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TESTO Commento su Isaia 51,4-8; Seconda Tessalonicesi 2,1-14; Matteo 24,1-31

don Raffaello Ciccone  

I domenica T. Avvento (Anno A) (17/11/2013)

Vangelo: Is 51,4-8; 2Ts 2,1-14; Mt 24,1-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 24,1-31

1Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. 2Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta».

3Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo».

4Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! 5Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. 6E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. 7Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: 8ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori.

9Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. 10Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. 11Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; 12per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. 13Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. 14Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine.

15Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, 16allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, 17chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, 18e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. 19In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano!

20Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. 21Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. 22E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati.

23Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; 24perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. 25Ecco, io ve l’ho predetto.

26Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. 27Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 28Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi.

29Subito dopo la tribolazione di quei giorni,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

le stelle cadranno dal cielo

e le potenze dei cieli saranno sconvolte.

30Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. 31Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli.

INTRODUZIONE ALL'AVVENTO
L'avvento ci fa ricominciare l'attesa: non abbiamo mai smesso di attendere, abbiamo ogni giorno creduto nella presenza del Signore nel mondo, tra noi e in noi, eppure dobbiamo riprendere ad attendere per capire meglio il nostro tempo, le risorse che ci sono, le attese e le speranze che cercano, magari inconsapevolmente, Dio; ed abbiamo bisogno di smuovere le incrostazioni poiché il Signore è sempre nuovo, è sempre vivo, e vuole capovolgere, e insieme, raddrizzare i cammini stanchi e i gesti abitudinari.
Sappiamo di essere ingessati nelle nostre ideologie, nelle nostre garanzie, nelle nostre abitudini e il nuovo ci preoccupa, ci impressiona, ci mette a disagio perché bisogna ritrovare risorse e riprendere il dialogo con il Signore per la nostra fragilità e insicurezza.
L'Avvento ci rimette in gioco e ci fa responsabili di un mondo sempre in attesa e sempre violento, anche se nel nostro tempo è un poco più chiara la bellezza della pace. E l'Avvento ci dovrebbe ricordare il miracolo che germogliava nei mutilatini del beato don Carlo Gnocchi: lottavano a denti stretti durante la operazioni frequenti che dovevano sopportare per offrire al Signore la loro pena senza piangere e una perlina per un ricamo da regalare al Papa Pio XII che ricevette commosso quel ricamo di perline: ognuna era l'offerta di coraggio di un bambino che non aveva pianto ma aveva offerto a Gesù la propria pena.
L'Avvento dovrebbe aiutare i cristiani adulti ad affrontare con speranza le fatiche della propria vocazione quotidiana di operosità e di lavoro: è il nostro seminare il buon seme, con tutti gli altri, nel campo.
Is 51,4-8
Il Signore vuole finalmente riconsegnare la speranza al suo popolo, deportato in Babilonia, e un profeta anonimo scrive splendidi testi (dal cap 40 al cap 55) per incoraggiare ad una speranza nuova e ad una rivoluzione nel mondo delle sudditanze. Questa opera che è stata compresa sotto il titolo del profeta Isaia, che è vissuto nel sec. VIII e scritta da uno sconosciuto che normalmente viene chiamato "secondo Isaia" (che riferisce ai deportati speranze di liberazione nel sec.VI). Questa parte di Isaia è chiamato "il libro della consolazione". In vari testi annuncia la liberazione e la salvezza d'Israele, come il Signore ha garantito nella sua Alleanza. Addirittura, novità per il popolo ebraico, lo sguardo si allarga a tutti i popoli: essi faranno parte dell'opera di salvezza mentre diventeranno popoli che riconosceranno un Dio solo. Le parole ricorrenti (vv4-5) sono: legge, diritto, giustizia, le realtà più desiderate da popoli sottomessi, a lungo sognate. C'è l'invito a guardare al mondo reale che circonda ciascuno: cielo e terra sembrano realtà perenni, eppure l'esperienza ha rivelato più volte la fragilità delle cose in cui viviamo: le cose si lacerano, si consumano, si polverizzano: è l'esperienza che il tempo e le catastrofi fanno fare a chi sa osservare.
