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TESTO L'onnipotenza è Amore

padre Gian Franco Scarpitta  

Venerdì Santo (Passione del Signore) (18/04/2014)

Vangelo: Gv 18,1- 19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Ciò che Gesù rendeva sacramentalmente visibile durante la Cena per mezzo del pane e del vino che diventavano il suo Corpo e e il Suo Sangue, diventa attualità in questi episodi che seguono e di cui l'evangelista Giovanni si fa' attento descrittore. Infatti, di tutti i racconti inerenti la vita e gli insegnamenti di Gesù, solo sugli episodi della passione gli evangelisti usano tante accuratezze descrittive e Giovanni è particolarmente l'apostolo che vi si dedica con particolare profondità. I racconti dell'arresto, della tortura, del processo, della condanna a morte e della sepoltura si dispiegano in modo plastico e avvincente e non possono non sedurci nel mistero che rappresentano.

Giovanni ci illustra in modo particolare sull'"ora" di Gesù. La stessa che non era ancora giunta quando ci si trovava a Cana di Galilea mentre si consumava un banchetto nuziale dalla durata di nove giorni durante il quale Maria chiedeva al suo Figlio che provvedesse all'improvvisa mancanza di vino nelle tavole ("Che c'è fra me e te o donna? Non è ancora giunta la mia ora"); la stessa a cui fa riferimento Luca, che aveva visto il diavolo allontanarsi da Gesù fallito ogni tentativo di sedurlo e di abbindolarlo nel deserto, "finché non sarebbe giunto il momento opportuno", appunto l'"ora di Gersù". A cosa si riferisce questa "ora"? Questo momento opportuno? Si tratta del momento particolare in cui, per volontà e secondo il disegno del Padre, il diavolo prende il sopravvento inculcando malefici propositi in Giuda Iscariota e rendendo possibile la cattura materiale di Gesù. Questi viene infatti catturato non per la bravura e la solerzia dei suoi aguzzini: questi anzi "indietreggiano e cadono a terra" probabilmente colpiti dalla grandezza inaspettata che si trovano davanti quando compare loro il Messia, dal fascino e dalla potenza divina che ora si traduce in amore. Se Gesù può essere arrestato ciò avviene piuttosto perché "si sta compiendo la loro ora", l'impero delle tenebre. Perché il diavolo ha momentaneamente campo libero per servirsi della perversità e della durezza di cuore dell'uomo ai fini di avere la meglio sul Signore della gloria, il quale accetta ogni oppressione consapevolmente e senza battere ciglio.

Gesù potrebbe in effetti non soltanto fuggire alla cattura, ma anche piegare alla propria volontà i suoi avversari forte della certissima assistenza del Padre suo che gli manderebbe in soccorso ben dodici schiere di angeli. Potrebbe con un cenno ottenere da loro il rispetto e la dovuta obbedienza h si addice al Dio onnipotente e potrebbe anche rivendicare i propri diritti contro Pilato, visto che questi lo sta condannando anche contro la stessa legge romana!

L'imperatore di Roma aveva infatti tolto al sinedrio giudaico il potere di condannare a morte. Esso spettava solo alle autorità romane in caso di comprovati atti sovversivi o di espliciti crimini di estrema gravità. In più, per ciò di cui lo si accusava, Gesù avrebbe meritato al massimo di essere lapidato e non crocifisso. Pilato quindi agisce contro la legge e venendo anche meno al suo dovere di liberare gli innocenti (secondo Roma) e condannare colpevoli come Barabba. Questi era di fatto reo di morte. Pilato "si lava le mani" per pura viltà e per paura di possibili ricorsi dei Giudei, quando invece avrebbe dovuto intervenire per ristabilire la giustizia e noi possiamo concludere che per mezzo suo Gesù libera perfino un assassino (Barabba) dalla morte.

C'è addirittura chi dubita che Gesù avesse avuto un regolare processo di condanna visto che non era lecito giudicare qualcuno durante la notte (come descrive Giovanni) e alla vigilia della Festa degli Azzimi. Gesù avrebbe avuto insomma tutti gli elementi a favore per evitare la morte sulla croce, ma era consapevole che la volontà redentiva del Padre era ben differente per cui vi si sottopone volentieri: il Figlio di Dio deve necessariamente essere riprovato e ucciso per poi risuscitare, perché solo il suo sangue può essere di riscatto per i mali del mondo e solo esso può pagare il prezzo dei nostri peccati. Per questo accetta liberamente e senza riserve il supplizio di croce, preceduto dalla tortura e dalla morte. Se fosse sceso dalla croce o avesse reagito alle percosse e agli insulti, come avrebbe potuto adempiersi il progetto di salvezza del Padre, che prevedeva la disfatta e la morte del proprio Figlio per la nostra salvezza? Come abbiamo appena ricordato, sulla croce Cristo paga il prezzo dei nostri peccati, si addossa le pene e i supplizi e sconta i nostri demeriti rendendoci degni davanti a Dio. Se dovessimo contare esclusivamente sulle nostre qualità o sulle nostre buone azioni, né le une né le altre sarebbero sufficienti a compensare il debito per le nostre mancanze e saremmo irrimediabilmente condannati i partenza. Meno male che Gesù ci ha giustificati davanti a Dio e redenti! Ma solo attraverso la sopportazione di angherie e di ingiuste sofferenza poteva realizzare tale disegno e solo l'AMORE per l'uomo poteva essere capace di tanto.

