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TESTO Commento su Mc 9.35-37

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

Martedì della VII settimana del Tempo Ordinario (Anno II) (25/02/2014)

Vangelo: Mc 9,30-37 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

"Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»".
Mc 9.35-37

Come vivere questa Parola?
Gesù dice queste parole dopo aver colto in fragrante errore di atteggiamento mentale e di cuore i suoi dodici discepoli. Aveva loro comunicato l'altissimo vertice della sua missione: quell'essere consegnato alla passione e alla morte, quell'essere sul punto di "ingoiare" la morte e risorgere. Essi però non avevano capito assolutamente nulla. Anzi erano tanto lontani dal poter intendere quell'abisso di dedizione fino a morire; essi che, lungo la strada, "avevano discusso tra loro chi fosse il più grande". Gesù però non prende a rimproverarli, non dà in escandescienza per questa loro ennesima prova di essere tanto lontani dal capirlo, a causa della loro boriosa insipienza. Prende invece un bambino e lo pone al centro dell'attenzione di tutti; lo abbraccia e proclama che solo chi accoglie uno di questi piccoli nel suo nome accoglie veramente Lui e non Lui solo ma il Padre stesso che lo ha inviato. "Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia", dice Giacomo nella prima lettura. È così: solo chi entra nella dinamica del diventare piccolo, e di accogliere i piccoli, è colmato di benedizioni da Dio che trova spazio in Lui.
Chiedo allo Spirito Santo che mi liberi dalla presunzione nei miei riguardi come anche di quella specie di sottovalutazione e senso d'inferiorità che è l'opposto della vera umiltà. Io sono quello che sono: un uomo, una donna amato/a da Dio
La voce di uno scrittore francese
Dubitare di sé non è umiltà, credo persino che spesso sia la forma più esaltata, quasi delirante, dell'orgoglio, una sorta di ferocia gelosa che fa rivoltare un disgraziato contro se stesso, per divorarsi. Il segreto dell'inferno dev'essere in ciò.
Georges Bernanos

 

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