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TESTO Giù il sipario

don Cristiano Mauri  

III domenica T. Avvento (Anno A) (01/12/2013)

Vangelo: Mt 11,2-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. 12Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. 13Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. 14E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che deve venire. 15Chi ha orecchi, ascolti!

Stop, fermi! Spegnete i riflettori. Togliete i costumi. Via il trucco dal volto. Smettano gli applausi, si tolgano i cartelloni e finisca la caccia all'autografo. Basta. Giù il sipario.
Come perché? Perché non è di uno show che si tratta.

Avete ragione, era facile ingannarsi. I segni erano grandi, le parole forti e le scenografie imponenti. Lo so. Lo sappiamo. D'altronde Lui non si tirava indietro e i colpi di teatro non gli mancavano certo. Oltretutto, a un certo punto, aveva dato l'impressione di volere puntare esattamente su quello: "Andate e raccontate ciò che vedete... Sanate i malati... Scacciate i demoni... Gli uomini vedano le vostre opere... Non si nasconde una lucerna accesa...". E' vero: il malinteso era dietro l'angolo e la spettacolarità si prometteva come una strada feconda. Le folle! Ah, quanto ci piacciono le folle! E quelle le attiri con lo spettacolo e con il colpo di scena. Si sa, il pubblico è esigente e basta niente - un cambio d'umore, una serata storta, una prestazione scialba - per perderlo in un attimo. Recuperalo tu, poi.

Così facendo, sembrava, in effetti, di prenderLo anche alla lettera. Anzi, addirittura di imitarLo. E così non ci si è fatti scrupoli a metter su il carrozzone: la rappresentazione del Regno di Dio.

«Correte tutti! Venite gente! Guardate l'opera di Dio e convertitevi! Stupitevi della nostra bontà e della nostra generosità! Osservate di quali sacrifici siamo capaci! Ammirate come preghiamo bene e quali liturgie confezioniamo! Riconoscete quanto bravi siamo nell'educare le nuove generazioni. Prestate attenzione a come ci prendiamo cura del mondo, di come amiamo i poveri, di quanto siamo indispensabili alla salvezza degli uomini! (applauso, grazie)». E come per ogni compagnia teatrale, poi: invidie, gelosie, ansie da prestazioni, critiche reciproche, ossessione del riflettore puntato.

Qualcuno disse che l'offerta crea la domanda e infatti eccole le generazioni cristiane dipendenti dalla logica dello spettacolo: quelle che guardano alla fede come a un happening, quelle che misurano la preghiera con il termometro emotivo, quelle che inseguono i miracoli e le apparizioni, quelle che sollecitano fenomeni soprannaturali, quelle che misurano il valore con la visibilità, quelle che sono attente ai numeri, quelle che acclamano questo o quel personaggio carismatico.

Sì, era facile ingannarsi. Anzi, è facile continuare a ingannarsi. E da prete - devo ammetterlo - lo è ancor di più. Il rischio di pensare alla vita secondo il Vangelo come un grande spettacolo da allestire seguendo il copione di Cristo e considerare l'evangelizzazione come la caccia alle migliori ribalte è davvero fortissimo.
Ma basta, giù il sipario.

Perché Lui di spettacoli non ha mai voluto sapere e il palcoscenico in quanto tale non l'ha affatto cercato, nemmeno a fin di bene. Non c'è esibizione alcuna nelle parole di Gesù che invia dal Battista il racconto delle opere di grazia che va compiendo. Non c'è indulgenza per la spettacolarità negli atti di salvezza che Gesù realizza davanti ai suoi contemporanei. Nessuna preoccupazione di voler mostrare - o dimostrare?!? - chissà che forzando i gesti e le parole.

Quel che si vede in quei gesti e in quelle parole è solo l'emergere del Regno che Gesù cercava sopra ogni altra cosa. Quel rapporto intimo e profondo con il Padre di reciproca dedizione incondizionata dava forma ad ogni frammento dell'umanità di Gesù, che gustava così - senza dubbio sorpreso - il compiersi in Lui della volontà del Padre, così amata e così desiderata.

Me lo immagino colmo a sua volta di una meraviglia stupita nell'inviare i messaggeri al Battista, narrando quelle opere meravigliose come le Sue proprie opere. Lo penso entusiasta e insieme pieno di pudore come di fronte a un mistero di cui Lui stesso faticava a capacitarsi. Che il Padre fosse così unito a Lui, che la Sua carne fosse la presenza reale del Regno: non posso che pensarLo commosso e trepido di fronte a tanta bellezza, forse, chissà, persino un po' geloso di tanta intimità divina.

Risento, infatti, in quelle parole che parlano di un Regno che subisce violenza proprio questa gelosia. Il Regno non ama il clamore né la spettacolarità. Ha leggi diverse dal mondo e logiche che sono in contraddizione con esso. Uno grande come il Battista - figuriamoci - è più piccolo dei più piccoli del Regno, come a dire che i criteri sono rovesciati. La grandezza si nasconde nella piccolezza, il Mistero nella semplicità, la potenza nella debolezza. Eppure c'è chi se ne impossessa volendone farne esattamente l'opposto. Chi ne vuole strappare i veli per metterlo a nudo, chi vuole gonfiarne i muscoli per renderlo forte, chi vuole incupirne lo sguardo per farne una minaccia. Lo abbiamo fatto, lo facciamo, lo faccio. Ogni volta che lo pensiamo come uno show hollywoodiano.

Gesù, invece, vive il Regno anzitutto come un modo diverso di vedere, ascoltare e percepire le cose, ricevuto in dono dal Padre da Lui cercato senza sosta; non una maniera spettacolare di metterle in scena. Le opere del Vangelo - tutte le opere del Vangelo - non si pianificano, infatti, come una strategia produttiva, bensì si ricevono con stupore da Dio dentro la propria umanità, mentre Lo si desidera e scopre continuamente come Padre.

Il Regno va cercato, non "rappresentato". E, a ben vedere, conviene evitare i "palcoscenici", di qualunque forma siano.

 

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