TESTO Morte, qual è la tua ragion d'essere?
padre Gian Franco Scarpitta Chiesa Madonna della Salute Massa Lubrense
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V Domenica di Quaresima (Anno A) (06/04/2014)
Vangelo: Gv 11,1-45

In quel tempo, 1un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Forma breve: Gv 11, 3-7.17.20-27.33b-45
In quel tempo, 3le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!».
17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
33Gesù si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».
38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».
45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui.
Il male e la morte sono incognite perenni della vita umana, cui tutti si cerca da sempre di dare un senso. Ma soprattutto da sempre l'uomo cerca di avere ragione di esse e se c'è una verità che possa soddisfarlo definitivamente, questa è quella di dare una soluzione risolutiva al problema del trapasso. Umanamente parlando, è vero solo ciò che soddisfa nell'immediato e trovare una risposta al problema della morte è quanto mai immediato e urgente. Ci si è tanto adoperati a trovare una spiegazione al fenomeno della morte lambiccando di fronte ai cadaveri di persone care o di persone ingiustamente scomparse prematuramente; ci si è dati alla filosofia per risolvere invano questo dubbio assillante, all'idea di oltretomba giusto per trovare rifugio e consolazione...
Eppure la rivelazione è fatta per soddisfare l'uomo e questo anche a proposito del tema della morte. Il Vangelo odierno mostra interesse sul fatto di dover morire, nella misura in cui la Parola della scorsa Domenica (sul cieco nato), cercava di farci riflettere sul dolore e sulla malattia.
Nelle pagine bibliche dell'Antico Testamento si evince come Dio sia il Dio dei vivi e non dei morti ed è significativo che questo Signore onnipotente sia in grado di sconfiggere la morte anche nelle situazioni più impensabili e per noi inconcepibili. Ezechiele, in un certo episodio descritto in una valle inaridita nella quale le ossa poco per volta riprendono vitalità ricomponendosi in un corpo organico (Ez 37, 1 e ss), mostra la tenacia della potenza di Dio che non solamente è capace di avere ragione sulla morte e sul nulla, ma anche di trarre da questo nulla ogni cosa all'esistenza. Nello Spirito Santo e in forza della sua stessa Parola di profezia, Dio ricompone le membra e le giunture lungo le ossa abbandonate e in preda al vento e alla polvere, recuperando ad esse vitalità e semovenza. La vita poco per volta ha prevalenza sulla morte soprattutto perché ciò che era destinato alla senescienza assuma un po' per volta dinamismo e creatività. Quelle ossa rappresentano tutto il popolo d'Israele abbandonato a se stesso e deperito per il peccato e per la dispersione morale, al quale Dio ridona la vita e la consistenza "aprendo le loro tombe" e risuscitandolo da morte (I Lettura). Anche in Isaia il Signore viene visto come colui che richiama alla vita coloro che sono defunti e che Dio abbia potere sulla morte e sulla disperazione è la risposta alle sopraccitate attese di riscatto esistenziale dell'uomo. Solo il Dio dei vivi può porre fine alla questione sulla morire in modo soddisfacente, soprattutto perché nella sua rivelazione egli mostra la propria onnipotenza nei caratteri di amore e di auto donazione.
Scrive Hermann Hesse: ""Il richiamo della morte è anche un richiamo d'amore. La morte è dolce se le facciamo buon viso, se la accettiamo come una della grandi, eterne forme dell'amore e della trasformazione." Non che per il nostro Dio la morte in se stessa sia un costitutivo dell'amore: essa è pur sempre occasione di sgomento, di angoscia e di trepidazione. Umanamente parlando la morte è un avversario che a volte colpisce all'improvviso, un imprevisto che non di rado ci coglie impreparati e che non può non essere spesso legittima interpretazione di ingiustizia e di cattiveria del destino. Specialmente nelle circostanze di gravissimo lutto, la morte è pur sempre una nemica acerrima e non di rado può apparire un'atrocissima sconfitta per noi.
Non può Dio per amore volere la morte soprattutto di un bambino o di un innocente e non può neppure compiacersi che il suo spettro possa dilagare indisturbato nella nostra convivenza per deprimere tutti coloro che ne sono interessati direttamente o che soffrono per la scomparsa delle persone care. Piuttosto è vero che "la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza coloro che vi appartengono" (Sap 2, 24).
