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TESTO Ciò che prelude la gloria

padre Gian Franco Scarpitta  

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II Domenica di Quaresima (Anno A) (16/03/2014)

Vangelo: Mt 17,1-9 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 17,1-9

In quel tempo, 1Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.

9Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Abramo è considerato il padre della fede. Ed è infatti un atto di fede incondizionata quello che adesso rivolge a Dio, partendo per una terra sconosciuta, fiducioso della sola garanzia del Signore. Nessuna obiezione di rimando a Dio quando gli viene rivolta la proposta inaspettata di lasciare il suo luogo natio, nessuna domanda su dove sarebbe andato e cosa avrebbe fatto, nessuna ricerca di sostegno o di sicurezza materiale: Abramo si mette in cammino fiducioso nella sola presenza del Signore.

La vocazione, quando è autentica comporta sempre un iniziale stato di incredulità e un vago senso di inadeguatezza e anche ad Abramo sarà venuto in mente di non essere in grado di affrontare la nuova esperienza a cui Dio lo sta invitando. Ciò che lo incoraggia è la compagnia del suo Signore, l'appoggio ineludibile che Questi gli offre e finalmente anche la promessa di benedizione perpetua. Dio non lascia senza ricompensa chi lo serve con sacrificio e senza riserve, così anche Abramo avrà un premio proporzionato alla sua rinuncia in quanto diventerà padre di una grandissima, incalcolabile, generazione. Cos'è di sprone e di imput al nostro itinerario personale di fede? Tante volte sono i calcoli di sicurezza materiale che noi preferiamo all'apertura indiscussa al mistero della rivelazione, cioè gli interessamenti intorno al successo, al guadagno, alla convenienza o meno di abbandonare ciò che si sta perdendo, ma la vera fede consiste effettivamente nell'eliminare da noi tutti questi interrogativi e nel confidare esclusivamente in Colui che ci sta chiamando. La vocazione, se è tale è conseguenza della fede e questa si dà semplicemente nell'abbandono spontaneo e fiducioso a qualcuno che non consideriamo un Esso ma un Tu (M. Buber).

Aprire il cuore anziché bizantineggiare consegue già adesso, anticipatamente, il preludio della ricompensa e della gloria. La fede, quand'è vissuta in tutte le circostanze e nella dovuta profondità, quando non condizionata da nulla di vano e di esteriore, lenisce i dolori di ogni prova e allevia il nostro cammino, dona forza e vigore anche in mezzo ai tormenti fascia le ferite facendoci rialzare tutte le volte che cadiamo. Essa dona però anche la caparra della ricompensa futura, dona anche monito di perseveranza attraverso il preludio della giusta gloria in avvenire proporzionata alle lotto presenti.

Così è per Abramo, ma anche Pietro, Giacomo e Giovanni sperimentano il sapore anticipato della gloria che consegue alla passione, in questa visione straordinaria che la tradizione vuole sia avvenuta sul monte Tabor. Ci si trova nell'imminenza del viaggio di Gesù verso Gerusalemme, luogo della sua auto consegna per la passione. Cominciano quindi anche per i discepoli i giorni della trepidazione e del terrore, lo spasimo, lo sconcerto e anche il sospetto (che del resto sarà latente certezza dopo la crocifissione) di un Messia destinato all'umiliazione e alla sconfitta. Ma la visione di Gesù, accanto a Mosè e ad Elia ragguagliano questi tre spettatori di una certezza assoluta: il loro maestro, che adesso si appropinqua alla morte ignobile, è destinato alla glorificazione, perché lui è il Re di Gloria, prefigurato dalla Legge e dai Profeti (Mosè ed Elia).

I discepoli hanno un saggio della gloria futura e possono pertanto strabiliare di gioia. Pietro avrà poi argomenti validi per testimoniare il Cristo Risorto nella sua Lettera (1Pt) nella quale assicurerà che "non per essere andati dietro a fantasie o racconti annunciamo questo (il Cristo) ma per essere stati noi stessi testimoni oculari."

Renderà insomma noto a tutti il Cristo in forza di una sua visione personale e in ragione di essere stato destinatario del fascino di una gloria anticipata.

Sebbene siamo abituati a considerare la Quaresima dal solo punto di vista della mortificazione e della rinuncia, Gesù ci illustra che essa è in realtà occasione di gioia e di esultanza perché la croce racchiude già in se stessa la risurrezione e la passione è anticipo dell'esaltazione. Nella stessa pratica di rinunce, usi ascetici, mortificazioni si riscontra l'opportunità del coraggio e della costanza e la fede viene sostenuta e rafforzata anche negli imprevisti similari al tipo di Abramo, le quali ci colgono giorno per giorno, mentre rispondiamo continuamente alla chiamata.

La Quaresima è in fondo la vocazione fondamentale di noi cristiani e di tutti gli uomini alla felicità che comporta anche negatività e imprevisti e contrassegna il cammino inesorabile dell'uomo che in effetti alterna il bello e il cattivo tempo delle sue vicende.

 

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