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TESTO Venne a Cafàrnao perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa

dom Luigi Gioia   Home Page

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/01/2014)

Vangelo: Mt 4,12-23 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

 

Forma breve (Mt 4,12-17)

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,

sulla via del mare, oltre il Giordano,

Galilea delle genti!

16Il popolo che abitava nelle tenebre

vide una grande luce,

per quelli che abitavano in regione e ombra di morte

una luce è sorta.

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Il vangelo di oggi si apre con informazioni di carattere cronologico e geografico che sembrano non riguardarci. Sapere che Gesù lascia Nazaret e va a Cafarnao, sapere che Cafarnao si trova nel territorio di Zabulon e di Neftali non cambia nulla nella nostra vita. Allo stesso modo, sapere che Gesù ci va dopo l'arresto di Giovanni e non prima ci lascia indifferenti.

In realtà, ci troviamo di fronte a uno snodo fondamentale della vita di Gesù - e siccome il suo nome significa Yavhé salva, tutto quello che lo riguarda ci riguarda, riguarda la nostra salvezza. Fino all'arresto di Giovanni e per più di 30 anni della sua vita, Gesù aveva vissuto a Nazaret in Galilea e vi aveva condotto una vita normale. Nessuno, a parte i suoi genitori, conosceva la sua vera identità. Dio fatto uomo, per 30 lunghi anni, aveva vissuto in un paesino, lavorato ogni giorno in una falegnameria. Ma ecco che ora, improvvisamente, ci è detto che lascia la casa paterna, lascia Nazaret, il suo paese e va ad abitare a Cafarnao, sulla riva del mare.

Il dettaglio geografico è importante perché Cafarnao è in territorio pagano, cioè è un luogo dal quale Dio è tenuto fuori. Il Dio fatto uomo decide di andare proprio lì dove era negato e ignorato. Un'altro dettaglio geografico ha lo stesso significato: Cafarnao si trovava sulla riva del mare. Il mare nella Bibbia è il segno dei popoli che non credono in Dio, che non accettano la sua autorità. Spesso rappresenta le forze del male o comunque le forze che si oppongono al Signore. Fra le righe leggiamo dunque la decisione del Signore di recarsi proprio dove non è atteso, non è desiderato, non è voluto. Ed oggi, come allora, questo il Signore vuole operare mediante il suo Spirito per mezzo della sua Chiesa. Essere cristiani non consiste nel restare al sicuro nei nostri ovili, nel restare tra di noi, ma nell'uscire, nell'andare. Al termine del Vangelo di Matteo Gesù dà proprio questo ordine: Andate in tutte le nazioni!

Ma continuiamo a interrogare le quattro prime righe del vangelo di questa domenica per cercare una spiegazione per questa decisione improvvisa di Gesù. Ce ne sono date due.

Una spiegazione è suggerita quando si dice che Gesù va a stabilirsi nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia. Questa spiegazione, basata su una profezia, è una maniera di dire che Gesù prende questa decisione per obbedire alla volontà del Padre. Gesù leggeva assiduamente la scrittura per capire quale fosse la volontà del Padre. Stava dunque facendo la volontà di Dio. La sua azione si iscrive in un disegno preciso, un disegno di salvezza.

Ma l'altra spiegazione di questa decisione è la notizia che Giovanni era stato arrestato: Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea. E' come se l'arresto di Giovanni fosse stato un segnale per Gesù, come se esso avesse un senso che solo Gesù poteva capire.

La decisione di Gesù è dunque guidata da due fattori: da una parte il discernimento della volontà del Padre attraverso l'ascolto della scrittura, dall'altra un evento storico, l'arresto di Giovanni. Vi è una tensione tra questi due fattori sulla quale è fondamentale meditare perché essa vale anche per le nostre vite.