Perfino i popoli vincitori "periranno come mosche". Il popolo viene incoraggiato a continuare a credere alla fede ed alla legge "che porta nel cuore", anche se è schernito dagli uomini. Da qui l'invito a non spaventarsi degli insulti, degli scherni, delle sottomissioni che i propri vincitori pretendono. Nessuna potenza resisterà, poiché il tempo riserva il lavorio delle tignole e delle tarme alla forza, agli eserciti, al potere. Questa riflessione porta alla forza di non scoraggiarsi di fronte al potere che è comunque temporaneo mentre la giustizia di Dio durerà per sempre. Viene così suggerita la ferma decisione di mantenere una propria fedeltà alla Parola del Signore ed ai valori che egli esprime nel tempo. E' una presenza che resiste come resisteranno le scelte di responsabilità che il popolo avrà fatto.
Il nostro tempo deve riprendere questa fiducia nelle scelte di attenzione verso un mondo che lotta e ha bisogno di ristrutturarsi: visibilmente vanno rinsaldate le realtà di coesione e di coerenza su cui giocarsi il proprio tempo e le proprie forze.
2 Tessalonicesi 2,1-14
Paolo è frastornato dalle chiacchiere che sono sorte nella sua antica comunità di Tessalonica per i timori sulla fine del mondo. Si parla di avvenimenti, personaggi e prospettive che spaventano e questi problemi sono calcati e colorati a forti tinte, quasi anticipando i film horror, per suggestionare la sensibilità ma anche la fragilità delle persone. E' comunque vero che in ogni età voci allarmate sorgono e si scontrano sul futuro del mondo. Ai tempi di Paolo addirittura giurano che Paolo stesso si sia compromesso in alcune rivelazioni. Quando l'apostolo lo viene a sapere, si preoccupa e si arrabbia nello stesso tempo e decide questa seconda lettera. Spiega e insieme garantisce che le proprie lettere saranno autenticate personalmente, di volta in volta, rifiutando le chiacchiere religiose che possono diventare pericolose.
Ma, detto questo, Paolo parla di un "mistero di iniquità". Prima della fine, dice Paolo, si verificherà il rinnegamento della fede da parte di molti (apostasia); e comparirà "l'uomo dell'iniquità", che si contrappone a Dio, ma che qualcuno "lo trattiene". Tolto quest'ostacolo, esploderà l'odio contro Cristo e i credenti in Gesù. Si fanno riferimenti che, con tutta probabilità, sono noti ai cristiani a cui scrive Paolo, anche perché ne deve aver parlato nell'insegnamento che ha dato loro e a tale insegnamento si riferisce.
L'apostasia è l'allontanamento da Cristo e dalla fede. E' una immagine ricorrente, uno dei segni della fine. In più vi si unisce l'immagine del "figlio della perdizione" che si innalza fino a sedersi sul trono di Dio che è il tempio di Gerusalemme. Come spesso avviene, il riferimento si ritrova nel Primo Testamento, quando si richiamano le gesta e la lotta antireligiosa di Antioco Epifane che profana il tempio (Dn11,36) nel II secolo a.C., a cui si contrappone la lotta partigiana degli ebrei, legata alla famiglia dei Maccabei e che risulta, dopo anni di persecuzione e lotta, vincente.
Ma a noi risulta comunque oscuro questo linguaggio, che sorge dalla volontà di voler conoscere della gente e dalla rarefazione del linguaggio di Gesù che non ha voluto assolutamente bloccare la sua comunità su problemi di preveggenza sul futuro. Gesù aveva voluto rimarcare che il tempo, la potenza e la stabilità non sono eterni, ma destinati ad accartocciarsi come i cieli. Ci sarà certamente il tempo di Satana e coloro che non sono rimasti fedeli a Gesù saranno sedotti dalla predicazione E tuttavia, se pur avranno il loro tempo di gloria e di predominio, poi saranno spazzati via. I vv 11-12 possono disorientare se letti separati dalla riflessione biblica soggiacente. "Dio non costringe al male" ma prende atto delle scelte negative e le ratifica. Dal momento che ha dato all'uomo la possibilità di essere pienamente libero, Dio si è autolimitato. E tuttavia il mondo di Dio è molto più grande e più forte del male e quindi Dio interviene sul male e lo ridimensiona: la decisione ultima spetta a Dio che ama il bene e ama ogni uomo e lo rispetta nelle sue scelte e le ratifica. Dio resta disarmato davanti alla libertà dell'uomo, ma si riserva di castigare il male poiché questo dimostra che il male ha un potere limitato ed è sotto il controllo di Dio. Però noi ringraziamo il Signore che ci ha scelti, ci ha dato il gusto e la volontà di cogliere i valori della fede e di viverla come un tesoro, e ci ha aperto l'orizzonte della sua gloria, dandoci la forza di seguirlo nella sua grandezza.
Mt 24,1-31
Gesù sta avviandosi alla fine e si rende conto che ormai, attorno a lui, si stanno chiudendo le strade di vita poiché incombe la morte vicina. Egli non fugge, ma desidera delineare il significato del tempo e della storia per la sua comunità che vivrà nel mondo con responsabilità, continuando la sua opera.
Così Matteo, nel suo Vangelo, ci consegna il quinto discorso di Gesù (capp 24-25), detto ai discepoli, che traccia come tre tappe:
a. I segni della venuta di Gesù (24,4-35),
b. l'insicurezza del tempo e la vigilanza (24,36- 25,30),

