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TESTO Commento su Giovanni 1,29-34

fr. Massimo Rossi  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/01/2014)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

"Io non lo conoscevo", dichiara Giovanni il battezzatore, riguardo a Gesù; e la dichiarazione compare ben 2 volte in poche righe, a rimarcare la differenza assoluta tra i due protagonisti della salvezza, la distanza che separa il Precursore da Colui che viene dopo di lui, ma era prima di lui.

La Tradizione biblica attesta che i due uomini erano parenti, praticamente coetanei... Anche tra parenti, purtroppo, si può essere estranei, lo sappiamo tutti... Ma nel caso di Giovanni e Gesù, questa lontananza, questa estraneità non sembra tanto a livello di relazione - non ci sono indizi per insinuare che tra loro non corresse buon sangue -, quanto piuttosto a livello di fede; provo a spiegarmi: il Vangelo di oggi ci provoca a riflettere sulla differenza tra la fede intesa come adesione ai dogmi - fides quæ - e la fede vissuta in prima persona - fides qua -, l'atto umano, con il quale decidiamo di affidarci al Dio di Gesù Cristo, di aderire a Lui, di credergli in piena libertà.

Nessun dubbio che in Giovanni ci fosse la prima, corroborata da una personale specialissima ispirazione divina; Giovanni è un grande profeta, l'ultimo dei profeti della Rivelazione. Ma, come ho precisato altre volte, altro è credere a un compendio di verità rivelate, per alla ossequio Tradizione, per obbedienza al Magistero, rispetto dei valori familiari... Altro invece è approdare alla fede attraverso un cammino individuale fatto di slanci e di crisi, di rinnovato impegno e di frustrazioni mortificanti... Anche Giovanni, uomo di fede per eccellenza, dovette percorrere questo cammino di crescita e di maturazione della propria fede, dalla fides quæ, alla fides qua. Quello che credeva essere il Salvatore di Israele, Gesù di Nazareth, si rivelò ai suoi occhi del tutto diverso e per certi aspetti lontano anniluce dalla sua idea di Messia.

Del resto, l'ho ripetuto spesso durante le feste, la fede partecipa delle dinamiche evolutive della persona umana, la quale è già tale - persona umana - durante i 9 mesi di permanenza nell'utero materno, ma poi, una volta venuta alla luce, cresce e diventa persona umana lungo tutto l'arco della vita.

Come rileva acutamente Enzo Bianchi nel suo recente libro "Fede e fiducia" (ed. Einaudi), credere è faticoso, difficile, perché vivere è difficile! Per questo dobbiamo pensare la fede come quell'atto, di cui ci testimoniano le S.Scritture, che consiste nel mettere il piede sul terreno solido (cfr. Is 7,9), nell'affidarsi come un bambino attaccato con una fascia al seno di sua madre (cfr. Is 66, 12-13), sicuro in braccio a lei (cfr. Sal 131,2).

Se intendiamo la fede in questi termini, così come la intende la Bibbia, possiamo dire senza tema di smentita che non ci può essere autentica vita umana, nessun cammino di umanizzazione, senza la fede. Come sarebbe possibile, infatti, vivere senza fidarsi di qualcuno? A differenza degli altri animali, noi uomini nasciamo incompiuti; per acquisire la nostra soggettività, abbiamo bisogno di qualcuno in cui riporre fede e fiducia. È così che il neonato si fida solo della mamma e ricerca continuamente questo riferimento, continuando a fidarsi di colei che lo ha generato; il Salmo 22 (v.10) canta: "Sulle mammelle di mia madre mi hai insegnato la fiducia, o Dio!". Così fidandosi, il bambino prende coscienza della propria condizione umana. L'autostima, voler credere in sé stessi dipende in gran parte da questo poter credere agli altri; è di fronte alla parola venuta da qualcun altro che un figlio impara a situarsi nello spazio e nel tempo, stabilendo il contatto con il reale...e mantenendolo.

Accogliendo la parola che viene dall'altro, si mette fiducia in lui e nel contempo si va affermando la propria identità: in questo esercizio del credere, nasce la coscienza, cresce la relazione, che consente ad un uomo di confessare ad un altro uomo: "Io credo in te!".

Torniamo con la fede e l'immaginazione alle rive del Giordano, dove Giovanni sta svolgendo la sua missione: già, ma qual è la missione del Battista? beh, a giudicare dal nome - o era il cognome? - ‘Battista', non si può che rispondere: la missione di Giovanni è battezzare! Risposta sbagliata!! la Missione di Giovanni è quella di essere precursore del Messia, salire prima di lui sulla scena della storia e indicarlo presente nel mondo. Il quarto Vangelo ce lo presenta proprio nell'atto di annunciare l'arrivo del Figlio di Dio a coloro che stavano presso il fiume, in attesa di ricevere il battesimo di conversione. Non solo lo presenta, ma orienta i suoi discepoli a Colui che solo merita di essere seguito con il cuore, con la mente, per tutta la vita. E così, due discepoli di Giovanni vengono invitati a conoscere da vicino la persona di Gesù; uno di essi era Andrea, fratello di Simon Pietro (cfr. Gv 1,40).

Usando un'espressione non proprio ortodossa, potremmo definire Giovanni Battista il primo impresario di Gesù, colui che gli procurò i primi seguaci, i primi fans, che lo fece conoscere ad un vasto pubblico, là dove (il pubblico) si raccoglieva per assistere all'ultimo spettacolo, all'ultima attrazione in ordine di apparizione: la scena di un uomo vestito di pelli di cammello che versava acqua sul capo della gente e annunciava la venuta del Messia e, con essa, gli ultimi giorni.

Ma, allora, anche noi, in quanto battezzati, abbiamo lo stesso incarico di Giovanni il precursore! Brutta faccenda!! La fede non solo ci abilita, ma ci vincola ad annunciare Cristo presente nel mondo,...anche se Gesù non cammina più, fisicamente, tra noi.

Obiezione:"Non vale! troppo difficile mostrare la presenza di qualcuno che non è più presente!". Francamente non so se sia più difficile e imbarazzante parlare al mondo di qualcuno che è assente, oppure annunciarlo presente, ma poi doversi ricredere circa le cose dette sul suo conto...

Possiamo ancora ‘cullarci' nelle nostre convinzioni e illusioni sulla persona di Gesù:...che è un gran buono e dispensa indulgenze a destra e a sinistra - e non è così! -; o, al contrario, che è un giudice rigoroso e infligge a ciascuno il castigo meritato - e non è neanche così! -.

Giovanni si scontrò con la Verità, non dovette cercarla a lungo, venne lei da lui. A noi, invece, resta l'impegno di cercare qualcosa, Qualcuno, con un'unica certezza: ci stiamo avvicinando ogni giorno di più, siamo in grado di accorciare le distanze; fino ad annullarle del tutto l'ultimo giorno, allorché varcheremo le soglie della vita presente ed entreremo in quella eterna.

Fino a quel giorno il cammino della ricerca continua...

"Non c'è nulla dell'umana società che non risulterebbe danneggiato,
qualora decidessimo di non credere in niente..."

Enzo Bianchi

 

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