Riguardo all'arresto di Giovanni -che sarà seguito da una condanna a morte ingiusta, grottesca e crudele- possiamo dire con certezza che non essa non è volontà di Dio. Nulla di ingiusto, di crudele, nessuna violenza, nessun male può essere voluto da Dio. Ciò che Dio aveva voluto era la conversione del suo popolo e per questo aveva suscitato Giovanni. Dio voleva che Giovanni continuasse a predicare questa conversione, che il re Erode cessasse il suo comportamento scandaloso, che abbandonasse la relazione incestuosa che intratteneva con la ex-moglie di suo fratello. Sappiamo che proprio la denuncia di questo scandalo costò la vita a Giovanni. Conosciamo bene poi il tragico eccesso di lussuria, l'incredibile leggerezza che terminò con la testa mozzata di Giovanni il Battista su un piatto d'argento. Una tale tragedia sicuramente non è volontà di Dio. Era volontà di Dio che Giovanni invitasse alla conversione. Non era volontà di Dio che finisse ucciso in un modo così barbaro. L'arresto e la morte di Giovanni sono il risultato del rifiuto della volontà di Dio da parte degli uomini. E' un evento tragico, malvagio. E' un trionfo del male sul bene.

Il paradosso suggerito dalle prime righe del vangelo di oggi è dunque questo: l'evento che ha determinato questo snodo decisivo nella vita di Gesù non è stato voluto da Dio, ma èstato una vittoria apparente del male sulla volontà di Dio. Questo paradosso ci pone di fronte a un dilemma che nessuno di noi può evitare di affrontare prima o poi nella propria vita. Quello della volontà di Dio.

Cos'è volontà di Dio? Come riconoscere la volontà di Dio nella nostra vita?

Quando tutto va bene, sembra che sia facile. Ma quando subiamo il male, quando trionfano l'ipocrisia e l'ingiustizia, quando siamo perseguitati a causa del Vangelo e tutto ciò influisce in modo a volte decisivo sulla nostra vita, come fare per discernere in tali eventi la volontà di Dio? Come può essere volontà di Dio la tragica persecuzione che subiscono i cristiani copti in Egitto? Come può essere volontà di Dio quello che subiscono i cristiani in Pakistan, dove la famigerata legge contro i cosiddetti blasfemi è diventata il mezzo per legittimare ogni sorta di vessazione contro di loro e contro tutti i non musulmani? Come può essere volontà di Dio la sofferenza causata della malizia degli uomini nei posti di lavoro, nelle relazioni familiari o nelle comunità nelle quali viviamo? Ad ognuna di queste domande la risposta è "No": questa non è, non può essere volontà di Dio. Come non è stata volontà di Dio l'esecuzione di Gesù sulla croce: essa è stata un omicidio, il barbaro omicidio di un innocente.

Ma allora la sola alternativa sembra essere l'assurdità della sofferenza senza senso. Se tutto quello che succede, se soprattutto il male non è volontà di Dio, allora la morte dei cristiani in Egitto o le vessazioni subite dai cristiani in Iraq, in Pakistan o anche tutte le ingiustizie piccole e grandi che subiamo continuamente e senza colpa nella nostra vita, allora tutte queste sofferenze sono insensate, sono inutili. Non fanno parte di un disegno di felicità, non sono semplicemente un momento buio prima che arrivi la luce. Ci sarebbe di che disperare.

La questione che ci poniamo oggi alla luce del Vangelo è dunque essenziale: ne va del senso della nostra vita. Per trovare una risposta, come sempre, bisogna leggere la parola di Dio alla luce della parola di Dio, leggere un passo biblico alla luce di un altro. Per fede sappiamo, perché Gesù ce lo dice, che la nostra vita è nelle mani di Dio, e non solo nel suo insieme, ma in ogni istante della nostra vita. Ce lo dice nel vangelo di Matteo: Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del padre vostro. E poi aggiunge: Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. E aggiunge: Non abbiate paura, voi valete più di molti passeri (Mt 10, 29s.)

Quindi se i capelli del nostro capo sono contati, vuol dire che tutti gli eventi della nostra vita si iscrivono, sia pure in un modo misterioso, nel disegno di Dio su di noi. Allora la domanda è questa: come può il male contribuire al disegno di felicità del Signore su ognuno di noi? Come possono le sofferenze che subiamo, le malattie gravi o le catastrofi naturali, delle quali nessuno è colpevole, come può tutto questo che è l'opposto di Dio diventare mezzo attraverso il quale Dio vince?

E' una domanda che dobbiamo affrontare con lucidità. Come può l'arresto e poi l'assassinio di Giovanni essere un segnale per Gesù? Come può Gesù leggere in questo evento causato dalla crudeltà dell'uomo la volontà di Dio?

