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TESTO Io sono la risurrezione e la vita

dom Luigi Gioia  

V Domenica di Quaresima (Anno A) (06/04/2014)

Vangelo: Gv 11,1-45 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 1un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

 

Forma breve: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45

In quel tempo, 3le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

33Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.

Nel mezzo del Vangelo di oggi risuona una frase terribile, una frase che forse più di ogni

altra esprime l'essenza di ogni incredulità, di ogni nostra chiusura del cuore nei confronti del Signore. Una frase che, a pensarci bene, ricalca esattamente quella di satana quando tenta Gesù nel deserto. Irrompe in un momento di grande dolore per Gesù. Il suo amico Lazzaro è morto. Gesù amava Lazzaro e le sue sorelle. Quando vede il dolore delle sorelle di Lazzaro si commuove profondamente, si turba e scoppia in pianto e, in una forma di trasfigurazione più impressionante ancora di quella del Tabor, rivela il suo amore per noi, la sua compassione, la sua vicinanza, la verità della sua amicizia, l'assoluta autenticità della sua umanità. Ma proprio nel cuore di questa teofania, di questa manifestazione della compassione del Signore, spunta fuori questa frase terribile: Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva far sì che costui non morisse?».

Non sentiamo forse in queste parole terribili l'eco delle parole di satana nel deserto? Se sei il figlio di Dio, dì che queste pietre diventino pane. "Se sei figlio di Dio puoi far sì di non aver bisogno di nessuno per sfamarti, per avere tutto quello che vuoi, per fare tutto quello che vuoi, per risparmiarti ogni sorta di dolore, ogni sorta di sofferenza, ogni sorta di mancanza".

Non percepiamo forse, in questa frase terribile, l'eco degli scherni che pronunceranno coloro i quali assistono all'agonia di Gesù sulla croce? Ha salvato altri, salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio. "Se è lui il Figlio di Dio, se è lui Dio, non può far sì che proprio in questo momento la croce scompaia? Non può egli scendere dalla croce?".

La similarità di queste frasi è inequivocabile. Sono parole terribili, non solo sulla bocca di satana, ma soprattutto su quella di noi uomini.

Anche di fronte a Gesù che viene incontro al nostro dolore, che non lo guarda dal di fuori, ma lo condivide, che si commuove, che è turbato e piange con noi; anche in presenza della rivelazione del vero volto di Dio come di un Dio che piange con noi; anche di fronte a tutto questo non crediamo che faccia sul serio, dubitiamo del suo amore per noi, abbiamo il coraggio di muovergli dei rimproveri. Non vediamo quello che Dio fa con noi in Gesù - vediamo solo quello che non fa o che crediamo non faccia per noi.

Questa frase mostra fino a che punto è compromessa e falsata la nostra concezione di Dio, la nostra concezione dell'amore. E' una concezione dell'amore a basso prezzo. E' una concezione paternalista, quella cioè di un amore che pretende di aiutare senza scomodarsi, che è forse assistenzialismo ma non "com-passione", "patire insieme", "patire con amore". E' qui che tocchiamo con mano con più evidenza ed urgenza il nostro bisogno di conversione. E' qui che scopriamo fino a che punto siamo prigionieri dei sepolcri della nostra incredulità, della nostra durezza di cuore, della nostra incapacità di riconoscere il Signore, di sapere chi è il Signore.

La prima lettura insiste proprio su questo punto: Voi saprete che io sono il Signore. Abbiamo bisogno di sapere che Dio è il Signore. Abbiamo bisogno di imparare cosa vuol dire che Dio è Signore. Come e in cosa è veramente unico. Come e in cosa è veramente grande, veramente onnipotente. Non come lo saremmo noi se fossimo Dio, ma come lo è lui, in questa maniera unica, scandalosa - in questa maniera che ci fa reagire con la durezza di cuore che vediamo espressa in questa frase del Vangelo.

