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TESTO Buono come un agnello

Marco Pedron  

II Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (19/01/2014)

Vangelo: Gv 1,29-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Giovanni, 29vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! 30Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. 31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele».

32Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. 33Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. 34E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

Gv cadenza il suo vangelo seguendo il ritmo della Creazione secondo il libro della Genesi. E' per questo che il brano di oggi inizia dicendo: "Il giorno dopo" (Gv 1,29). E' il secondo giorno della Creazione.

Qui c'è il giorno dopo (secondo giorno); in Gv 1,35 c'è di nuovo "il giorno dopo" (terzo giorno); in Gv 1,45 c'è di nuovo "il giorno dopo" (quarto giorno) e in Gv 2,1 "tre giorni dopo" (settimo giorno).

Cosa fa Gv? Gv ci presenta che in Gesù si ripete la Creazione. Nella prima creazione (Gn 1) Dio crea il mondo e stipula l'alleanza con l'uomo. In Gv 2 avviene la seconda creazione, nuova e definitiva con Gesù. E a Cana, Gesù stipulerà la nuova alleanza.

L'antica stabiliva cosa l'uomo deve fare per Dio (pensate ai Dieci Comandamenti). La nuova stabilisce ciò che Dio fa per l'uomo: lo ama di un amore immenso e sconfinato.

Gv arriverà fino al settimo giorno, il giorno della completezza, della creazione, con le nozze di Cana, dove sarà annunciata la nuova alleanza.

"Vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!"." Gv 1,29. Giovanni Battista identifica in Gesù l'agnello di Dio. Ma cosa si intende con questo agnello?

E' l'agnello pasquale che Mosè ordinò di mangiare al suo popolo la notte della Pasqua perché la carne avrebbe dato la forza di compiere questo cammino verso la liberazione e il sangue avrebbe salvato gli ebrei dalla morte che l'angelo distruttore (l'angelo della morte) in quella notte avrebbe portato su tutto l'Egitto.

Quindi: carne per avere la forza di camminare verso la libertà e sangue che libera dalla morte.

Il Battista vede in Gesù quest'agnello. Sono numerosi i riferimenti in tutto il vangelo di Gesù come agnello pasquale. Ad esempio l'ora della sua morte avviene proprio nell'ora in cui venivano sacrificati gli agnelli per la Pasqua o il fatto che a Gesù in croce non sarà spezzato nessun osso com'era stabilito per l'agnello pasquale, ecc. Quindi Giovanni Battista vede in Gesù l'agnello di Dio, la cui carne darà la forza e la capacità di iniziare il cammino verso il nuovo esodo: la libertà. E il sangue non salverà dalla morte fisica ma dalla morte definitiva. Consentirà, cioè, a chi accoglie questo sangue, una qualità di vita per superare la morte.

Per il Battista la funzione dell'agnello di Dio è di togliere il peccato del mondo (Gv 1,29).

Non si tratta di peccati (bugie, litigi, cattive azioni, ecc), cioè dei peccati degli uomini, ma del peccato del mondo. Cioè un peccato che precede la venuta di Gesù e che è un ostacolo per la comunicazione tra Dio e l'umanità. Questo peccato è il rifiuto dell'offerta di vita e di pienezza che Gesù offre all'umanità, causato dall'adesione ad un sistema ideologico e religioso che è contrario alla volontà di Dio.

Ti viene fatto un dono ma tu, per le tue idee preconcette, dici: "No". Questo è il grande peccato.

Non sempre i vicini di casa sono ben accetti. I miei erano invisi ai miei genitori che mi dicevano sempre: "Non accettare niente da loro". E io eseguivo: io non avevo motivi per dire che era gente "cattiva" ma siccome mi era stato detto così, io li consideravo così. Questa coppia non aveva figli. Per cui i figli dei loro vicini (tra cui io) erano molto ben voluti da loro. Così un giorno mi chiamarono per farmi un regalo. Sapevano che io amavo tantissimo "le macchinette" (ne avevo una supercollezione!) e me ne regalarono una di meravigliosa. Ora la cosa era fantastica. "E' tua, è un regalo per te", mi dissero. Ma io dissi: "Grazie, ma non posso!". E la lasciai lì. Che peccato! I miei pregiudizi appresi mi avevano impedito di godere del loro reale amore. Ripensando oggi capisco cosa fa la precomprensione, il pregiudizio: ti impedisce di vedere la realtà e le persone. Non vedi quello che è, quello che sono, ma quello che tu hai in testa.

