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TESTO Commento su Eb 2,14-18

Monastero Domenicano Matris Domini  

Presentazione del Signore (02/02/2014)

Brano biblico: Eb 2,14-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,22-40

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. 34Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione 35– e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. 40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

 

Forma breve (Lc 2,22-32):

22Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – 23come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – 24e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

25Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. 26Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. 27Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, 28anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

29«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo

vada in pace, secondo la tua parola,

30perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,

31preparata da te davanti a tutti i popoli:

32luce per rivelarti alle genti

e gloria del tuo popolo, Israele».

Collocazione del brano
La lettera agli Ebrei non è tanto una lettera quanto piuttosto un lungo discorso riguardante alcuni elementi importanti della fede. Questo discorso sembra essere rivolto a una comunità ormai consolidata e matura che aveva qualche difficoltà nel continuare il suo cammino di fede, a causa della perdita dell'entusiasmo degli inizi o forse della persecuzione. Il centro di tutto il discorso è Cristo, che con la sua morte e risurrezione ha realizzato il vero sacerdozio e il sacrificio definitivo.
Il brano che leggiamo in questa festa della presentazione al Tempio fa parte della prima sezione della lettera in cui si parla del sacerdozio di Cristo. Nessuno più di lui aveva diritto di entrare nel Tempio, perché in forza della sua morte e risurrezione Egli è diventato il vero sommo sacerdote e il suo sacrificio porta a compimento tutti i sacrifici offerti dal popolo di Israele per la remissione dei peccati e per avere vita e salute.
Lectio
14 Poiché i figli hanno in comune il sangue e la carne, anche Cristo allo stesso modo ne è divenuto partecipe per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo,
Con la sua incarnazione Gesù è divenuto partecipe del sangue e della carne dell'uomo, cioè della sostanziale debolezza della condizione umana. Quale essere umano era dunque soggetto alla morte. La morte però è stata per lui il mezzo per sconfiggere colui che traeva potere dalla morte stessa cioè il diavolo, colui che divide dal bene, da Dio.
15 e liberare così quelli che, per timore della morte, erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.
L'uomo vede la morte come fallimento, separazione dai propri cari, da Dio. La morte dà angoscia, paralizza, rende l'uomo alienato, facilmente ricattabile. E' qui che il diavolo esercita la sua influenza rendendo ancora più schiavi gli uomini, proprio in forza della paura della morte. La solidarietà di Gesù con la storia dei suoi fratelli cambia completamente il senso della morte. Egli la vive in assoluta fedeltà a Dio ed espressione della massima comunione o condivisione con gli uomini. Perciò la morte viene privata della sua forza ricattatoria e schiavizzante per l'uomo.
16 Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura.
Questa liberazione non ha senso per il mondo spirituale e astorico degli angeli, ma per quelli che hanno in comune "la carne e il sangue", dentro lo spessore storico che caratterizza i rapporti umani. Non solo, si parla della stirpe di Abramo, cioè di coloro che sono la realizzazione della promessa fatta da Dio stesso al padre della fede: "Renderò la tua discendenza numerosa come le stelle del cielo". Alla stirpe di Abramo si associa ormai tutta l'umanità.
17 Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo.
Quindi in forza della sua morte Gesù diventa il vero sommo sacerdote. E' questo il punto chiave di tutta la lettera agli Ebrei e l'autore lo esprimerà meglio più avanti. Qui si limita a ricordare che poiché ha impegnato tutto se stesso con la sua morte e vincendo la morte è un sommo sacerdote il cui sacrificio è efficace. E' un sacerdote misericordioso, cioè prova compassione per tutti ed è degno di fede poiché ha pagato di persona l'espiazione dei peccati di tutto il popolo.
18 Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.
Egli non poteva essere se non misericordioso, perché essendo passato attraverso la sofferenza può capire meglio di chiunque altro coloro che sono nella sofferenza e nella morte e grazie alla sua vittoria sulla morte può essere di aiuto a coloro che subiscono le stesse prove.
Meditiamo
- Qual è il mio sentimento verso la morte?

- Con quali sacrifici partecipo alla morte di Cristo? Con quali gioie partecipo alla sua risurrezione?

- Sono anche io solidale con coloro che sono nella sofferenza e nella prova?

 

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