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TESTO Commento su Luca 2,1-14

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Natale del Signore - Messa della Notte (25/12/2013)

Vangelo: Lc 2,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,1-14

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Questa veglia che ci prepara a fare memoria della nascita del Salvatore nella notte del mondo, vede protagonisti i nostri occhi. Il Natale come un incrociarsi di sguardi.

La città, Gerusalemme, al tempo del profeta Isaia, è un cumulo di macerie. E non è la sola, sono mesi che ci portiamo negli occhi il peso delle macerie, e a macerie si aggiungono macerie, le macerie come esito di una umanità o di una disumanità. La città è nel simbolo delle macerie, ma le sentinelle alzano la voce. Che cosa vedono i loro occhi?

Vedono il ritorno del Signore. Occhi che vedono: "tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio".

E Giovanni, nel suo vangelo, parla di occhi che bucano le tenebre del mondo: "E noi vedemmo" dice "la sua gloria". dove? Dove è ora la gloria di Dio? Dove i nostri occhi vanno questa notte a cercarla? Il Verbo si è fatto carne, ha messo la sua tenda in mezzo a noi. I nostri occhi non vedono altro che la fragile carne di un neonato. D'ora in poi la gloria di Dio va cercata lì. Bisogna avere occhi.
Origene, Padre della Chiesa, pregava così:
Possa il Signore Gesù toccare i nostri occhi
per renderci capaci di guardare
non ciò che si vede ma quello che non si vede.
Possa aprirli, questi occhi,
perché contemplino
non il presente, ma l'avvenire
e possa donarci gli occhi del cuore
con cui possiamo vedere Dio attraverso lo Spirito.

Ebbene, che cosa leggiamo in questa carne, piccola, tenera, indifesa carne di un neonato, uscita dai nove mesi? Che cosa vediamo in questa carne abitata dalla luce? Vediamo gli occhi di Dio, lo sguardo di Dio. Ci sentiamo guardati. E non è poca cosa essere guardati. È come sentirsi strappati dalla solitudine e dall'insignificanza. Infatti, "nessuno che si accorga di te", "nessuno che ti guardi", è una delle espressioni più amare, vicina all'altra dello "sguardo che ti incenerisce", "guardato dall'alto in basso".

La gloria di Dio riposa in una mangiatoia e ti senti guardato da Dio, ti senti guardato dalla benevolenza. Tutti noi guardati. È questo che siamo venuti a contemplare nella notte: lo sguardo di Dio, su di noi, su questa terra. È uno sguardo che illumina.

Ritornano in mente le parole del salmo 34: "Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri occhi" (Sal 34,61). C'è da chiedersi: se i nostri volti sono confusi e non sappiamo più nemmeno chi siamo, se i nostri volti sono confusi, non sarà perché non guardiamo più Dio? O perché diciamo, sì, di guardare Dio, ma non osserviamo dove Dio ha messo la sua gloria? L'ha messa nella carne fragile di un bambino, nel piccolo.

Ed è rivoluzionario Dio. È in contro tendenza. Non so se misuriamo quanto sia in contro tendenza il Natale che dice: "Dio nel piccolo, nell'infinitamente piccolo". Guardate il piccolo, il fragile, il disprezzato. Pensate la carica rivoluzionaria di questo messaggio in una società dove ad attirare l'attenzione in tutti i modi, con le arti più raffinate, fino all'ossessione, sono i grandi, loro sotto i riflettori, le loro grandi scenografie, la seduzione del grande, le storie dei piccoli, se le mandano in onda, le mandano in onda nelle ore del sonno.

Ma in una società in cui vali non per la tua carne di uomo, ma perché hai un titolo, perché hai una laurea, perché sei apparso in televisione, perché hai fatto carriera, perché sai gridare, che forza dirompente ha il Natale, quello vero, che dirotta l'attenzione sul piccolo, sul bambino che non ha altro titolo che quello di essere un umano, un cucciolo di uomo. E basta questo, basta essere un umano, perché uno abbia tutta la sua dignità e tutto il nostro rispetto, non occorre altro. Non occorre altro dal giorno in cui Dio ha messo la sua gloria in un bambino. E dunque se questa notte hai avuto occhi, occhi del cuore, per vedere Dio, non potrai, non dovrai, farti più abbagliare dalle immagini vuote della grandezza mondana. Togli i riflettori, porta la tua passione sull'infinitamente piccolo. Questa nascita nella carne di un bambino è invito a guardare i piccoli, a chinarsi sulle cose umili, a dare onore a chi è ai margini.

Sarà Natale di Dio, Natale vero. E sarà Natale dell'uomo, Natale del mondo.

(dalle omelie di don Angelo Casati)

 

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