Dio ci fa un dono incredibile: ci ama gratis, sempre, in ogni momento, per sempre e senza nulla in cambio.

Ma noi per i nostri pregiudizi religiosi o culturali diciamo: "No, grazie!". "Ma come!?!". "Eppure...!".

Facciamo un esempio. Conoscete una persona, entrate subito in empatia e ad un certo punto gli dite: "Oh, perché non vieni a messa con me, domenica prossima?". Voi siete felici della proposta: a voi piace andare lì, tornate a casa ricaricati, felici, pieni di energia e di voglia di vivere. Ma la vostra frase in che mondo cade?

Se la persona ha un bel ricordo di quando andava in parrocchia da piccolo, del suo parroco, facilmente potrebbe rispondervi: "Ma certo!". Oppure se si ricorda di quando andava ai campiscuola o fa l'associazione con un catechista, un prete o un'esperienza positiva che ha fatto in parrocchia, facilmente potrebbe dirvi: "Certo, andiamo!".

Ma se invece per esempio il suo parroco una volta non l'ha confessato e l'ha mandato via o magari i suoi genitori odiavano la chiesa e ne parlavano male o il catechista lo faceva sentire sempre in colpa se non andava in chiesa, facilmente potrebbe rispondervi: "Non ho mica bisogno di quella roba lì!" oppure: "No, no, quelli che vanno in chiesa sono peggio degli altri", ecc. In realtà non sta rifiutando il presente (manco lo conosce) ma sta dando una risposta in base al passato o peggio ancora a condizionamenti di altri. Che ne sa lui di quell'esperienza? Niente.

Questo è il grande peccato: dire di no senza neppure conoscere un'esperienza, una persona, una cosa.

Perché Gesù definisce così il "peccato": se tu hai stabilito una cosa, non importa più chi hai davanti, ma tu vedi ciò che tu hai già stabilito.

Cedric Holloway è un ventenne cuoco che decide di investire un po' dei pochi soldi che ha. Così entra in banca e si fa spiegare come fare. Poi, siccome i soldi che ha da investire sono tutto il suo piccolo patrimonio e ci vuole pensare bene, ci ritorna e chiede ulteriori informazioni. Il giorno dopo torna in banca, chiede ulteriori informazioni prima di fare l'investimento e poi se ne sta sul sedile della sua auto, parcheggiata fuori dalla banca, a leggersi tutti i prospetti informativi. Ad un certo punto si trova una decina di poliziotti con la mitraglietta davanti che lo fanno uscire dall'auto, lo ammanettano, gli leggono i diritti e lo conducono in prigione. E perché? Perché il personale della banca sospettava che stesse per fare una rapina.

Watzlawick in un libro dal titolo indicativo: "Istruzioni per rendersi infelici" racconta questa storia: "Un uomo vuole appendere un quadro. Ha il chiodo ma non il martello. Il vicino ne ha uno, così decide di andare da lui e di farselo prestare. A questo punto gli sorge un dubbio: "E se il mio vicino non me lo vuole prestare? Già ieri mi ha salutato appena. Forse aveva fretta, ma forse la fretta era soltanto un pretesto ed egli ce l'ha con me. E perché? Io non gli ho fatto nulla, è lui che si è messo in testa qualcosa. Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito. E perché lui no? Come si può rifiutare al prossimo un così semplice piacere? Gente così rovina l'esistenza agli altri. E per giunta si immagina che io abbia bisogno di lui, solo perché possiede un martello. Adesso basta". E così si precipita di là, suona, il vicino apre, e prima ancora che questo abbia il tempo di dire: "Buongiorno", gli grida: "Si tenga pure il suo martello, villano!".

Ecco il peccato: tu vuoi vedere quello che già vedi. E' il contrario della conoscenza, dell'evoluzione, dell'accettazione, dell'amore, del vangelo. Gesù andava da tutti e non si faceva idee preconcette (peccato) prima. Andava di persona a vedere e vedeva con i propri occhi e non con gli occhi di altri.

Il grande peccato si chiama paraocchi, pregiudizio, precomprensione. E' grande perché non può essere cambiato, perché chi non vuole cambiare, chi non vuol vedere vedrà solo ciò che vuole vedere.

