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TESTO Una facile stoltezza

mons. Antonio Riboldi

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/08/2004)

Vangelo: Lc 12,13-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 12,13-21

In quel tempo, 13uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». 14Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». 15E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».

16Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. 17Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? 18Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. 19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. 20Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. 21Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Ci sono parole di Gesù che davvero è come ti scorticassero, tanto sono dure e vere e ci toccano, a volte, da vicino. Colpiscono impietosamente alcune "mode dei nostri tempi", al punto da mettere profondamente in crisi, se si ha ancora la capacità di farci ferire dalla Verità, che mira al nostro vero bene, che è la sola ricchezza da accumulare.

Conosciamo tutti la grande passione, che a volte ci prende, nel culto dell'avere, facendosi così schiavi di idoli, che non hanno eternità, ma sono destinati a morire con noi. E quello che è peggio non riescono minimamente a darci quella felicità, che è l'aspirazione di ogni uomo ed è dono di Dio.

E' facile affermare: "L'uomo vale per quello che ha": non distinguendo così il valore dell'uomo, che non può identificarsi con quello che possiede, ma è nell'amore fatto di libertà interiore: beatitudine che dà in cambio il Regno dei Cieli.

E' tempo questo, nel momento delle ferie, di corse ad esibizioni di benessere e di mode che irridono tutto quello che davvero è bello. Ci si china insensatamente di fronte alla sfrontatezza della moda, al culto della bellezza del corpo, diventato idolo da "adorare e proporre" e non per quello che è: "servo di bene".

E fa davvero tanta rabbia, se non scandalo, vedere come i mass media si pieghino a comunicarci le mode, i piaceri, indifferenti se questi sono il vero servizio al bene dell''uomo, "gloria del Dio che vive". Ma quando si è schiavi delle leggi del mercato, cui non interessa minimamente la dignità dell'uomo e la sua vocazione alla santità, non ci si pone minimamente il problema che la bellezza è altrove: sfiora le bellezze del cielo, se ne fa colorire e dà all'uomo quella luce divina, davanti a cui nessuna bellezza di uomo, vittima del mercato delle vanità, può minimamente fare fronte. Ed ancora meno sfiora come, dietro il mercato della vanità, c'è un mondo 'verò che ogni giorno perde persino la sua somiglianza di uomo, uscito dalle mani di Dio, perché condannato alla fame e alla sete, alla migrazione. "Quelli lì, mi diceva un giorno, con disprezzo, una persona additandomi i poveri di un quartiere, non dovrebbero esistere perché sono come una macchia sul nostro benessere". Ed invece saranno i prediletti di Dio, il giorno in cui saremo giudicati sull'amore.

Possono sembrare dure queste parole, ma sono poca cosa di fronte a quelle che oggi Gesù ci dice. "Disse poi una parabola. "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé. Che farò? Poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia". Ma Dio gli disse: "Stolto, questa stessa notte ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?" Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio" (Lc. 12, 13-21).

Una parabola intrisa di gretto egoismo, senza un minimo accenno alla solidarietà. Possono sembrare parole dure, ma quando la "malattia" è grave, come il culto del benessere, occorre fare del male per guarire...non basta una pillola di belle parole, che a nulla giovano. E se la Chiesa, voce di Gesù, non avverte, non si fa scomoda profezia, fino ad adattarsi quasi al mondo, che Chiesa è?

Scrive don Tonino Bello: "Di fronte alle ingiustizie del mondo, alla iniqua distribuzione delle ricchezze, alla diabolica intronizzazione del profitto sul gradino più alto nella scala dei valori, il cristiano non può tacere. Come non può tacere dinnanzi ai moduli dello spreco, del consumismo, dello accaparramento ingordo, della dilapidazione delle risorse ambientali.

Come non può tacere di fronte a certe egemonie economiche che rendono interi popoli schiavi, riducono al lastrico intere nazioni, provocano la morte per fame a 50 milioni di persone l'anno, mentre per la corsa alle armi, con incredibile oscenità, si impiegano capitali da capogiro. Ebbene quale voce di protesta il cristiano può levare per denunciare queste piovre che, il Santo Padre, nella "sollecitudo rei socialis" ha avuto il coraggio di chiamare strutture di peccato? Quella della povertà!" (A. Bello - Vegliare).

