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TESTO La dilatazione del cuore

don Luca Garbinetto  

VII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (23/02/2014)

Vangelo: Mt 5,38-48 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 38Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. 39Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, 40e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. 41E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. 42Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

43Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. 44Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, 45affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. 46Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 47E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? 48Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.

La legge del taglione aveva portato uno sviluppo considerevole nel mondo dei rapporti sociali e giuridici in Israele e dintorni. Mettendo limiti al diritto - dovere della vendetta, essa rendeva più umana la giustizia. In una sorta di ‘pensiero debole' dei rapporti, verrebbe da augurarsi che anche oggi, almeno, si rispettasse questa regola apparentemente banale e minimalista. Se si pensa al vortice di cattiveria e di violenza che si è capaci di generare dentro le famiglie per questioni di eredità o semplicemente di gelosia e di rancore, tale limite minimo alla decenza appare addirittura una conquista!

Ma a qualsiasi uomo saggio risalta con evidenza che l'umanità non è fatta per questi giochi minimalisti. ‘Occhio per occhio rende tutto il mondo cieco', sintetizzava addolorato Gandhi. Chi ha a cuore l'uomo, non può accontentarsi neanche di una riduzione del danno apparentemente realista e disincantata. Appare piuttosto un cedimento al razionalismo e alla restrizione della persona in confini di schiavitù. In una specie di tirannia delle passioni, si concepisce il mondo delle relazioni come un puro esercizio di controllo degli scivolamenti esagerati, perfino con una facciata di perbenismo a fare da corollario. Si può mettere limite, infatti, alla violenza quando essa è innescata dall'odio e dalla voracità? Ha senso scandalizzarsi degli orrori della guerra, quando la guerra in sé è un orrore? Ha senso valutare le ferite e le morti degli uomini come se l'uno contasse più o meno dell'altro? Ha senso provare orrore per un cagnolino ucciso, quando si è scatenato un attacco alla vita umana fin dal suo concepimento?

Tutto questo e ben altro sta dietro la Parola di Gesù, che tuttavia, se si vuol parlare di esagerazioni, sembra essere insuperabile. Gesù esagera, sì! Gesù esagera nell'amore! Gesù esagera nella santità!

Va detto fin da subito: non si tratta di una esagerazione, spinta all'estremo dell'esigenza, per poter umiliare l'uomo, che mai sarebbe capace di raggiungere vette così estreme. Amare il proprio nemico appare come qualcosa di impossibile? Ebbene, Gesù sa e ci annuncia che noi siamo capaci di farlo! Amare chi ci ferisce fino al punto da essere disposti a offrirgli il fianco - o meglio, la guancia - per un'altra ferita sembra da illusi? Ebbene, Gesù sa e ci annuncia che questa è in realtà la vera forza e l'unica verità che può cambiare il mondo.

Come è possibile ciò? L'ultimo versetto del testo di oggi ci dà la chiave di comprensione: ‘Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste' (5, 48). Il parallelo del libro del Levitico parla di ‘santità': essere perfetti significa essere santi (cfr. Lv 11,44). Ma il Santo, il Perfetto, è solo Dio, il Padre celeste. Come è possibile che noi diventiamo come Lui? Come è possibile varcare l'infinita distanza che regna tra Creatore e creatura? Come è possibile ‘usurpare' la divinità dell'Onnipotente, arrogandoci la pretesa di essere alla sua altezza?

A volte ci nascondiamo dietro questo velo di falsa modestia per giustificarci: ‘noi non siamo capaci; Lui sì, ma perché è Dio!'. E rinunciamo! Rinunciamo a quanto di più bello Egli stesso ci ha donato: la nostra capacità di amare! Questo è il punto: Gesù ci annuncia che noi siamo capaci di amare fino alle estreme conseguenze, siamo capaci di abbracciare in una logica di amore ogni persona, anche chi non ci corrisponde. E questo non per nostro merito o nostra bravura. Anzi, questo accade quando abbandoniamo proprio la pretesa di essere noi stessi a ‘farci capaci' di amore. Non è da noi, infatti, che sgorga la forza di andare verso il nemico che ci perseguita e l'amico che ci ferisce per rinnovare la disponibilità a un rapporto fraterno. La fonte è Dio stesso, ed è in Lui che attingiamo l'acqua ‘esagerata' dell'amore.

