno lavora in ufficio, o fa il contadino, o svolge qualche altro lavoro, la sera torna a casa con la sua famiglia. Il pastore no, fa la stessa vita delle pecore: il sole e la pioggia battono inesorabilmente su di lui e sulle pecore. Se il gregge ha sete, ha sete anche il pastore, se ha caldo o freddo la stessa cosa la vive il pastore. Per questo egli è la sicurezza del gregge. Inoltre solo lui conosce i pascoli abbondanti, le acque fresche, i luoghi sicuri dove riposare tranquilli, solo lui sa difendere le pecore dai pericoli: senza il pastore sarebbero in balia degli animali feroci, della sete, della fame.

Oggi abbiamo letto un bellissimo brano del vangelo dove Gesù si presenta come il Pastore. Se Gesù è il pastore, il popolo è il gregge. In effetti, a noi può sembrare una immagine un po' strana ma, nell'antichità, i re erano considerati i pastori del popolo nel senso che il re doveva custodirlo, proteggerlo, averne cura, e l'immagine più chiara per dire tutte queste cose era proprio quella del pastore.

Si presenta e viene considerato come il Pastore del popolo di Israele. In qualche salmo, che possiamo definire "preghiera del popolo", leggiamo così: "Tu pastore di Israele, ascolta, tu che guidi Giuseppe come un gregge".

Dio si mostra davvero pastore in tante situazioni. Ascolta il grido di sofferenza del popolo, viene in aiuto e lo conduce fuori dal recinto della schiavitù per dargli la libertà. Così Gesù, a immagine del Padre, è il pastore bello. Ma nello stesso tempo è anche la porta del "recinto", della casa sicura del gregge. Una casa da dove si può entrare ed uscire liberamente e dove si trova pascolo abbondante.

Cosa vuol dire che noi siamo il gregge di Dio? Essere pecorelle di Gesù significa camminare dietro il pastore. Gesù è la via: solo camminando dietro a lui possiamo conoscere la verità, cioè il bello, il buono, ciò che ci dona gioia. Tutto questo ci porta la Vita. Un'altra caratteristica di chi accoglie Gesù come Pastore è che lui, queste persone, le conosce ad una ad una e le chiama per nome.

Si chiamano per nome gli amici, le persone care, le persone che ci sono familiari. Allora, se Gesù ci chiama per nome, significa che ci conosce davvero, che ci vuole bene, che ha grande fiducia in noi.

Ma cosa vuol dire, concretamente, che Gesù ci chiama per nome? Significa che su ciascuno di noi ha un sogno bello, un progetto di gioia, di libertà, di piena realizzazione della nostra vita.

Quando noi pensiamo al futuro diciamo: voglio fare il dottore, il calciatore, voglio fare l'impiegata, l'insegnante, la parrucchiera, il panettiere, il contadino, l'astronauta. Tutti lavori importanti, impegnativi, ma quello a cui ci chiama il Signore è qualcosa di più. Ci chiama a realizzare i nostri sogni dentro un suo progetto. E qual è il suo progetto? Il suo è un progetto di dono: la vita vale se tu la sai donare.

Per questo ci offre varie possibilità, varie strade. Tutte sono aperte al dono di sé, tutte chiedono la capacità di amare e di donare la nostra vita per amore. Queste strade sono il Matrimonio, la Vita Religiosa, il Sacerdozio, la vita Missionaria.

Sì, ognuno di noi è chiamato a dire di sì a Dio e al suo progetto. Ma quello che Gesù ci propone non è un obbligo, è una proposta che tutti noi siamo chiamati a capire, a valutare, ad accogliere e a scegliere.

Quando ho detto di sì a Dio, ciò che mi ha spinto a farlo è stata la gioia: avevo capito che questa mia gioia proveniva da quella chiamata, da quel progetto di vita. Dio non chiede cose brutte, non offre noia. Dio offre serenità, pienezza di vita, perché chi sta con lui sta nella sicurezza e nella pace. Questo non vuol dire che allora tutto filerà liscio, no!

A volte le difficoltà ci sono. Anche Gesù, nel realizzare il progetto di Dio, ha trovato grande difficoltà, ha trovato chiusura, ha trovato opposizione, ma tutto questo non lo ha allontanato dal sogno del Padre.

In questa domenica noi celebriamo anche la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni: siamo chiamati a pregare per coloro che hanno risposto "Sì" al progetto di Dio, ma preghiamo anche per noi.

Pregate per voi, ragazzi, perché possiate imparare ad ascoltare la voce del Pastore e a dire sì al suo progetto di amore su di voi: "Il Signore è il mio pastore non manco di nulla!". Le parole di questo salmo sono di grande affidamento al Signore che custodisce e protegge la nostra vita. Voi direte: ma se già lo sappiamo perché glielo dobbiamo dire? È come nell'amicizia, due amici lo sanno di essere amici, ma in alcuni momenti sentono il bisogno di dichiararsi amici: questo rafforza la loro amicizia, il loro bene, la fiducia che sentono di mettere nell'amico. Con Dio è la stessa cosa. Noi abbiamo bisogno di dirgli che gli vogliamo bene, che abbiamo bisogno della sua amicizia del suo amore, che mettiamo in lui tutta la nostra fiducia. Queste parole, fanno bene a noi. Ci fanno sentire Dio vicino, perché lui davvero ci pensa, ma tante volte ce ne dimentichiamo e l'unico modo per ricordarlo è dichiarare a Dio il nostro amore.
La preghiera è proprio un atto di fiducia, di amore.

Nel pregare a volte usiamo parole che Gesù ci insegna; oppure parole che ci insegna la Chiesa. Altre volte le nostre preghiere prendono le parole della Bibbia, di uomini e donne vissuti tanti anni prima di noi. Altre volte usiamo le nostre parole, quelle che il cuore ci suggerisce al momento.

Dio non ha bisogno delle nostre preghiere, perché sa già di che cosa abbiamo bisogno, ma la preghiera aiuta noi a metterci in comunione con lui e a ricordarci che Dio, davvero ci vuole bene e ha cura di noi.
Buona domenica!
Commento a cura di Sr. Piera Cori

 

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