Apparentemente abbiamo davanti un falso Messia sconfitto, come di fatto sulle prime lo vedranno gli stessi discepoli non appena si sarà conclusa la vicenda della morte e della sepoltura. Ma in realtà egli manifesta la sua potenza e la sua vittoria in ciò che comunemente l'uomo ritiene stolto e inconcepibile, irrazionale e gremito di paradosso: la morte di croce. In essa l'uomo comune intravede un reietto che si lascia condannare senza capacità di reazione e di difesa, un pusillanime e un vile. L'uomo di fede invece, raggiunto dalla singolarità di un Messia Amore, riscontra volentieri un Dio che supera tutte le aspettative e le congetture umane, valica i nostri ambiti di pensiero e le nostre concezioni di potere e di grandezza per mostrarsi Grande in ciò che umanamente è assurdo e inconcepibile. Solo nella misura in cui si configura nel sacrificio e nell'immolazione per gli altri l'amore è reale e non fittizio ed è capace di convincere e di sedurre. Solamente nel patire per gli altri senza riserve sacrificando noi stessi si è davvero capaci di amore per gli altri. Ma allora cosa c'è di più sincero e sorprendente del fatto che Dio che si lasci uccidere ingiustamente per amore dell'umanità, che esponga se stesso all'ignominia, al vituperio e alle percosse per dimostrare quanto ami l'uomo e quanto questi abbia necessità di essere amato? Dio è onnipotente non solamente ( non tanto) nel manifestare la sua credibilità per mezzo di miracoli e di prodigi portentosi, non soltanto nell'aver creato il cosmo. Egli dimostra la sua vera onnipotenza nel più tangibile degli atti d'amore: l'estremo sacrificio sulla croce che merita di essere definito "onnipotente" per il semplice fatto che nessun altro ne sarebbe capace. E dimostra anche che la sua compassione per l'uomo si estende anche alle nostre vicende terrene, alle nostre frustrazioni e alle amarezze di questa vita, alle compagnie scomode del colore e del lutto, alle solitudine, al morbo della violenza e della droga, di fronte a cui Egli resta tutt'altro che indifferente, poiché solo chi ha patito può essere capace di compatire. Le parole della Lettera agli Ebrei (II lettura) ci mostrano nel Cristo non un sacerdote altolocato e irraggiungibile, ma un Messia compassionevole delle apprensioni dell'uomo perché egli stesso è stato in grado di patire - con - noi tutte le sofferenze e ancora oggi completa il suo dolore nella nostra croce di tutti i giorni.

. Egli è paragonabile all'Agnello condotto al macello di cui Isaia 52 - 53, che non oppone resistenza agli insulti e agli sputi e che strazia anche il suo volto esponendosi al ludibrio e all'ignominia ai fini di recuperare l'uomo alla salvezza e alla vita.

Dovremmo cogliere l'invito che ci proviene sempre dalla Lettera agli Ebrei, la quale ponendo un termine di paragone fra l'antico e il nuovo, così ci esorta: "Infatti i corpi degli animali il cui sangue è portato dal sommo sacerdote nel santuario, quale offerta per il peccato, sono arsi fuori dell'accampamento. Perciò anche Gesù, per santificare il popolo con il proprio sangue, soffrì fuori della porta della città. Usciamo quindi fuori dall'accampamento e andiamo a lui portando il suo obbrobrio." (Eb 13, 11 - 13)

Fuori dalla comunità venivano sacrificate le vittime animali il cui sangue si presumeva colmasse le lacune di colpa degli uomini. Fuori dalla città il vero Agnello immacolato sparge il suo sangue per noi facendosi vittima e sacerdote; non ci resta che andare "oltre noi stessi", abbandonare le presunzioni di perfezione e di illibatezza che sono elementi costitutivi di orgoglio e di vanità per appropriarci dei meriti della croce di Cristo.

 

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