Tuttavia in Dio la morte diventa occasione perché l'Amore assuma consistenza. Semplicemente perché nell'amore Dio debella definitivamente la morte ed essa è pertanto il banco di prova del fatto che Dio vince. Il Dio dei vivi che ridona vitalità alle ossa inaridite mostra nei confronti della disfatta e della morte un potere che solamente il suo Amore può giustificare e ciò soprattutto in un evento concreto: il Risorto Gesù Cristo suo Figlio. Questi affronterà la profondità oscura del sepolcro dopo essersi sottomesso allo strazio del dolore e del trapasso atroce. Non ha voluto eludere lo smarrimento precedente al morire e neppure si è sottratto alla prospettiva della morte, ma ha reclinato normalmente il capo perché la sua vita avesse il normale compimento nel comune trapasso umano. Ha affrontato insomma la morte deliberatamente e senza ritrosie, sperimentando ciò che di più deplorevole possa provare un uomo comune nella prospettiva del decesso. Ma la sua resurrezione, cioè la sua uscita dalla tomba ribaltandone i massi, le ripetute apparizioni ai discepoli e l'evidenza del suo corpo non più corruttibile ma rifulgente di gloria e indefinita, suggerisce che in Cristo suo Figlio Dio ha saputo vincere la morte con la forza dell'amore. La resurrezione di Cristo è la vittoria della vita sulla morte in ragione dell'Amore.
E proprio questo è il vero significato del presente miracolo di resurrezione di Lazzaro, che non può non risvegliare attenzione per la sua straordinaria singolarità.
Gesù, davanti al loculo e all'epitaffio dell'amico, dimostra di essere pari agli altri uomini quanto a dolore e compassione: anche lui come tutti prova angoscia, turbamento e disanimo nel constatare come qualcuno che prima aveva condiviso con lui amicizia e interazione adesso è venuto irrimediabilmente a mancare. Come si può restare indifferenti e abulici nell'evenienza di un lutto per il quale proveremo per tanto tempo un incolmabile vuoto di angoscia? Come poter non mutare il nostro aspetto e il nostro atteggiamento alla presenza di un fatto di perdita definitiva? Gesù non è eccezionale rispetto agli altri nel piangere la scomparsa di un amico.
Tuttavia, proprio perché l'Amore ha la meglio sulla morte, per cui Gesù facendosi forte della sua comunione di Amore con il Padre riversa questa sul cadavere di Lazzaro, richiamandolo a vita nonostante il processo di putrefazione in atto (era di quattro giorni). La resurrezione di Lazzaro è preludio a quella che sarà la Resurrezione della sconfitta definitiva della morte, un'anticipazione di questa vittoria del Signore indomito e indiscusso che da' un saggio della sua vittoria personale sulla morte in questo avvenimento di Betania che ci invita a coltivare fiducia e speranza nella resurrezione futura, poiché la vittoria della vita sulla morte ci rende edotti anche del nostro trionfo su quello che da sempre consideriamo il più deprezzabile di tutti i nostri mali. Nella risurrezione di Lazzaro riscontriamo che al momento della nostra dipartita da questo mondo saremo indirizzati all'incontro definitivo con Dio e per ciò stesso alla vita piena se ci saremo attenuti al Dio della vita Risorto e il nostro destino sarà per ciò stesso non quello della sconfitta ma della vita eterna.
Con una vena di profondo pessimismo sui mali della vita, Ungaretti scriveva che "La morte si sconta vivendo", perché essa sarebbe preferibile alle vicende nefaste della vita e giorno per giorno noi saremmo sempre più indirizzati verso la fine. In realtà la morte si vince vivendo ma ciò è possibile con l'arma dell'amore.
Se l'Amore è sinonimo di vittoria della vita sulla morte, esso diventa indispensabile perché anche noi possiamo non vivere da morti la vita. Nell'amore e nella solidarietà, che scaturiscono dalla fede sincera e dalla speranza radicale, si sconfigge ogni giorno la mina vagante della morte continua, che ci è data nient'altro che dal peccato e dalla perseveranza nell'errore. Nell'amore si trova invece la verità che rende liberi (Gv 8, 13) e nella sua prassi in essa si persiste per coseguire costantemente la pienezza della vita. Amare vuol dire vivere. Peccare è mancare alla vita vivendo da morti la vita.