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TESTO La Passione del Signore

dom Luigi Gioia  

Domenica delle Palme (Anno A) (13/04/2014)

Vangelo: Mt 26,14-27,66 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 14uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti 15e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. 16Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo.

17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 18Ed egli rispose: «Andate in città da un tale e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». 19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.

20Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. 21Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». 22Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». 23Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. 24Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». 25Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».

26Ora, mentre mangiavano, Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il mio corpo». 27Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, 28perché questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei peccati. 29Io vi dico che d’ora in poi non berrò di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi, nel regno del Padre mio».

30Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 31Allora Gesù disse loro: «Questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo. Sta scritto infatti:

Percuoterò il pastore

e saranno disperse le pecore del gregge.

32Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». 33Pietro gli disse: «Se tutti si scandalizzeranno di te, io non mi scandalizzerò mai». 34Gli disse Gesù: «In verità io ti dico: questa notte, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». 35Pietro gli rispose: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dissero tutti i discepoli.

36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: «Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare». 37E, presi con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, cominciò a provare tristezza e angoscia. 38E disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me». 39Andò un poco più avanti, cadde faccia a terra e pregava, dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!». 40Poi venne dai discepoli e li trovò addormentati. E disse a Pietro: «Così, non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora? 41Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». 42Si allontanò una seconda volta e pregò dicendo: «Padre mio, se questo calice non può passare via senza che io lo beva, si compia la tua volontà». 43Poi venne e li trovò di nuovo addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti. 44Li lasciò, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole. 45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ecco, l’ora è vicina e il Figlio dell’uomo viene consegnato in mano ai peccatori. 46Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

47Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». 49Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. 50E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. 51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?». 55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. 56Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.

57Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. 58Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.

59I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; 60ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, 61che affermarono: «Costui ha dichiarato: “Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni”». 62Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio». 64«Tu l’hai detto – gli rispose Gesù –; anzi io vi dico:

d’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo

seduto alla destra della Potenza

e venire sulle nubi del cielo».

65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; 66che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!».

67Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, 68dicendo: «Fa’ il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».

69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». 70Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici». 71Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». 72Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell’uomo!». 73Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». 74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!». E subito un gallo cantò. 75E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.

1Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. 2Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.

3Allora Giuda – colui che lo tradì –, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d’argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, 4dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!». 5Egli allora, gettate le monete d’argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. 6I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». 7Tenuto consiglio, comprarono con esse il «Campo del vasaio» per la sepoltura degli stranieri. 8Perciò quel campo fu chiamato «Campo di sangue» fino al giorno d’oggi. 9Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d’argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d’Israele, 10e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore.

11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». 12E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. 13Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». 14Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito.

15A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. 16In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. 17Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». 18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.

19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua».

20Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. 21Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». 22Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». 23Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».

24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». 25E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». 26Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

27Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. 28Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, 29intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». 30Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. 31Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.

32Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce.

33Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», 34gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. 35Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. 36Poi, seduti, gli facevano la guardia. 37Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei». 38Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.

39Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo 40e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». 41Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: 42«Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. 43Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». 44Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.

45A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. 46Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». 47Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». 48E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. 49Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». 50Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.

51Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, 52i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. 53Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti.

54Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».

55Vi erano là anche molte donne, che osservavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per servirlo. 56Tra queste c’erano Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo.

57Venuta la sera, giunse un uomo ricco, di Arimatea, chiamato Giuseppe; anche lui era diventato discepolo di Gesù. 58Questi si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato allora ordinò che gli fosse consegnato. 59Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito 60e lo depose nel suo sepolcro nuovo, che si era fatto scavare nella roccia; rotolata poi una grande pietra all’entrata del sepolcro, se ne andò. 61Lì, sedute di fronte alla tomba, c’erano Maria di Màgdala e l’altra Maria.

62Il giorno seguente, quello dopo la Parasceve, si riunirono presso Pilato i capi dei sacerdoti e i farisei, 63dicendo: «Signore, ci siamo ricordati che quell’impostore, mentre era vivo, disse: “Dopo tre giorni risorgerò”. 64Ordina dunque che la tomba venga vigilata fino al terzo giorno, perché non arrivino i suoi discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: “È risorto dai morti”. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». 65Pilato disse loro: «Avete le guardie: andate e assicurate la sorveglianza come meglio credete». 66Essi andarono e, per rendere sicura la tomba, sigillarono la pietra e vi lasciarono le guardie.