Basta un pizzico di pietà nel riconoscersi tutti, senza eccezione, fratelli, figli dello stesso Padre, per comprendere le parole di condanna di Gesù. Basta guardarci attorno e chiederci come sia possibile, come cristiani, restare indifferenti di fronte a tanti poveri, anche in Italia, che certamente anche in questa estate dovranno affidarsi a chi si prenda cura di loro, perché per loro gli svaghi non esistono. Esiste la fatica del vivere.

Nessuno certamente condanna lo svago...anzi, lo suggeriamo a tutti, come necessario, serio e vero riposo per essere più pronti, poi, ad affrontare la nostra ferialità. Quello che deve impensierire è la chiusura in noi stessi, come se gli altri non esistessero.

A parte il fatto che l'uomo, tutti noi, dovremmo essere ricchi di altra ricchezza, quella della bontà, del distacco dai beni, anche se li possediamo, ed essere "ricchi di Dio". Se poi il Signore ci dà la possibilità di avere i nostri "granai pieni", che questi siano perennemente aperti alla solidarietà, in modo che chi ha fame trovi da mangiare. Questa è vera libertà, che genera povertà e carità.

E che c'è di più bello, diciamolo francamente, di essere disponibili a chi soffre e vedere spuntare nei loro occhi il sorriso di non essere abbandonato, ma di avere trovato posto nel nostro cuore e quindi nelle nostre possibilità?

E' una meravigliosa esperienza, che il Signore mi ha dato da compiere nelle Chiese, cui sono stato mandato. Quanta povera gente ho incontrato! E benedico il Signore. Quante volte mi sono "sporcato le mani" per fare mia la loro miseria e sono felice, alla sera, poter mostrare al Padre le mie mani sporche: ma quella miseria di altri è immensa gioia del Padre. Guai ad avere sempre le mani "pulite", segno di indifferenza. Sappiamo tutti la condanna che meriteremo alla fine.

Diventiamo davvero felici, quando ci priviamo della nostra felicità, per donarla a chi non ne ha. Ed è bello a volte vedere che i nostri 'magazzini' sono vuoti, perché li hanno svuotati i poveri!

Si meravigliava, ricordo, la mia carissima gente di Santa Ninfa', perché non si rendeva conto del fatto che non provvedevo a edificare la mia casa canonica e la Chiesa, distrutte dal terremoto. Io ero felice di essere riuscito a smuovere le coscienze delle istituzioni, al punto che loro incominciavano a ricostruire la loro abitazione. "La mia casa me la sto progettando e costruendo in un posto che niente potrà distruggere. Voi siete i miei mattoni per la carità che ho verso di voi. La mia casa è in Cielo".

Confesso che non scambierei per nessun tesoro del mondo, il sorriso di tanti, ma tanti, che ho incontrato, a cui mi sono donato e che ho visto sorridere, come uscissero da un inferno che non meritavano.

Questo è quello che vuole dirci oggi Gesù. Lo hanno capito e vissuto i santi, tutti, a cominciare da quelli della carità: e noi invidiamo la loro felicità, prima qui in terra tra noi e poi in cielo.

Che Dio vi renda capaci di questa felicità, voltando le spalle a questo mondo, che crede che un uomo è se ha.

"Vanità delle vanità, - dice il Quoèlet - vanità delle vanità e tutto è vanità. Perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo, dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro, che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura" (Quoèlet 2,21-23).
E prego con la S. Madre,Teresa di Calcutta:

"Signore, vuoi le mie mani per passare questa giornata aiutando i poveri e i malati che ne hanno bisogno? Signore, oggi ti do le mie mani.

Signore, vuoi i miei piedi per passare questa giornata visitando coloro che hanno bisogno di un amico? Signore, oggi ti do i miei piedi.

Signore vuoi la mia voce per passare questa giornata parlando con quelli che hanno bisogno di parole di amore? Signore, oggi ti do la mia voce.

Signore, vuoi il mio cuore per passare questa giornata amando ogni uomo, solo perché è un uomo? Signore oggi ti do il mio cuore".

 

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