Dio viene ad aprire prima di tutto i sepolcri della nostra durezza di cuore. Ci viene incontro non imponendosi a noi con delle prove di forza, non seducendoci con dei gesti strabilianti di magia o dei miracoli che lo metterebbero al di sopra di noi. Viene a noi come Dio in Gesù forte solo della sua totale condivisione della nostra esperienza della morte. Gesù ha voluto sperimentare tutta la realtà della morte fino al punto da accettare di soffrire per la morte di un amico. Ha voluto condividere le sofferenze, le lacrime e soprattutto il tormentato cammino verso la speranza di Marta e di Maria, proprio nel momento nel quale erano afflitte da un grande dolore. Ha voluto essere esposto al cattivo odore della morte, al disgregamento, all'ineluttabile disfacimento che essa comporta: Signore, non possiamo rotolare via la pietra del sepolcro, perché già la morte ha fatto il suo lavoro. Gesù, coraggiosamente, si espone alla morte in tutte le sue dimensioni, va incontro a essa esponendosi pienamente a tutto il suo orrore. E alla fine abbraccia lui stesso questa morte, muore veramente anche lui, è anche lui rinchiuso in un sepolcro.

Si realizza in questo modo la profezia della prima lettura: Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri». Nessuno, nemmeno il profeta Ezechiele, però poteva aspettarsi che il Signore non sarebbe venuto ad aprire i sepolcri dal di fuori, ma dal di dentro. Non sarebbe venuto ad aprirli con una prova di forza, ma con un gesto di condivisione e di compassione. Questo dobbiamo ricordare nel momento del dolore, del lutto, della prova, quando diciamo: "Signore, dove sei?". Il Signore sta piangendo con me, è nel dolore con me, muore con chi amo e soffre con me che resto nel lutto da solo. Attraverso questa sua compassione, il Signore semina in me i germi della fede e della speranza che sono, appunto, la resurrezione e la vita.

Infatti, già la fede e la speranza sono resurrezione e sono vita.

Se leggiamo attentamente il Vangelo della resurrezione di Lazzaro scopriremo che il momento nel quale il sepolcro è aperto, non è quando è tolta la pietra che lo teneva chiuso. La pietra tolta in quel momento infatti si sarebbe richiusa di nuovo sullo stesso Lazzaro e su Marta, su Maria, su tutti i Giudei e su tutte le persone che erano presenti nel giro di pochi anni. Il sepolcro non si è aperto con il rotolamento della pietra - quello era solo un segno, come sono segni tutti i miracoli nel Vangelo di Giovanni - segno, cioè invito a cercare altrove il senso profondo di cosa voglia dire aprire i sepolcri, risorgere dai morti.

Il sepolcro, in realtà, è stato aperto quando Gesù ha condotto Marta a confessare: "Sì, o Signore, io credo. Io credo che tu sei il Cristo. Io credo che tu sei il figlio di Dio, colui che viene nel mondo". Cosa è la resurrezione? Cosa è la vita? Cosa è l'apertura dei sepolcri? Non sono una cosa, ma una persona: Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà. Vedete come è la fede l'apertura del sepolcro, è la fede il trionfo sulla morte. Chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. A noi, come a Marta, Gesù pone questa domanda: Credi questo? A noi in questo momento, di nuovo, per aprire i nostri sepolcri, il Signore pone questa stessa domanda: Credi questo?

"Io sono il Signore, io sono la resurrezione e la vita, da questo saprete che io sono il Signore". Sappiamo che lui è il Signore, che lui è la resurrezione e la vita, quando e perché crediamo e speriamo in lui. Lo sappiamo quando e perché vediamo che il nostro amore per lui è più forte della nostra paura della morte. Si tratta di un processo, cioè di qualcosa che non possiamo conquistare una volta per tutte. Abbiamo infatti bisogno che Gesù ce lo insegni di nuovo ogni giorno, in ogni momento. Ed è per questo che Gesù non opera per mezzo di una parola che cade dall'alto, ma venendo a condividere la nostra paura e il nostro dolore.

Ecco la nostra resurrezione. Ecco l'istante nel quale i sepolcri si spalancano. Ecco l'istante nel quale la vita, lo Spirito discende nei nostri cuori per abitare in noi. E' l'istante nel quale diciamo con il cuore e con la vita: "Credo in te, Signore". Questo atto di fede si erge contro ogni evidenza contraria, non vacilla anche di fronte all'ineluttabilità e alla bruttezza della morte, anche nella prova, anche nel dolore, anche nella confusione. Questo "Credo in te, Signore" vuol dire che ti riconosco con me nel mio dolore, o Signore; che riconosco che mi ami, o Signore, non perché mi risparmi il dolore e la morte, ma perché vieni a portarli con me; che ti riconosco, che credo in te perché vieni a trasformare questo dolore, questa morte in via di ritorno al Padre, vieni a trasformarli in un amore che non muore, in un amore che è più forte della morte.

Ecco dunque la nostra resurrezione: "Credo in te, o Signore".

 

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