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TESTO Alla fine dei giorni

don Alberto Brignoli  

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I Domenica di Avvento (Anno A) (01/12/2013)

Vangelo: Mt 24,37-44 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 24,37-44

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.

42Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. 43Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.

L'Avvento che inizia con questa domenica ci invita da subito alla "vigilanza", allo stare attenti, pronti a cogliere i "segni" che il Signore ci manda, continuamente. Per la comunità che legge il Vangelo di Matteo (che ci accompagnerà durante tutto questo nuovo anno liturgico), i segni cui bisognava porre attenzione erano quelli riguardanti la venuta del Signore nella gloria, perché era convinzione diffusa, tra le prime comunità cristiane, che il ritorno del Signore "alla fine dei giorni" fosse storicamente imminente: va da sé, perciò (come a volte un po' apocalitticamente facciamo pure noi), che ogni qualvolta succedevano dei fatti clamorosi, da un punto di vista meteorologico o politico o sociale, si pensava che fosse oramai giunta la fine del mondo. Per questo, ci si esortava a vicenda, rifacendosi anche ad alcuni discorsi pronunciati in determinate circostanze dal Signore, a farsi trovare pronti, qualora il Signore fosse venuto a "portare via" alcuni, a portarli con sé nel giudizio finale, e a lasciarne altri: proprio come le parole del Vangelo ci raccontano oggi.

Le letture, però, non ci parlano di "fine del mondo", bensì di "fine dei giorni". Forse le due cose non coincidono. Non so se la mia sia un'interpretazione esegeticamente corretta, ma mi piace pensare che la fine del mondo indichi qualcosa che ovviamente sfugge alla nostra immaginazione e anche alla nostra interpretazione, perché riguarda qualcosa di talmente più grande di noi, antecedente e successivo a noi, la cui fine, così come il suo principio, non ci è dato di conoscere. Per cui, è inutile agitarsi di fronte a situazioni che realmente sfuggono alla nostra comprensione.

Diverso è invece il discorso temporale, perché nei "giorni" siamo chiamati a esserci e a starci con tutto il nostro essere e operare; e allora, la "fine dei giorni", pur rimanendo un mistero più grande di noi, non sfugge totalmente alla nostra comprensione. La fine dei giorni è una realtà che sperimentiamo ogni volta che una nostra attività ha un inizio e una fine, ogni volta che programmiamo un'azione all'interno di una determinata situazione storica e temporale, e la portiamo poi a compimento. Allora, la fine dei giorni richiede a noi lo sforzo di comprendere e cogliere l'attimo giusto nel quale collocare un'azione: sociale, politica, economica, e - ecclesialmente parlando - pastorale. Richiede quella che noi sovente indichiamo come "la capacità di discernere i segni dei tempi".

È attraverso un'attenta, profonda, ed anche scientifica lettura della situazione storica nella quale ci troviamo a vivere che possiamo, alla luce della Parola di Dio che rimane il nostro faro, giungere a fare delle scelte che corrispondano al bene nostro e dei nostri fratelli. Leggere la realtà con occhi attenti, esprimere su di essa un giudizio alla luce della Parola di Dio, e attuare delle scelte adeguate alla nostra vita in Cristo, è il modo migliore per stabilire le basi di un'azione pastorale seria, e credo sia il miglior auspicio per questo Capodanno liturgico che oggi celebriamo.

Dobbiamo avere la capacità di "stare dentro" questa fine dei giorni nella quale, in ogni istante, ci troviamo a vivere come se fosse il primo e l'ultimo della nostra presenza terrena. Se sapremo guardare con speranza e retta coscienza alla "fine dei giorni" nella quale stiamo abitando, allora veramente le spade che gli uomini si sono costruiti per farsi la guerra saranno usate per arare la terra e riempirne i solchi di semi e di acqua per irrigare, e non di sangue che scorre; allora veramente non temeremo più, se uno di noi viene preso e l'altro lasciato, se una persona riuscirà pienamente nei suoi intenti (buoni o cattivi che essi siano) e l'altra venga invece lasciata a cercare di realizzarli per un tempo indefinito. E non sarà più un problema, bensì una ricchezza, sapere che qualcuno riesce e qualcun altro no, che qualcuno corre rapido e qualcun altro va lento, che qualcuno è riflessivo e qualcun altro è più impulsivo anche all'interno della comunità, che qualcuno ci segue e qualcun altro ci contrasta; non sarà più un dramma, bensì saggezza, sapere che alcune attività vanno bene e altre meno, che alcune scelte sono ponderate e altre no, che alcune linee pastorali sono adeguate e altre meno. La nostra vigilante capacità di discernere i segni dei tempi ci farà comunque "stare bene", dentro quei giorni che siamo chiamati a vivere con pienezza.

Perché la fine dei giorni, ogni giorno che finisce, sia solo la prospettiva, la situazione, la cornice, nella quale collocare "il fine" dei nostri giorni: stare con il Signore.
Buon Anno Liturgico, e buon cammino!

 

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