C'è qualcosa che l'uomo della Bibbia teme ancora più della sofferenza fisica, del dolore e delle prove della vita. C'è una forma di sofferenza più grande e più profonda legata direttamente alla relazione con il Signore. Una forma di sofferenza che più di ogni altra chiude l'orizzonte e fa paura. Questa forma di sofferenza è espressa ogni volta che vediamo il salmista gemere in espressioni di questo tipo: Perché Signore, ti tieni lontano, nel momento di pericolo ti nascondi? oppure: Dirò a Dio, mia roccia, perché mi hai dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico? oppure ancora in un altro salmo: Perché sono colpito tutto il giorno e fin dal mattino sono castigato? Se avessi detto: "Parlerò come loro", avrei tradito la generazione dei tuoi figli. Riflettevo per comprendere, ma fu una fatica ai miei occhi.

Questi versetti di salmi esprimono l'esperienza della confusione, della vergogna, due parole molto importanti nell'Antico Testamento. Confusione e vergogna: "Ho sperato nel Signore, ho creduto nella sua parola, mi sono fidato di lui, mi sono appoggiato su di lui, ma ecco che sono umiliato. Ecco che trionfa' chi fa il male, chi non crede in te, chi non ha messo in te la sua speranza. Ecco che sono confuso, che non capisco più nulla, che sono tentato di vergognarmi della mia fede".

Ciò che umilia profondamente, ciò che riempie di confusione e di vergogna l'uomo biblico - e questo è il contesto nel quale queste due parole sono spesso utilizzate -, è il fatto di non capire: Riflettevo per comprendere, ma fu una fatica ai miei occhi.

Ci sono, nella vita, delle forme di dolore molto acute, lancinanti, come ad esempio quella del parto o ancora come quella di un lavoro poco gratificante e duro. Ma nel caso del parto, sapere che è per avere un figlio, oppure nel caso di un lavoro duro o poco gratificante sapere che è per garantire alla propria famiglia la sussistenza necessaria, aiuta, da forza, permette di affrontare la prova, la sofferenza, le difficoltà con coraggio. Nulla, infatti, ci è più di conforto, nei momenti difficili, del fatto di capire il senso di quello che viviamo, di vedere dove ci conduce, di avere una prospettiva positiva a cui anelare e in cui sperare.

La relazione con il Signore, la vita di fede, la parola di Dio danno le chiavi per capire, ci aprono al senso più profondo della vita e ci permettono di affrontare con serenità anche ciò che tutti temiamo di più, la morte stessa. La fede è più forte della morte. Il senso che dà la fede permette di non restare confusi, senza parole, senza speranza, davanti alla morte.

Però ci sono delle circostanze nella vita, ci sono delle situazioni, nelle quali proprio chi mette tutta la sua fede e tutta la sua speranza in Dio, proprio chi cerca maggiormente di affidarsi a lui, proprio chi -magari con i suoi limiti, ma mettendoci tutta la buona volontà- cerca di fare la volontà di Dio, ebbene, proprio questa persona ad un certo punto vede l'orizzonte chiudersi. Non capisce più quello che sta succedendo, comincia ad essere tentata di dubitare dell'amore del Signore, comincia a dubitare che il Signore abbia veramente il controllo della storia. Ed in queste occasioni, lentamente, spesso con grande sofferenza, si insinua il tarlo del dubbio. A volte, quando la sofferenza è particolarmente acuta, quando l'angoscia è profonda, quando le situazioni diventano veramente difficili, si può scivolare nella disperazione.

Basta guardarci intorno. Si può andare dai casi generali ai casi più particolari.

Quanto spesso si assiste impotenti al trionfo delle logiche di disonestà e di menzogna. Quanto spesso vediamo la giustizia calpestata. Oppure quanto spesso nelle nostre vite vediamo che proprio lì dove abbiamo cercato di fare il bene, raccogliamo il male, il rifiuto. Oppure mali inaspettati ci affliggono, non solo fisicamente, ma soprattutto moralmente e ci schiacciano, fino a toglierci anche la voglia di pregare, fino a corrodere ogni slancio, ogni entusiasmo. In questi frangenti precipitiamo in una grande oscurità e impotenza, la speranza vacilla, il senso di quello che viviamo ci sfugge e soprattutto siamo tentati di dubitare di Dio. Diventa vera per noi allora l'espressione del salmista citata sopra: Riflettevo per comprendere, ma fu una fatica ai miei occhi. In queste situazioni riflettiamo per comprendere, per trovare il senso di quello che viviamo alla luce della fede, alla luce della Parola di Dio, ma è una fatica ai nostri occhi e restiamo senza risposte.

Ma proprio nel momento di più grande oscurità, lentamente, faticosamente, il Signore ci conduce in una dimensione nuova, più vera, della relazione con lui. Il drammatico racconto della Passione di oggi ci aiuta a comprendere come questo avviene.

