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TESTO Una dolcezza da sperimentare

mons. Antonio Riboldi

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XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (18/07/2004)

Vangelo: Lc 10,38-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,38-42

In quel tempo, 38mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

C'è in tanti di noi un aspetto che fotografa bene il nostro modo sbagliato di vivere: è la frenesia, che riempie tutti gli spazi della giornata. Noi abbiamo tanto bisogno di serenità, di quiete, che è la sola atmosfera che la mente e l'anima chiede per programmare nel bene la vita quotidiana, che non è facile, ma ci riempiamo ogni giorno di mille preoccupazioni, che sembrano a prima vista montagne da aggredire e poi, viste nella serenità, appaiono quello che sono, cose di cui potevamo fare a meno o che non meritavano la nostra dispersione di serenità.

E questa invasione di preoccupazioni ruba l'essenziale, che è la calma e la capacità anche di ascoltare il bello e, quello che più conta, Dio che ci parla e ci è vicino. "Abbiamo troppo da fare" diciamo sempre.

Quando qualcuno mi telefona mi crede "tanto impegnato", al punto che gli sembra, telefonandomi, di disturbare, non è vero che io sia così impegnato: il mio grande interesse e la mia gioia è ascoltare. E l'ascolto è quel prezioso silenzio dell'anima, quella calma interiore, che solo può dare spazio a chi ci avvicina, come se al mondo nulla per noi esistesse, se non la persona che ci parla e si confida.

Troppi credono che debba avere il primato l' "impegno" per la vita. Ma di quale vita parliamo? Quella materiale? Gesù ci risponderebbe: "Beati voi poveri in spirito, vostro è il Regno dei cieli". Dobbiamo sì interessarci con tutte le forze dei doveri della vita: ma senza mai farci soffocare. L'agitazione interiore, così diffusa, è l'asfissia dell'anima: ossia non permette al cuore quel respirare dolce che è tipico delle persone che amano la quiete e nel nostro campo la contemplazione.

In questo periodo estivo ci sono tanti, ma tanti, e soprattutto giovani e coppie di sposi, che prediligono stare un tempo in case di spiritualità, dove regna il silenzio, la preghiera. E' un astrarsi dalla frenesia del mondo, dalle preoccupazioni ed agitazioni quotidiane, per ricreare quel clima di serenità, che scaccia le nubi che inevitabilmente si formano durante l'anno e rischiano di rovinare quello che è il più bello in noi.

Quanta gente incontro nelle foresterie dei monasteri o nei centri di spiritualità, come "cervi assetati alle sorgenti di acqua". E sanno gustare il silenzio, dove è possibile misurare il grande chiasso della vita. Sopratutto sanno ascoltare Dio, che si fa vicino e parla, con quella dolcezza che calma le pericolose acque agitate. E' il dono della contemplazione: ossia il dono di stare a tu per tu con la Luce, l'amore, che è Dio, per tornare rinfrancati alla ferialità.

Mi pare che, nella sede dell'ONU, ci sia un luogo riservato di preghiera dove tutti, di ogni religione o non credenti, possono sostare, riflettere, pregare prima di decidere delle sorti del nostro mondo. Magari lo facessero tutti!

La storia sarebbe diversa e conosceremmo quella beatitudine del costruire la pace. "Se l'uomo - diceva un saggio - desse anche solo cinque minuti al giorno alla contemplazione, il mondo conoscerebbe la rotta della civiltà".

E tanti grandi della storia, anche recenti, da La Pira all'on.le Moro, e a tanti altri, incominciavano la giornata con la preghiera e la S. Messa.

Ricordo di avere ospitato un giorno il grande scienziato On.le Medi, che doveva tenere un comizio nella mia parrocchia di S. Ninfa', prima di scendere in piazza a parlare, passò mezz'ora di adorazione in Chiesa, con un raccoglimento che lo illuminava tutto. Che uomini.

Giustamente oggi si afferma: "Chi non sa dare il primato nella giornata alla contemplazione, rischia di cadere nell'eresia dell'azione, che è pericoloso chiasso per l'anima e per la società".

Il Vangelo di oggi ci offre un modello. "Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti". Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà mai tolta" (Lc. 10, 38-42).