Lo psicologo sociale Thomas Pettigrew ha analizzato dati provenienti da tutto il mondo: gli ebrei che avevano amici palestinesi avevano pochi pregiudizi nei loro confronti (e viceversa); i turchi che avevano amici tedeschi avevano pochi pregiudizi nei loro confronti (e viceversa); gli abitanti dell'Italia del Nord che avevano amici del Sud avevano pochi pregiudizi nei loro confronti (e viceversa). Ma quelli che non avevano questo legame d'amicizia con altre etnie oggetto di stereotipi, avevano, in genere, forti pregiudizi. Cosa vuol dire?

Che il contatto (l'amicizia) faceva vedere l'altro per quello che era e non per quello che si pensava che fosse. E' l'incontro con le persone che te le fa conoscere.

Per cui per non fare "peccato" mi devo dire: "Ma se non lo conosci neanche!... Ma tu l'hai visto? Tu c'eri? (rispetto alla voce: "Gli altri dicono; gli altri hanno visto; si dice...")... Ma vai a vedere almeno una volta?... Perché parli se non sai?... Gli hai mai chiesto perché fa così?...".

Poi il vangelo continua: "Egli è colui del quale ho detto: "Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me"." (Gv 1,30). Per adesso Gesù viene presentato soltanto come un uomo.

"Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell'acqua, perché egli fosse manifestato a Israele" (Gv 1,31). Il Battista dice che non lo conosceva e che il suo battesimo serve proprio per rivelarlo.

In Israele c'era stato un piccolo gruppo che era sempre rimasto fedele all'alleanza e alle sue promesse.

Nel libro del profeta Sofonia si legge: "Farò restare in mezzo a te un popolo umile e povero, un resto d'Israele che confiderà nel nome del Signore" (Sof 3,12). E questa promessa del Signore fatta ad Israele, con Gesù sarà rivolta a tutta l'umanità.

"Giovanni testimoniò dicendo: "Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui"." (Gv 1,32). L'articolo determinativo "lo", indica la pienezza, la totalità, la forza di Dio, cioè l'amore, che scende totalmente in Gesù.

La colomba: l'abbiamo vista anche domenica scorsa. La colomba ha due sensi.

1. È il riferimento alla Genesi, dove lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Gen 1,2). Gesù, quindi, è la nuova, vera e definitiva creazione voluta da Dio.

2. Si rifa', poi, ad un proverbio: "L'amore della colomba al suo nido". La colomba è fedele al suo nido originario, anche se gliene venisse fatto uno di nuovo. Quindi Gesù è il nido dello Spirito, è lì dove risiede la pienezza dell'amore di Dio.

Ciò che è importante è che non solo lo Spirito discenda su Gesù ma che rimanga. Cosa vuol dire? L'esperienza dello Spirito è possibile a molti, ma solo colui sul quale lo spirito rimane lo può comunicare agli altri. E questa sarà nient'altro che l'attività di Gesù: comunicare a tutti il suo Spirito, che Dio cioè è Amore.

"Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell'acqua mi disse: "Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui (lett. "colui che battezza...") che battezza nello Spirito Santo"." (Gv 1,33).

E notate come l'evangelista sottolinea che "lo" Spirito non solo scende ma che anche rimane.

Gv pone in parallelo l'espressione "colui che toglie il peccato del mondo" (Gv 1,29) con "colui che battezza nello Spirito Santo" (Gv 1,33). Questo peccato non dev'essere espiato ma dev'essere estirpato. Ma come? Non con una lotta, non con la violenza.

Gv ha già scritto nel suo prologo che "la luce splende nelle tenebre" (Gv 1,5): la luce non combatte contro le tenebre ma si limita a brillare, ad illuminare e le tenebre se ne vanno.

L'azione di Gesù è di battezzare nello Spirito Santo. Mentre il battesimo nell'acqua significa immergersi in un liquido che è esterno all'uomo, nel battesimo nello Spirito Santo significa lasciarsi impregnare, inzuppare, della pienezza divina che viene da Dio attraverso Gesù. Quindi l'azione di Gesù è comunicare ad ogni persona la sua stessa divinità.

