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Paolo Curtaz  

XIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (04/07/2004)

Vangelo: Lc 10,1-12 .17-20 (forma breve: Lc 10,1-9) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 10,1-12.17-20

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”. 10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: 11“Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino”. 12Io vi dico che, in quel giorno, Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.

17I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». 18Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. 19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. 20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli».

Forma breve (Lc 10,1-9):

In quel tempo, 1il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”».

Quali discepoli, allora? Discepoli adulti, motivati, pacificati, protesi al futuro, che mettono la conoscenza del Maestro al di sopra di ogni affetto, di ogni gioia, che non si rifugiano in Lui dimenticando il mondo...

Così dicevamo domenica scorsa, dopo esserci chiesti: chi è il Signore per noi, chiediamoci chi è il discepolo per lui. E oggi una nuova riflessione, intensa, solida, urticante.

Parliamo di missione, del ruolo dei discepoli, del loro compito, l'annuncio della Buona Notizia della presenza di un Dio immensamente diverso da quello spaventevole del nostro inconscio. La missione, però, riguarda tutti i discepoli, non una cerchia stabilita. Smettiamola di pensare all'annuncio del Vangelo come a qualcosa che riguarda alcune persone prescelte che varcano gli oceani alla ricerca di qualche sperduto popolo sperduto nella foresta.

L'oceano c'è, ed è qui. Divide la gente, crea degli abissi d'incomprensione e di solitudine. La foresta c'è, ed ha il volto all'apparenza rassicurante delle nostre periferie. A queste nuove condizioni, ci è chiesto un nuovo atteggiamento, un farsi carico, un assumere la gioia dell'annuncio là dove viviamo. Gli anni del cristianesimo trionfante e capillarmente diffuso sono alle nostre spalle (sono mai esistiti?), gli anni della diffusa e condivisa cultura cristiana ampiamente tramontati. E' il tempo del dire il Vangelo in modo nuovo, non a persone che mai hanno sentito parlare del Rabbì, ma – ahimé – a persone che credono di credere, infradiciate di pregiudizi e di catechismo mal digerito, di immagini abitudinarie dell'essere Chiesa e dell'essere fedeli.

Questa è la sfida: far uscire Dio dalle chiese, riportarlo là dove aveva deciso di vivere, tra la gente. Strapparlo dagli angusti abiti del sacro in cui l'abbiamo relegarlo per farlo infine tornare in quella umanità che aveva deciso di assumere. L'annuncio del Vangelo è il contagio della tenerezza di Dio, il dire con la vita, nelle scelte il nostro essere diventati cercatori di Dio.

E Gesù ci indica con precisione lo stile e la modalità.

I discepoli vengono mandati a due a due, precedendo il Signore. Non dobbiamo convertire nessuno: è Dio che converte, è lui che abita i cuori. A noi, solo, di preparargli la strada. Non dobbiamo salvare il mondo: il mondo è già salvo, è che non sa di esserlo. In coppia veniamo mandati: l'annuncio non è atteggiamento carismatico di qualche guru, ma dimensione di comunità che si costruisce, di fatica dello stare insieme.

L'annuncio è fecondato dalla preghiera: perché non diventare silenziosi terroristi di bene, seminando benedizioni e preghiere segrete là dove lavoriamo? Affidando al Signore, invece di giudicare? Il Signore chiede di pregare per avere operai per la messe, perché Dio vuole essere aiutato, vuole condividere l'opera di salvezza, così come ampiamente manifestato nella storia del popolo di Israele.

Il Signore ci chiede di andare senza troppi mezzi, usando gli strumenti sempre e solo come strumenti, andando all'essenziale. Lo so, amiche catechiste: il corso di nuoto o la settimana bianca sono mille volte più attraenti della vostra stentata ora di catechismo. Ma voi avete una cosa che a nessun allenatore è chiesta: l'amore verso i vostri ragazzi.

Il Signore ci chiede di portare la pace, di essere persone tolleranti (ricordate san Giovanni e il santo zelo di domenica scorsa?), pacificate. Nessuno può portare Dio con la supponenza e la forza, l'arroganza dell'annuncio ci taglia da Dio in maniera definitiva.

Infine il Signore ci chiede di restare, di dimorare, di condividere con autenticità. Noi non siamo diversi, non siamo a parte: la fatica, l'ansia, i dubbi, le gioie e le speranze dei nostri fratelli uomini sono proprio le nostre, esattamente le nostre. Condividiamo la ricerca, portando nel cuore il Vangelo, senza facili verità da sbattere in faccia agli altri, ma nella serena certezza che il Signore ci conduce per mano.

Animo, brothers! Provare per credere, uscire dalla timidezza (vergogna?) che ci impedisce di dire Cristo con la vita, di raccontare la nostra ansia di verità e di bene, e vedrete davvero schiudersi il mondo a una dimensione nuova. Gioiamo amici, i nostri nomi sono scritti nei cieli, il Signore chiede collaboratori per l'annuncio del vero volto di Dio.

Libri di Paolo Curtaz

 

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