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TESTO Uno sguardo dentro la bellezza

don Luca Garbinetto  

VIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (02/03/2014)

Vangelo: Mt 6,24-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: 24Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza.

25Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? 27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: “Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?”. 32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena.

Passeggiando per le vie di periferia della città di Crotone, in questi giorni miti di una primavera anticipata, non si può restare indifferenti alla bellezza! Il colore giallo oro dei fiorellini, che quasi brillano fosforescenti nel verde del prato, assolati tra le radici degli ulivi, e che si inerpicano tra le crepe dei marciapiedi, riempie il cuore di stupore e di gratitudine. Veramente il Dio Creatore non si dimentica mai della Sua creatura, neanche della terra più ferita ed emarginata! Perché, mentre gli occhi si riempiono di tanta meraviglia, che nessun pittore potrebbe riprodurre e che si smarrisce con il suo profumo se viene tagliata e portata ad adornare anche gli altari delle chiese, ecco che lo sguardo non può evitare di vedere anche ciò che sta lì accanto: quei mucchi puzzolenti di immondizia, che richiamano ben altri rifiuti nascosti fra le zolle di tanti terrapieni cittadini, poi divenuti cantieri per costruire case, scuole, palazzi. Ed ecco il contrasto stridente, l'amarezza, la delusione e anche la rabbia: possibile che l'uomo non sappia prendersi cura di quanto il Creatore gli ha affidato? Possibile che, da figli amati, non siamo capaci di mantenere la nostra dimora, che il Padre ha pensato per noi, esplicitamente per noi, e dobbiamo offendere senza misura non solo la bellezza del creato, ma anche la dignità di noi stessi e di Chi ci ha voluti a Sua immagine e somiglianza?

Eppure, in questa mite primavera precoce, il messaggio che prevale, da parte Sua, da parte del primo protagonista delle vicende del mondo, da parte di Colui che ha messo in moto la straordinaria dinamica della vita, è nuovamente un messaggio di speranza e di fiducia. Dio continua a far germogliare i fiori del campo, dai gigli fino alle ginestre calabresi; Dio continua a garantire il nutrimento agli uccelli del cielo e ai pesci del mare; Dio continua a regalare alla Sua creatura prediletta, che siamo noi, la carezza della bellezza.

Insomma, Dio ha fiducia in noi. Per questo osa chiedere a noi di avere fiducia in Lui.

La Parola di oggi, nella sua essenza, non ci fornisce banali soluzioni alle problematiche economiche del mondo, né tanto meno ci invita alla rassegnata passività, in attesa che dall'alto cadano quaglie e frumento per tutti, a risolvere l'ennesimo dramma della miseria che appesantisce le giornate delle nostre famiglie. Che se anche cadessero dal Cielo tanto pane e tanti vestiti da assicurare un futuro senza affanni materiali alla nostra gente, questo pane e questi vestiti sarebbero causa di guerra e di violenza, se non scatta in noi qualcosa di più profondo. E' a questo che la Parola ci invita: ad andare più a fondo, direi proprio ad andare dentro!

E' l'insegnamento del prato fiorito di oro di Crotone: vederlo, goderlo, gustarlo, significa imparare a contemplarlo. E chi ha uno sguardo contemplativo sul mondo, è chi vive dentro il mondo stesso, per riconoscerlo per quello che veramente è: bello! ‘La bellezza salverà il mondo': il ritornello risuona da tempo, rinvigorito dalla citazione autorevole del grande papa Benedetto XVI. Ma vedere la bellezza non è scontato. E vederla è presupposto per saperla creare.

C'è chi la bellezza cerca di produrla in affannose corse esibizioniste, fatte di una estetica piuttosto vacua e superficiale, come spesso è quella della moda e del lifting a tutti i costi.

C'è chi la bellezza la rincorre dietro classici schemi di perfezione, piuttosto escludenti per chi non rientra nei canoni e per chi non ha i mezzi per competere con gli avversari.

C'è chi alla bellezza rinuncia, schiacciato da una visione del mondo scandita dalle categorie della contrapposizione, della competizione, dell'oppressione: e dove rivendica diritti e giustizia, non fa altro che ribadire la logica della legge del più forte. Non è questa la giustizia del regno di Dio!

