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TESTO Imparò l'obbedienza dalle cose che patì

don Luca Garbinetto  

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Venerdì Santo (Passione del Signore) (18/04/2014)

Vangelo: Gv 18,1- 19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Passione significa dolore, sofferenza, fatica. Ma significa anche ardore, desiderio, donazione. La passione ha a che vedere strettamente con l'amore, ne è l'espressione più coinvolgente e allo stesso tempo più drammatica. Nulla di romantico: in Gesù, la passione è lo struggimento di Dio per l'uomo, tanto da lasciarsi sedurre da tanta fragilità e offrire tutto se stesso, per attrarre nuovamente a sé l'amata creatura che lo ha dimenticato. Dio è un innamorato alla ricerca del proprio amato. Dio è un cuore che si dilata per includere nella dimora dell'amore tutti i suoi figli, ai quali dona un passaggio, una Pasqua privilegiata per poter accedere definitivamente alla sua misericordia: il cuore di Gesù!

Il venerdì di passione è il giorno del cuore di Gesù, che si spalanca sull'umanità triste e sconvolta dal peccato per restituirle la dignità perduta. E il nome di questa dignità, così poco capito e poco apprezzato nella cultura narcisista ed egocentrica in cui viviamo, è l'obbedienza. Per l'obbedienza di Gesù, portata all'estrema conseguenza dello smarrimento di sé nella ricerca del'altro, siamo resi tutti giusti (cfr. Rm 5,19). E l'obbedienza ha il duro prezzo della passione, che lacera il cuore, la carne, lo spirito. Gesù ha pagato tutto questo prezzo! Ne rimaniamo sbalorditi, come intontiti: quale inaudito amore può portare il Signore del mondo a percorrere la via dell'obbedienza fino a simili profondità? Ne siamo destinatari infinitamente lontani dal comprenderne la bellezza.

Noi parliamo di obbedienza rifiutandone superficialmente il valore. E nel frattempo non ci accorgiamo di cadere dentro il vortice della sua più rovinosa caricatura. Chi si proclama autonomo e indipendente, chi si crede adulto capace di gestirsi da solo, chi rivendica l'autodeterminazione come la legge suprema appellandosi a una coscienza sacra, ma poco illuminata, non si accorge di smarrire progressivamente per strada la propria dignità di uomo. E ne pagano le spese gli altri, sottomessi, oppressi, emarginati. Sono sottili le insidie del demonio, di cui Gesù è vittima, ma vincitore: ‘Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!'
C'è un'obbedienza sbagliata.

Alla legge, fine a se stessa. Diventa legalismo, ottusità, bigottismo. Si capovolgono i valori, si antepone la norma al suo significato, si prediligono i confini di demarcazione anziché i territori liberi e i percorsi che essi delimitano. Ne consegue il rifiuto dell'umano, dello spazio per la relazione, della dimora dell'incontro. Chi obbedisce alla legge come i farisei e i sacerdoti d'Israele predica la vita, ma semina la morte. Premurosi fino ai minimi dettagli, perdono di vista l'insieme e soprattutto la radice, che è l'amore. Non è questa l'obbedienza di Gesù.

Si può obbedire anche alla paura, come i discepoli, come Pilato stesso. Nessun principio di avversione verso il giusto, e nel cuore una vaga intuizione che c'è qualcosa di più, che il senso delle cose va cercato più in profondità. Ma questo costa fatica, c'è da rischiare. E osare significa provare vertigine, sentirsi mancare la terra sotto i piedi. Meglio andare sul sicuro, evitando di essere messi alla berlina del pubblico. Chi obbedisce alla paura si accontenta di essere considerato un inetto, forse anche un poco di buono. E rinuncia alla fonte della vita che porta dentro, rinuncia anche a cercarla davvero. Bloccato in un presente meschino e opaco, si siede e si lava le mani, come se la realtà non lo toccasse più sul vivo. Nemmeno questa è l'obbedienza di Gesù.

C'è anche la spudorata obbedienza alla menzogna, così pericolosa da oscurare completamente lo sguardo anche di fronte all'evidenza. Così Caifa si trasforma in paradossale profeta, pronunciando parole che vengono palesi dalla storia, ma negando a se stesso la verità. Chi coltiva il falso nel suo cuore, semina morte. È l'opera del Maligno, bugiardo e assassino. Gesù combatte questa obbedienza.

Gesù è la verità. Ed è questa l'obbedienza che Egli pratica, fino alle estreme conseguenze. Gesù non nasconde a sé e all'uomo l'identità profonda del suo essere e del nostro essere. Siamo creature divine, ma siamo anche peccatori: grandezza e miseria. E in questa verità si innesta la meraviglia più grande: Dio ci restituisce l'intimità con Dio, la nostra immagine iscritta nel cuore, il suo volto tenero e forte. In Gesù, il Padre ci perdona. Perdonare vuol dire ricostruire, riportare a unità, aggiustare i pezzi frantumati dall'errore. Perdonare significa trasfigurare il volto lacerato dal male. Gesù compie la verità, ne percorre fino alla fine la strada. Non si ferma ai piedi del Calvario, in Lui la promessa di Isaia 52,13-53,12 si traduce in vita.

Gesù è obbediente alla vita. La vita è intrecciata con la morte. Non vi è scampo. Da quando la libertà dell'uomo ha rifiutato l'amore gratuito di Dio, c'è da vivere in tutto e per tutto il mescolarsi doloroso della bellezza e dell'orrore. Gesù non si tira indietro, non scappa, sebbene sente, come noi, tutta la tentazione di farlo. Gesù è stato obbediente per tutti gli anni di Nazareth alle esigenze della ferialità, e ha fedelmente percorso le pieghe della normalissima storia dell'uomo, di ogni uomo. Famiglia, lavoro, relazioni: lì è obbediente, per questo può essere obbediente anche sulla croce. Il sì quotidiano prepara i pochi grandi sì della vita. Nei giorni, Gesù è presente e vivo; per questo il Padre lo renderà forte e lo riporterà alla vita nel Giorno definitivo.

Gesù è obbediente alla volontà del Padre. Che è lo stesso di quanto già detto. Il pallino della vita di Gesù, la verità della sua esistenza è e sarà sempre fare la volontà del Padre. Il che significa fondamentalmente che Gesù non è solo, mai. Anche quando si sente abbandonato, non cede all'illusione di crederci. E grida, nello sconforto, la più intensa preghiera: ‘Padre mio...!' Fare la volontà del Padre vuol dire stringersi a Lui per non perdersi, e perdere se stesso per poter stare con Lui. Obbedienza al Padre è obbedienza all'identità più profonda del suo essere, nel quale dimora la Trinità. Gesù è sempre in rapporto con le altre Persone della Trinità.

Lo siamo anche noi. E lo siamo anche nella sofferenza, nell'angoscia, nella morte. Quando tutto, attorno, ci urla addosso che siamo soli e abbandonati, alziamo lo sguardo al Crocifisso, che ci attira, perché è come noi, e gridiamo a Lui più forte ancora. La nostra preghiera ci restituirà, nel solco doloroso della nostra croce, il seme più bello e più vero: la presenza amorosa del Padre.

 

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