Su Gesù scende la Forza di Dio e la sua azione è di battezzare in Spirito Santo. Spirito Santo non indica solo la qualità dello Spirito (santo) ma la sua attività di santificare. Santificare vuol dire "separare" quanti accolgono questo spirito dalla sfera del male e delle tenebre.

Quindi l'azione di Gesù è nient'altro che quella di comunicare il suo stesso spirito. Una volta che questo spirito è accolto nella persona, diventa una sorgente zampillante che comunica in maniera crescente e traboccante la vita divina.

Quindi riassumiamo: tutto lo Spirito scende su Gesù. Gesù lo comunica tutto agli uomini. Se gli uomini che lo accolgono diventano a loro volta spirituali, cioè pieni di Spirito. E in quanto pieni di Spirito sono a loro volta capaci di comunicare lo stesso Spirito ad altri uomini. E' quanto è successo in At 2 con la Pentecoste: gli apostoli, sui quali era sceso lo Spirito di Gesù, diventano ora i "nuovi" Gesù nel mondo.

Conclude poi il vangelo: "E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio" (Gv 1,34).

Colui che prima era stato annunciato semplicemente come un uomo (Gv 1,30) ora viene rivelato come il Figlio di Dio. In Gesù, sul quale è disceso lo Spirito di Dio, c'è la pienezza della benedizione divina e Gesù manifesta completamente la realtà di Dio.

Per due volte in questo vangelo il Battista dice: "Io non lo conoscevo" (Gv 1,31.33). Il Battista aveva delle idee sul Messia (anche lui aveva le sue precomprensioni) e quando l'ha conosciuto, anche se non era come lui pensava, ha ri-conosciuto che Lui è il Figlio di Dio: "Non sei come ti pensavo, ma sei proprio tu!". Per questo lo testimonia.

Il Battista in Gv, allora, non solo è capace di cambiare il proprio pregiudizio ma conosce chi è Gesù perché lo ha incontrato. Il Battista aveva le sue idee sul Messia, ma dovrà affermare: "Io non lo conoscevo. Pensavo che lo avrei riconosciuto in un certo modo e invece è venuto e si è manifestato come non me l'aspettavo". E' stato l'incontro con Gesù che gli ha fatto capire chi era davvero il Messia.

A volte noi abbiamo ridotto Dio a dottrine, catechismi, dogmi, regole, ma Dio è un incontro. La grande domanda è: "Ma io l'ho mai incontrato?". Che non è: "Cosa penso di Dio?" o: "Cosa ho imparato, cosa so su Dio". Ma: "Io l'ho mai incontrato?".

E ci sono dei criteri per vedere se uno lo ha incontrato. 1. Chi ha incontrato Dio non è più stato lo stesso. Il dopo non fu più come il prima. Chi lo ha incontrato è stato una persona nuova. 2. Chi ha incontrato il Dio di Gesù ama e non giudica; ama e sa perdonare; ama e non possiede. Questo perché fa ciò che lui stesso ha ricevuto dal Dio di Gesù.

La fede nasce da un incontro, da un'esperienza, dalla vita.

Agnello, in ebraico, si dice con la parola "taljah" che vuol dire sia "agnello" che "servo". Probabilmente Giovanni Battista intendeva non tanto l'agnello ma il servo di Dio quando parlava di Gesù.

Ma nel tempo i cristiani lessero quella parola "taljah" come agnello. D'altronde non era forse vero che la sentenza di morte di Gesù era stata pronunciata il 14 di nisan, verso mezzogiorno, proprio nell'ora in cui sgozzavano gli agnelli?

Ecco quindi che Gesù, con la sua morte, è il nuovo e definitivo agnello che toglie il peccato dal mondo.

Noi ogni domenica diciamo: "Agnello di Dio che togli il peccato del mondo"... Ma cosa vuol dire per noi quell'espressione lì? Qual è il nostro retaggio culturale?

L'espressione della messa "agnello di Dio che toglie i peccati del mondo" per noi vuol dire: "Dio è morto a causa dei nostri peccati; Dio si è sacrificato per noi".

1. Gli ebrei come quasi tutti i popoli antichi avevano questa concezione: ogni peccato dev'essere espiato. O tu o tuo figlio o un tuo discendente o qualcun altro (capro espiatorio) deve pagare l'errore.