Quello che accade è che Dio ha un cuore grande, dilatato al punto da poter includere in esso tutte le sue creature, tutti i suoi figli. Egli, che ‘fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti' (5, 45), ha spazio nel proprio cuore per tutti. Anche per me, anche per te. E quando io mi accorgo di essere fra coloro che possono dire ‘grazie' perché il sole è sorto anche oggi e la pioggia ha irrorato i miei campi, scaturisce nel mio cuore un moto indicibile di gratitudine e meraviglia. Già, perché forse sono anch'io fra i cattivi o fra gli ingiusti, proprio in virtù di quella distanza che permane tra me e Lui. E nonostante questo, Egli, Padre Santo e non solo Creatore, continua a donarmi la grazia della vita e i segni del suo amore.

La capacità di amare, dunque, sgorga nel momento in cui faccio esperienza di essere prima destinatario di amore incondizionato e immeritato. La forza di amare trabocca dallo stupore di scoprirmi figlio anche quando potrei al massimo sentirmi nemico di Dio. Sì, è proprio Lui il primo ad amare me, anche se sono stato suo nemico, e per me sono quelle parole che sconvolsero il mondo: ‘Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!' (Lc 23, 24). La Croce è manifestazione suprema del cuore dilatato e squarciato di Dio per amore di tutti i suoi figli.

Di fronte a questo mistero, che mi avvolge e mi attira, anche il mio cuore si dilata. Fa spazio, o meglio, desidera allargarsi. Perché vorrebbe far entrare dentro tutta la grandezza di un Dio così. E Dio è infinito! Vorrei avere un cuore infinito, per poter accogliere in me l'infinito Dio. Gesù ci mostra la via per rendere possibile questo impossibile: spalanca il tuo cuore per tutti i tuoi fratelli, anche quelli che ti hanno fatto del male o che ti sono nemici.

Ebbene sì: il mistero del cuore dilatato di Dio ci coinvolge in una dinamica meravigliosa, perché rende anche noi capaci di allargare il cuore a dismisura. Il nostro corpo e lo spirito che custodisce si avviano in un processo di espansione affascinante, come quando si sentono i polmoni aprirsi sempre più all'aria fresca e pura dell'alta montagna. Siamo capaci di amore smisurato: perché privarci di tanta bellezza? Perché stare lontano dalla sorgente di montagna, che è la vetta della divinità, tanto più umana quanto più divina?

Immaginate ora la scena: il tuo collega di lavoro ti fa uno screzio o ti rivolge una parola offensiva; tu mandi giù la rabbia, e il giorno dopo gli fai trovare sul tavolo un cappuccino e cornetto anonimo. Il tuo datore di lavoro non ti ha pagato il giusto, e tu, mentre percorri le vie legali per fare giustizia, nel frattempo gli fai trovare lavata l'auto parcheggiata di fronte all'ufficio. La cassiera si è tenuta il resto sbagliato, e tu il giorno dopo fai la spesa e le lasci una mancia sorridendo.

Utopia? Pazzia? Oppure un cuore dilatato, un cuore che coltiva quotidianamente la consapevolezza di essere ospitato nel cuore squarciato di Dio e invita altri fratelli a scoprirsi figli amati incondizionatamente. In fondo, quale altra via ha il nostro Dio per arrivare a manifestare ai suoi figli la propria prodigalità, se non quella dei fratelli che, essendo rimasti a casa, coltivano indistintamente il clima di famiglia con chiunque?

‘Corro, Signore, sulla via dei tuoi comandi,
perché hai allargato il mio cuore'. (Sal 119, 32)

 

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