In questi momenti, prima di tutto, è fondamentale non colpevolizzarsi. Quando vediamo il nostro cuore vacillare, quando vediamo che in questi momenti perdiamo lo slancio che aveva animato fino ad allora la nostra vita di fede, quando vediamo che l'entusiasmo che ci aveva sempre caratterizzati si diluisce, quando vediamo che non riusciamo a reagire positivamente come vorremmo - ebbene, in questi momenti non dobbiamo temere, perché il Signore non solo non ci condanna, non solo non ci giudica, ma ci fornisce lui stesso le parole per esprimere questa sofferenza, per trasformarla in preghiera. In questi momenti di impotenza tutto quello che possiamo fare è cercare di trasformare questa impotenza in preghiera.

In particolare ci sono le parole dei salmi citati prima, ma soprattutto quello che la liturgia di questa domenica delle palme ci propone oggi. Le parole che ci sono offerte sono quelle del salmo 21, le stesse che Gesù ha pronunciato sulla croce: Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?

In questo la nostra fede e la nostra relazione con il Signore sono veramente grandi: in esse non vi è spazio solo per il ringraziamento e la lode o solo per il lamento e la supplica. Nella nostra fede, nella nostra preghiera, nella nostra relazione con il Signore, vi è spazio anche per la delusione, vi è spazio per l'amarezza e vi è spazio anche per la collera. Non bisogna aver paura di dirlo: vi è spazio anche per la disperazione. Sembra un paradosso, ma è vero: nella nostra relazione con il Signore vi è spazio anche per la disperazione.

E' un errore cercare di attenuare il carattere inaudito, scandaloso, del grido di Gesù sulla croce, del Figlio che dice al Padre, di Dio che dice a Dio: Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Colui che è venuto come nostro modello, colui al quale dobbiamo guardare per capire cosa voglia dire essere figli del Padre ci appare in questo momento supremo non in una serena accettazione della volontà di Dio. Al contrario, lo vediamo gridare la sua disperazione, il suo dolore, la sua sofferenza, la sua solitudine. Il Figlio dice al Padre: perché mi hai abbandonato? Non dobbiamo cercare di attenuare lo scandalo di questo grido. Se il Signore ha spinto il suo abbassamento, la sua confusione, la sua umiliazione e la sua sofferenza fino a voler fare l'esperienza di questa disperazione, fino a voler gridare questa disperazione, abbiamo il dovere di prenderla sul serio. Abbiamo il dovere di accettarne le conseguenze.

La vita di fede non è una vita beata, nella quale possono succedere delle cose che ci affliggono esteriormente, ma con la perenne garanzia della serenità e della pace interiori. Purtroppo no. La vita di fede non ci risparmia queste esperienze limite, non ci risparmia questa solitudine, non ci risparmia questa angoscia. La vita di fede ci chiede, non di ignorarle, non di sminuirle, ma veramente di gridarle, proprio come ha fatto Gesù. Gesù non ha cercato di nascondere né a se stesso, né al Padre, né a noi, questo momento di disperazione, questo momento di angoscia, questo momento di solitudine, ma lo ha manifestato e lo ha addirittura gridato. Quindi se lo ha fatto lui è perché vuole che ci sentiamo autorizzati a farlo anche noi, in lui, con lui, grazie a lui.

C'è una frase del salmo 66 che rischia di passare inosservata, ma che forse meglio di qualunque altra esprime questo aspetto paradossale della relazione con Dio e della vita di fede: persino la collera dell'uomo ti da gloria. Questa è parola di Dio. Questa frase del salmo ci insegna che diamo gloria a Dio essendo veri, essendo autentici davanti a lui. Diamo gloria a Dio lodandolo, quando siamo nella gioia o quando sentiamo o scopriamo i motivi per lodarlo; diamo gloria a Dio ringraziandolo per i suoi benefici; diamo gloria a Dio adorandolo per la sua grandezza. Ma siamo veri, siamo autentici, nella nostra relazione con Dio, diamo gloria a Dio soprattutto quando abbiamo il coraggio di presentargli la nostra umiliazione, la nostra incapacità di capire, la nostra sofferenza, la nostra rivolta interiore, la nostra collera.

In questa settimana santa lasciamo che il Signore ci liberi da tutto quello che ci ostacola nella relazione con lui. E questo grido di Gesù sulla croce: Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato? ci aiuti a capire fino a che punto il Signore vuole essere con noi e vuole che noi restiamo con lui. Il Signore vuole essere con noi fin nella tenebra nella quale siamo tentati di dubitare della sua presenza, vuole che noi restiamo con lui in questo momento nel quale siamo esposti a questo grido di disperazione, a questo grido di solitudine, di angoscia che dobbiamo saper accogliere come un grido che è stato fatto per noi e che Cristo è sempre pronto a ripetere con noi per liberarci.

 

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