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TESTO Quando pregate dite ...

don Fulvio Bertellini

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (25/07/2004)

Vangelo: Lc 11,1-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». 2Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:

Padre,

sia santificato il tuo nome,

venga il tuo regno;

3dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,

4e perdona a noi i nostri peccati,

anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,

e non abbandonarci alla tentazione».

5Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, 6perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”, 7e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, 8vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

9Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. 10Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. 11Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? 12O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? 13Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

La forma lucana ci mostra la preghiera di Gesù prima di diventare Padrenostro, ovvero formula da imparare a memoria e recitare. Manca qualche frasetta, qualche altra è leggermente diversa da come la conosciamo. La tradizione di Luca è diversa in questo caso da quella di Matteo: forse per un diverso modo di tradurre in greco, forse per una diversificazione della tradizione. Il che non ci deve sconcertare, ma può costituire un'indicazine preziosa: Gesù non voleva trasmetterci una formula. Ma un modo di pregare. Che va al di là delle parole che usiamo.

L'attenzione al Padre

La preghiera di Gesù parte dal Padre. A cui si rivolge con confidenza infinita: in aramaico, "Abbà", papà. Questa parola è come una finestra sull'infinita bontà e tenerezza di Dio, sulla sua manifestazione nella storia, ma anche sul suo nascondersi e svelarsi. Il suo volto di padre è riconoscibile solo al termine di un lungo percorso, lungo quanto le peregrinazioni del popolo ebraico, a partire da Abramo, passando per Mosè, Davide, i profeti, fino a Gesù. La nostra preghiera è invitata a rifare un percorso simile. Attraverso le peregrinazioni della nostra vita, le nostre scelte, i nostri cambiamenti, le nostre sofferenze. In realtà noi non sappiamo già in partenza chi è Dio. Ma se accettiamo di vivere autenticamente, e di pregare con sincerità, alla fine lo scopriremo come Padre.

L'attenzione all'uomo

La preghiera di Gesù arriva all'uomo. Partendo dal bisogno primario: "Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano". Ma non si vive di solo pane. Si vive anche di relazioni. E come abbiamo fame di pane, così abbiamo fame di relazioni autentiche, non inquinate dal peccato. Questo è ciò che cerchiamo, anche quando andiamo a tentoni, senza riconoscere ciò che veramente cerca il nostro cuore. Desiderio di pace, di riconciliazione, di ristabilire armonia, amicizia, rispetto. La preghiera di Gesù ci invita a chiedere il pane, ma non solo. Ciò che serve alla nostra vita fisica, e ciò che sazia la nostra fame più profonda. E non sono soltanto parole. Chiedendo il perdono, ci impegniamo a perdonare. Chiedendo di essere sanati, siamo invitati a guarire, ad essere testimoni della misericordia.

Flash sulla I lettura - la parabola dell'insistenza

"Vi dico che se non si alzerà a darglieli per amicizia", gliene darà "almeno per la sua insistenza". Il vivace quadretto dell'amico importuno, che batte alla porta di notte per chiedere pani da presentare al suo ospite, è direttamente collegato alla seconda serie di invocazioni del Padre nostro: "dacci il pane", "rimetti i nostri debiti", "non ci indurre in tentazione": sono le preghiere per la nostra esistenza umana, per i nostri bisogni fondamentali. Ma a volte sembrano cadere nel vuoto. Uomini che muoiono di fame, altri che vivono nell'odio, incapaci di perdono, il male che sembra trionfare. Le nostre preghiere sono inutili? La parabola invita alla perseveranza: occorre comportarsi un po' come l'amico molesto, anche perché il Padre in realtà non è né addormentato né reticente. Il problema è varcare autenticamente la soglia della preghiera. Il che richiede tempo, ripetizione, pazienza. Ripeto: non perché Dio voglia farci aspettare. Ma per i nostri limiti di uomini.Il racconto di Abramo che intercede per Sodoma e Gomorra può essere un'illustrazione di questa preghiera paziente e perseverante. Il problema teologico (la giustizia di Dio, il peccato dell'uomo, le conseguenze delle sue azioni malvage) viene compreso attraverso un dialogo, in cui poco per volta emerge il vero volto di Dio (il giusto "giudice di tutta la terra", che perdona a tutta la città "per riguardo ai giusti"), insieme al vero volto dell'uomo ("vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere"). Abramo, pur essendo "polvere e cenere" è divenuto l'amico di Dio, che ha confidenza e può avere la sfrontatezza di trattare con lui. La stessa consapevolezza può crescere in noi; a patto che dedichiamo tempo alla preghiera. Non è una constatazione banale: la preghiera ha bisogno anche di tempo. E molte volte non vale la ricerca della qualità: non sempre è possibile "pregare poco, ma bene". Come in un buon allenamento, la qualità dipende anche dalla quantità. Se devo allenarmi a correre la maratona, devo percorrere chilometri su chilometri. Se voglio aver frutti da una pianta, devo lasciarla crescere, fiorire, maturare poco a poco. E se voglio coltivare l'amicizia con Dio? Quanto dovremo pregare?

Flash sulla II lettura - le parabole sulla fiducia

"Chi chiede ottiene - a chi bussa sarà aperto - se vostro figlio vi chiede cibo, gli dareste una serpe? Con parole forti e scolpite - e con la parabola della serpe e dello scorpione - si conclude l'istruzione sulla preghiera, riprendendo la parola di partenza: "... il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono". La parola "padre" apre e chiude il discorso. Bisogna pregare invocando il Padre, ma non si tratta soltanto di una formula da recitare, è un atteggiamento da avere, è una lieta notizia da credere. Dalla preghiera assidua deve nascere una disposizione stabile, una fiducia solida, che accompagna tutta la nostra vita. La consapevolezza di essere figli. E la seconda lettura ci fa prendere contatto con tutte le dimensioni della figliolanza divina.

"con Cristo siete stati sepolti nel battesimo": essere figli è possibile solo come partecipazione alla Passione, che implica il seppellire, il far morire la dimensione di peccato presente nella nostra vita.

"in lui siete anche stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio": essere figli è possibile a partire dalla risurrezione, a cui noi partecipiamo nella fede.

"Dio, che lo ha risuscitato dai morti": il Padre è qui presentato come colui che risuscita il Figlio dai morti. La forza della risurrezione si contrappone all'apparente sconfitta della Passione. La potenza vivificante è la risposta all'assenza di Dio, al suo suo silenzio sconcertante di fronte alla morte del Figlio. Nell'ottica della Passione-Risurrezione va compreso anche il nostro dubbio: perché Dio sembra assente, sembra non dare risposta alle nostre preghiere? Perché tante sofferenze che non trovano giustificazione? E' vera fede nel Padre misericordioso quella che non fugge di fronte a queste domande, ma le fa diventare autentica preghiera e invocazione.

"Con lui Dio ha dato vita anche a voi": se accettiamo di condividere la sua croce, la stessa forza che ha risuscitato Gesù entra a far parte della nostra vita. La fede nel Padre allora non è comodo rifugio, facile fuga dal mondo, ricerca di consolazione a buon mercato. Sui passi di Gesù, siamo chiamati a lasciarci coinvolgere, a soffrire con chi soffre, a credere nell'amore di Dio anche in un mondo che appare malvagio.

 

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