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TESTO I pubblicani e le prostitute vi passeranno avanti nel Regno di Dio

don Romeo Maggioni  

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (29/09/2002)

Vangelo: Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Capita a volte, di fronte a qualcuno che ci delude, di pensare: Basta, questo non cambia più! O anche davanti alle proprie difficoltà, trovarci a dire: Non ce la farò mai!

Il vangelo di oggi è una provocazione e una speranza. Al di là della facciata, sembra dirci Gesù, c'è sempre un cuore e una risorsa di rinnovamento; e magari proprio là dove meno lo si aspetta! Dio non mette il cappello in testa a uno con un giudizio definitivo: crede alla conversione, anzi la stimola e l'aiuta. Quanti non hanno risposto pienamente a Dio - e tra questi ci siamo certamente anche noi -, possono ancora cambiare e convertirsi. Questo è il senso globale della parabola dei due figli. Ma vediamola nei particolari.

1) DECIDERSI CON LA FEDE

Immediatamente appare che la salvezza non è questione di buoni sentimenti o propositi, ma di concreta decisione vitale, che passa ai fatti. In questo senso Gesù aveva già detto: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21). "Figlioli, non amiamoci a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1Gv 3,18).

"Chi dei due - conclude Gesù riferendosi ai due figli - ha compiuto la volontà del padre? - Dicono: l'ultimo". Ed ecco la verifica polemica di Gesù: Allora non siete voi ad essere salvi, signori farisei, che dite e non fate, ma i pubblicani (come Matteo, quello delle tasse) e le prostitute (del tipo di Maria Maddalena) che sono pronti a dire di sì all'invito del Regno e a convertirsi.

"In verità vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio". Io ho incontrato uomini giusti e praticanti - sembra dire Gesù -, ufficialmente cercatori di Dio, e mi hanno rifiutato; ho incontrato uomini di strada, peccatori e prostitute, e mi hanno accolto!

Più precisamente, il fare qui è inteso come decidersi per Cristo, convertirsi alla nuova giustizia del regno di Dio preannunciata già da Giovanni Battista e rappresentata poi dalla persona di Gesù. "E' venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli".

Il punto è "credergli", andare nella vigna, partecipare alla novità messianica. Questa è l'opera prima da fare: credere in Gesù Cristo! "Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna" (Gv 6,40). Il punto cruciale sta nel pentirsi. "Pur avendo visto queste cose, non vi siete pentiti per credergli": questo ha bloccato i farisei. Mentre il secondo figlio, "PENTITOSI, ci andò" nella vigna! Se uno è convinto di possedere già la verità, di essere già a posto con Dio - come erano questi farisei - non ha certo pensiero di convertirsi alla novità di Cristo.

Spesso il perbenismo borghese che noi viviamo è una corazza che ci difende da ogni stimolo spirituale, ci narcotizza e assonna la coscienza, e a volte ci fa giudici persino di Cristo e del vangelo perché ci sembra troppo provocatorio e scomodante! Il Signore vuole posizioni chiare, non compromessi. E' scritto nell'Apocalisse: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo e caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca" (Ap 3,15-16). Anche a noi capita di costatare che i convertiti che vengono dall'altra sponda ci scavalchino poi in fervore e santità!

2) DECIDERSI CON LA PROPRIA LIBERTA'

La salvezza allora dipende dal nostro deciderci, dalla nostra libertà, dai nostri atti. "Se il giusto si allontana dalla giustizia - dice oggi la prima lettura -, per commettere l'iniquità, e a causa di questa muore, egli muore appunto per l'iniquità che ha commessa". Ma la nostra è una libertà "discorsiva", capace ogni momento di riscattarsi, di cambiare, di pentirsi.

"Se il giusto desiste dall'ingiustizia che ha commessa e agisce con giustizia e rettitudine, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà". Sono i singoli atti di bene che allenano e preparano alla scelta definitiva di bene per Dio; come sono le singole scelte di male che gradualmente trasformano la nostra umanità in qualcosa di sempre più coinvolto nella materia e nel male fino a rendercene schiavi per sempre. L'atto libero d'ognuno "trasnatura" la nostra qualità di uomini, e la determina per l'eternità.

Niente è definitivamente determinato nella nostra vita: anche l'ultimo sì a Dio può essere detto in croce come il buon ladrone. Ma è certo che quest'ultimo sì è il risultato di precedenti sì, di cui rimane come il risultato e la somma finale. Si muore come si vive! Per questo è indispensabile moltiplicare i sì verso Dio, e imitare Gesù, il quale "non fu sì o no, ma in lui c'è stato il sì" (2Cor 1,19).

E nella sua missione di condivisione con noi non guardò limiti, ma "spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Sec. lettura). Un sì a Dio che lo ha coinvolto totalmente per tutta la vita fino alla morte. E' appunto detto: "Figlio, va' OGGI a lavorare nella vigna". Il nostro destino eterno si decide oggi, e non a parole, ma a fatti. Pensiamo a quanti sono così presuntuosi ancora nel dire di sé: Io sono credente, ma non praticante! Quasi a voler giudicare e snobbare l'invito preciso di Gesù e della sua Chiesa. La strada della salvezza è un sentiero ben tracciato da seguire - quello che passa dalla mediazione di Cristo -, e quindi l'obbedienza passa anche dalla accettazione degli strumenti e delle intermediazioni da Lui volute.

"Va oggi a lavorare nella mia... Chiesa", dovremmo allora tradurre l'invito di Gesù. Obbedire alla Chiesa, amare e lavorare dentro e per la Chiesa locale è certamente la formula sicura della nostra salvezza eterna.

******

Lavorare nella vigna è questione di salvezza. Domenica scorsa dicevamo che tale salvezza, per fortuna, non dipende dal nostro lavoro, perché è un dono gratuito di Dio al di là dei nostri meriti. Oggi è sottolineata però la nostra parte di decisione e di lavoro, almeno come condizione. Dio ha voluto scommettere sulla nostra libertà, affidare il suo sogno nelle nostre fragili mani. Forse ha rischiato troppo,... guardando dal nostro punto di vista! Ma la salvezza ha un prezzo, l'amore. "Che sarebbe una salvezza che non fosse libera? Quando si sa cosa significa essere amato da uomini liberi - dice il Signore -, tanti schiavi prosternati non mi dicono nulla. Essere amato liberamente non ha peso, non ha prezzo" (Ch. Péguy).

 

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