Sembra di sentire nelle parole che Marta rivolge a Gesù il rimprovero che si fa a chi trova tempo per stare con Dio che è il bene più prezioso. Un rimprovero duro con quelle parole: "Non ti curi che mia sorella mi abbia lasciata sola?" E noi sappiamo che Gesù è proprio il maestro che sa cosa vuol dire "avere cura" di noi. Lui sa quali sono i momenti importanti della nostra giornata. E condanna non l'ospitalità, che è un atto di carità, ma il fatto che si preoccupasse e "si agitasse per troppe cose". E non è forse un rimprovero che va anche a noi, che ci facciamo tante volte prendere dalla "agitazione per troppe cose", trascurando la parte migliore?

Si tratta in altre parole di mettere ogni cosa al suo posto. Giusto occuparsi dei doveri della vita...ma discutibile, secondo Gesù, "preoccuparsi", sapendo che Dio sa farsi vicino sempre nei nostri doveri che, quando sono visti come un fare la volontà del Padre, qualunque siano questi doveri, di mamma, di papà, di lavoratore, ecc., con gli occhi della fede, diventano un atto di culto, come un continuamente pregare.

Perché fare il proprio dovere, qualunque sia, quando non scade in una fatica senza senso, può diventare un riposare dolcemente nelle braccia del Padre.

Quanta gente conosco che sa vivere con quella serenità, anche se impegnatissima, che viene dallo "stare ai piedi" di Gesu. Viaggiavo un giorno con un grande personaggio, davvero tutto preso dagli impegni. Ad un certo punto spense il telefonino, che continuamente squillava, e si raccolse in meditazione con nelle mani il Vangelo. Aveva gli occhi socchiusi e sembrava Maria di Gesù, in un ascolto dolcissimo. Così per una intera ora. "E' il momento di vedere con chiarezza le cose alla luce dell'amore e della verità, che solo Dio ci sa dare...Il resto è frutto di questo momento importante!"

Magari ci fossero tanti che sanno amare la contemplazione, ossia scegliere la parte migliore che non sarà mai tolta!

Mia mamma, quasi ogni giorno, nonostante dovesse governare una difficile famiglia con un marito e sette figli e per di più combattere la povertà, non trascurava di recarsi in Chiesa per la adorazione. "Se non sto con Gesù, diceva, come posso portare questo peso?"

C'è tanto bisogno oggi di rompere l'ansia, l'agitazione, che è un mare in tempesta nella nostra anima, e cercare quell'equilibrio e serenità che è come il "sale e la luce" per sé e per chi ci accosta.

Mi chiedo, tante volte, come si fa a stare vicino alle persone, a cominciare dalle più care, senza questo spirito di contemplazione? E' comunicarsi a vicenda la burrasca dell'anima, facendoci un grande danno.

Scrive il S. Padre nella esortazione "la Chiesa in Europa": "Nonostante vaste aree di scristianizzazione, servono segnali che contribuiscano a tratteggiare il volto di una Chiesa che, credendo, annuncia, celebra e serve il Signore. Non mancano infatti esempi di autentici cristiani che vivono momenti di silenzio contemplativo, partecipano fedelmente a iniziative spirituali, vivono il Vangelo nella loro esistenza quotidiana e lo testimoniano nei diversi ambiti del loro impegno. Si possono scorgere, inoltre, manifestazioni di una "santità di popolo" che mostrano come anche nell'Europa attuale non sia impossibile vivere il Vangelo a livello personale e in una autentica esperienza comunitaria" (n. 67).

Con Madre Teresa di Calcutta prego: "O Dio, tu sei il mio Dio. Io ti cercherò sempre. La mia anima ha sete di te. La mia carne anela a te. Come l'aquila appartiene all'aria, come il delfino appartiene al mare, come il lupo appartiene alla terra, così noi apparteniamo a te, o Dio, mio Dio.

O Dio, Dio di tutti i popoli del mondo, aiutaci, ti preghiamo, a perdonarci a vicenda: rendici capaci di camminare e vivere insieme con spirito genuino di accoglienza". Facci capaci di stare ai tuoi piedi come Maria, per riempirci delle Parole che non conoscono la brevità del tempo, ma sono un dolce suono dell'anima fino alla eternità.

 

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