Tu hai sbagliato: qualcuno deve pagare per lo sbaglio. La concezione "occhio per occhio, dente per dente" si rifà proprio a quest'idea: hai sbagliato e devi, quindi, pagare almeno altrettanto.

Questa concezione è passata nella nostra religione. La concezione degli ebrei era: "Chi sbaglia paga". Si diceva più o meno così: "L'uomo con i suoi peccati ha offeso Dio; l'uomo non può da solo riparare l'offesa infinita fatta a Dio; il Figlio di Dio garantisce questa riparazione infinita". Gesù Cristo, allora, è morto per espiare i nostri peccati, è morto per noi, è morto per riparare il nostro errore. Ma che Dio è il Dio che manda a morire suo figlio per riparare le nostre colpe?

2. Gli ebrei conoscevano il capro espiatorio. Cioè una volta all'anno nel giorno dello Yom Kippur tutti i peccati del popolo venivano caricati su un capro che poi veniva mandato a morire nel deserto. Era un modo collettivo per liberarsi dai propri peccati. Allora: uno paga per tutti. E' il nostro capro espiatorio.

Ma l'agnello, per gli ebrei, era per loro un'immagine di mansuetudine, di bontà, di non violenza. Quest'immagine è stata persa lungo i secoli.

Ma l'agnello era l'immagine simbolo della bontà del tempo. Anche noi diciamo di una persona buona, innocua: "E' un agnello; è un agnellino!". Noi oggi diremo che Gesù è un abbraccio. Lì puoi sentirti accolto, accettato, avvolto, riconosciuto, stimato, amato.

L'agnello non fa paura: Dio è così. Per nessun motivo al mondo lo devi temere. Lui non tradisce; Lui non volta le spalle; Lui sta sempre dalla tua parte; Lui non abbandona mai.

L'agnello è simbolo di dono: dona il latte, dona la lana. Dio è così: tutto quello che ha te lo da. Lui vuole che tu sia felice e felice al massimo che puoi, che tu sia inebriato di vita.

Che Dio sia come un agnello vuol dire che Dio è buono. Cosa ti può fare un agnello? Un leone, un lupo, una tigre... sono pericolosi, ti possano fare male. Ma un agnello? Dio è così.

Andare a fare la comunione è come andare dall'amata: una gioia, un'attesa, un'aspettativa. Andare a fare la comunione è come stare tra le braccia della mamma: si sente quanto si vale e si è belli. Andare a fare la comunione è come stare tra le braccia del papà: ci si sente al sicuro.

Dio è quest'agnello. Il nostro peccato sono il limite, la paura, i blocchi e i condizionamenti. Allora Lui come una Grande Madre, Buono come un Agnello, ci prende per mano perché noi possiamo affrontare tutto questo. Dio si è mostrato al mondo come Bambino perché voleva che non avessimo paura di Lui. Se voleva che lo temessimo si sarebbe mostrato forte e potente. Ma che può farti un bambino? Dio è come un agnello, come una madre, è l'Agnello, la Madre che ci ama infinitamente.

E se qualche volta ci mette alle strette, ci da una tirata d'orecchie o è fermo con noi: "Stop... adesso basta... smettila... si cambia... no... sì... alzati... vieni fuori... esci... stai zitto..." è solo perché ci vuole bene e perché vuole che diventiamo grandi, adulti e soprattutto felici.

C'è una storia andina che dice che una feroce banda di predoni scese dalle vette delle Ande, attaccarono il villaggio, portarono via tutte le ricchezze e anche un bambino. La gente del villaggio fece una squadra per andarsi a riprendere il bambino, ma era gente della pianura e non ne sapeva niente delle alte vette delle Ande. Ci provarono lo stesso: scelsero i migliori uomini e provarono a scalare le montagne. Ma non ci fu verso: dopo giorni e giorni erano ancora bloccati lì. Ad un certo punto rimasero tutti sbigottiti: la madre del bimbo era salita fino lassù, aveva - non si sa come - preso il bambino ed era tornata giù. Allora le chiesero: "Ma come hai fatto tu? Noi, in tanti, uomini forti e vigorosi, non siamo riusciti e tu sì?".

E lei: "Non era vostro figlio!". Dio è come quella madre.

Pensiero della Settimana
Nel silenzio dell'anima
si possono ascoltare parole che non hanno voce.

 

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