La risposta a questa domanda si trova nell'altro fattore che determina la decisione di Gesù. In questo momento cruciale della sua vita vediamo che la sua decisione è certo occasionata dall'evento tragico dell'arresto di Giovanni, ma solo esteriormente; infatti, più in profondità, in questo tragico, assurdo evento Gesù riconosce la volontà di Dio alla luce della parola di Dio. Di fronte alla grave, pesante intimidazione del potere politico contro chi invita alla conversione, di fronte all'eliminazione fisica di Giovanni, cioè di colui che scomodava le coscienze di chi abitava nelle tenebre e nell'ombra di morte, Gesù capisce che è venuto il suo momento di continuare l'opera del precursore e di portarla a compimento. Capisce che è arrivato il suo momento di recarsi a sua volta nei luoghi tenebrosi - come ce lo dice il Vangelo - dove regna la morte, per portarvi la luce, cioè per portarvi l'invito alla conversione.

In questo atteggiamento di Gesù la fatalità, l'ingiustizia, il trionfo del male non sono più una fine, la fine di tutto, ma diventano un inizio. Non sono più qualcosa da subire con rassegnazione, ma da scegliere, da abbracciare liberamente, consapevolmente. Solo così, solo in questo modo una tragedia ingiusta diventa lo strumento di un'azione ancora più grande, ancora più straordinaria, di Dio nella storia.

Quale lezione trarre dunque da tutto questo. Il male che incontriamo nella nostra vita non può essere volontà di Dio. Non dobbiamo mai dire a proposito di qualsiasi male: "E' volontà di Dio". E' vero però che il male, sotto tutte le sue forme, può diventare strumento dell'azione di Dio nella storia, se invece di essere subito con rassegnazione, è accolto, è scelto. Il male può diventare occasione di bene se invece di vedervi un trionfo dell'assurdo, vi scorgiamo la chiamata a una più grande conversione.

Il malato che soffre nell'ospedale, il prigioniero che giace in una cella, che soffre perché ha fatto il male, ma ancora di più soffre perché ne ha subito (fa il male infatti chi per primo lo ha subito), chi ancora è stato calunniato, offeso, oppure ancora coloro che subiscono ogni sorta di vessazione, a volte nel quadro stesso della famiglia, ebbene, tutti costoro grazie alla parola di Dio, possono scoprire un giorno che nella cappa di sofferenza più cupa può spalancarsi all'improvviso, inaspettato, un immenso spazio di libertà e di serenità. Questa è la conversione. Questo è il miracolo che si produce quando guardiamo a Gesù e quando guardiamo alla croce, dove la sofferenza, l'ingiustizia non sono passivamente subite, non sono causa di disperazione, ma diventano offerta di amore al Padre: Nelle tue mani rimetto il mio spirito. Non sono subite, ma sono accolte, in modo da non rendere male per male, da non farsi complici della spirale di odio che si amplifica ogni volta che cerchiamo vendetta e rivalsa.

Ricordiamocelo: il male non è volontà di Dio, ma può diventare strumento della volontà di Dio grazie alla fede, grazie alla speranza, grazie alla carità. Ed è la Parola che opera questa conversione nel nostro cuore. E' quanto Paolo ci dice nella lettera ai Romani: Del resto noi sappiamo che tutto concorre al bene per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. E aggiunge: Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione e la fame, la nudità e il pericolo, la spada? E possiamo aggiungere: Chi ci separerà dalla volontà di Dio? Forse le ingiustizie, la malizia, le menzogne? Forse le persecuzioni? Forse anche la morte che ci può essere inflitta? No. In tutte queste cose -conclude in modo meraviglioso Paolo- noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati.

Come lo dice il salmo in questa liturgia domenicale, riprendendo un po' il senso delle letture di oggi: Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?

Portiamo con noi questo messaggio di speranza: apriamoci alla parola di Dio, ascoltiamola sempre più assiduamente nelle nostre vite. Grazie ad essa chiediamo al Signore che ci conduca più in profondità in questa conversione del nostro modo di leggere gli eventi della nostra vita, per aiutarci a riconoscere, lì dove Dio sembra più assente, non una fine, ma un inizio; non una sconfitta, ma un trampolino a partire dal quale lanciarci, abbandonarci sempre più profondamente al disegno di amore del Signore sulle nostre vite.

 

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