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TESTO Un miliardo di persone soffrono la fame

Riccardo Ripoli  

Martedì della II settimana di Avvento (10/12/2013)

Vangelo: Mt 18,12-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli

Ci sono un miliardo di persone che soffrono la fame nel mondo. Davanti a certi numeri si resta allibiti e pensiamo "cosa possiamo mai fare noi da soli?".

Madre Teresa diceva "aiutiamone uno alla volta" e così facendo ha aiutato tantissima gente.

E' l'effetto domino. Se uno di noi prende in affido un bambino, il suo esempio porterà un'altra famiglia ad accogliere. Nel tempo il buon esito di entrambe porterà altri due nuclei familiari ad iniziare il cammino dell'affidamento, e così via. Non c'è bisogno di convincere centinaia di famiglie, basta solo che ognuno di noi ne convinca una, una soltanto.

Nemmeno un bambino si dovrà perdere, nemmeno uno. Sono centinaia i bimbi maltrattati che avrebbero bisogno di una famiglia? Migliaia? Forse un milione e passa? Non sono grandi numeri perché in Italia ci sono ventidue milioni di famiglie, quarantaquattro milioni di persone senza considerare le coppie di fatto. Togliamo quelle che non possono fare affido per mille situazioni diverse, togliamo i minori che necessitano di una comunità che li contenga piuttosto che di una famiglia, ma se fossero anche la metà le famiglie e metà i bambini da accudire, ci sarebbero sempre undici milioni di unioni che potrebbero amare cinquecentomila bambini.

In un'intervista per Donna Moderna la giornalista mi domandava "come gestite il fatto che poi un bambino se ne vada da casa?". Purtroppo questo è l'interrogativo che spesso frena molte coppie, si pensa a noi stessi, alla sofferenza che, forse domani dovremo sopportare. A parte il fatto che non sempre i bambini rientrano nelle famiglie, a parte il fatto che la nostra futura possibile sofferenza è ben poca cosa rispetto al grande star male di bambini maltrattati e abusati, a parte il fatto che un adulto dovrebbe sapere come gestire un lutto, il fatto è che mettiamo sempre in primo piano noi stessi, cerchiamo sempre di metterci al riparo, anche evitando di dare amore. Dobbiamo vedere il problema da un altro punto di vista: c'è un bambino che ha bisogno di essere accolto? Ho posto, una situazione familiare che me lo permette, bene, lo prendo io.

E' come aver paura di innamorarsi perché si teme che non saremo ricambiati. Chi ha paura non amerà mai e non sarà mai amato. Bisogna buttarsi nella vita e accettare il rischio di una sofferenza, che quasi certamente arriverà prima o poi, se non altro con la morte del coniuge. Chi non rischia non amerà mai e chi non ama è come una canna al vento, bella, robusta, che non si spezza, ma in balia degli elementi, non in grado di decidere della sua vita, della direzione da prendere.

 

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