In fondo, questi e altri tentativi di perseguire la bellezza, o di denunciarla come inutile e perduta, se da un lato indicano l'innata necessità dell'uomo di andare oltre la brutalità (o bruttezza!), dall'altra ricadono in modelli scomposti e frantumati. Forse l'errore fondamentale è proprio questo: pensare l'uomo e la realtà a compartimenti stagni, come se il corpo non avesse niente a che vedere con lo spirito; il lavoro non toccasse per nulla le dinamiche degli affetti; e il fine non dipendesse sostanzialmente dai mezzi. Alla radice di tutto questo, direbbe san Giacomo, facendo risuonare l'esigenza di Gesù, sta una sfrenata ricerca della ricchezza. Come se bramare la ricchezza non avesse niente a che vedere con la ricerca di Dio: non si può confondere l'Assoluto con lo strumento. La Parola ci interpella: in chi o in che cosa vogliamo porre la nostra fiducia?

Cosa propone, allora, la Parola? Uno sguardo contemplativo, l'unico capace di fare unità e di cogliere l'essenziale. Una frenata nella frenesia dell'oggi, senza cadere nella prassi delle lamentele comuni di questo mondo accelerato, per poter guardare oltre, o meglio, dentro. Sì, la contemplazione è possibile anche nella ferialità della vita, ed è il cammino per vedere la vita veramente dentro! Questo il paradosso: chi si ferma, garantendosi qualche spazio di silenzio e di osservazione ammirata della vita, si accorge di vivere più dentro la vita. E quindi di vivere meglio. Anche nella fatica, anche nel bel mezzo dei mille problemi e delle mille preoccupazioni per sé e per la famiglia, per il lavoro e per il futuro, per i figli e per i malati della nostra amata terra. Chi guarda dentro, vive meglio dentro queste vicende, che sono - diciamocelo pure - inevitabili! Non mancherà mai, nella storia, il difficile compito di generare vita nuova, combattendo le malsane logiche del peccato. Ma anche riconoscere che il peccato è la radice ultima di ogni male, e che ogni cuore, il mio per primo, è a rischio di questo virus, ben più nocivo e mortale di ogni altro virus, è frutto di uno sguardo contemplativo.

La contemplazione della vita, infatti, sa riconoscere in essa una relazione fontale. Non siamo soli, nel mondo. Né il mondo è principalmente un deserto di amarezze e di pericoli per noi. Non siamo nemmeno nel mondo come nemici e come minacce gli uni per gli altri. Chi si ferma a guardare i gigli del campo e le ginestre, chi ascolta il canto degli uccelli e il gracchiare delle gazze, riconosce la presenza originale e originante del Padre, che a tutto questo ha dato origine e continua a dare esistenza e bellezza. Di Lui ci si può fidare.

C'è un passo necessario per apprendere questo sguardo contemplativo sulla vita: ed è quello di liberarsi dagli attaccamenti superflui, che ci ostacolano come zavorra nel nostro desiderio di alzare gli occhi e di portare gli occhi sulla fronte - come dicevano i padri, per indicare la fonte della sapienza. La ricerca sfrenata del potere, del successo, del denaro è la peggior zavorra.

C'è invece un frutto dolce e saporito, che testimonia la verità di questo modo di stare al mondo e di stare dentro la vita, riconoscendo ciò che vi è dentro più in profondità: il frutto è l'impegno coraggioso e perseverante per il bene comune, che per noi è la costruzione operosa del Regno del Padre. Regno Suo, e per questo anche nostro, perché noi siamo figli. E la nostra dignità sta nel lavorare solo e prioritariamente perché questo Regno si realizzi.

Chi ha lo sguardo contemplativo, vede il prato fiorito e poi lotta perché venga raccolta l'immondizia di Crotone e si aggiustino i marciapiedi.

Ricordo la commozione di tanta bellezza, quando una domenica, appena arrivato a Città del Guatemala come giovane novizio, percorsi con p. Gabriele le viuzze impervie della baraccopoli che costituiva parte della nostra parrocchia, fra i burroni della capitale che scendono sulla discarica cittadina. Più si scendeva, più miseria regnava, fra le casette in legno e lamiera, sostenute da sacchi di sabbia, pronti a essere spazzati via alla prima pioggia. E nel grigio amaro che mi sconcertava, il mio cuore rimase di stucco, stupito fino alle lacrime, quando vidi l'ultima casetta, e notai la finestrella che si apriva sulla parete di tavole: a decorarla era appesa una delicata tendina azzurra!

‘Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà' (cfr. 2Cor 8,9), ci ricorda papa Francesco nel messaggio di Quaresima. La bellezza che commuove il cuore e rende oggi operose le mani per il bene dei fratelli è la ricchezza dei poveri. Nessun affanno, solo la pena di poter essere sempre più contemplativi sulla strada, come ‘carmeli ambulanti'.

 

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