c. La venuta del Figlio dell'uomo e il giudizio delle genti (25,31-46).
Con il Vangelo di oggi iniziamo a leggere la prima parte.
La Comunità cristiana deve porre come prima attenzione nel tempo il diffidare dei falsi profeti poiché deformano le scelte, intorbidano la fedeltà, fanno smarrire la strada e disorientano nelle attese, affastellando di desideri e di illusioni il cammino quotidiano (vv4-5). Ci saranno segni cosmici, sociali e politici ma non sono definitivi, sono solo "il principio dei dolori", fanno parte della vita e non sono fuori del disegno di Dio. Ci saranno, insieme, sofferenze, le tragedie della lotta fratricida, l'odio da parte di chi sta vicino e non ci accetta più, perseguitandoci. Insieme con la diffidenza e la persecuzione, i falsi maestri diffonderanno malevolenza, menzogne per indurre a disprezzare ciò che viene fatto con responsabilità. Regneranno l'inganno e la diffidenza, ci si scandalizzerà per un mondo di odio, infido e inospitale. Tutta questa è la vita quotidiana ma, nello stesso tempo, c'è la fatica prevista per la nascita di un mondo nuovo. L'inizio dei dolori è come la sofferenza del parto (Gv 16,21). All'angoscia della persecuzione si aggiungerà anche la fatica del conflitto nella Chiesa stessa, a causa del raffreddamento dell'amore. Ma sarà ancora possibile mantenere la fedeltà e ci saranno coloro che restano fedeli. Da loro avverranno segni di speranza e "la testimonianza nel mondo".
La grande tribolazione, da Matteo, è ricordata attraverso l'esperienza della tragedia, avvenuta negli anni 70 d.C. per la conquista dell'esercito romano della Giudea e di Gerusalemme. Il tempio è stato ancora profanato, come ai tempio di Antioco Epifane (167 a.C.). Si ricordano tempi di rivolta atroci che Matteo deve aver visto se non vissuti, mentre i fanatici di Gerusalemme, in tutti i modi, hanno voluto mantenere le loro posizioni di rifiuto contro ogni tentativo di pace; alla fine tutto è stato travolto. Tornano alla memoria le parole di Ezechiele sulla Gerusalemme del sec VI, quando è stata travolta: "La spada all'esterno, la peste e la fame di dentro: chi è in campagna perirà di spada, chi è in città sarà divorato dalla fame e dalla peste"(7.15-16) e si ripetono i ricordi delle grandi distruzioni di Samaria e di Babilonia stessa, oltre quella di Gerusalemme. Conclusa la vicenda della Giudea e disperse nel mondo, non solo le Comunità ebraiche ma insieme quelle cristiane dovranno continuare la loro fedeltà senza lasciarsi ingannare da falsi Messia (23-26). Il Figlio dell'uomo verrà all'improvviso. " Dovunque sarà il cadavere, ivi si raduneranno gli avvoltoi (28)". Matteo usa, a modo di proverbio, un'osservazione sulle abitudini dello sparviero, come sono raccontate nel libro di Giobbe (39,28-30) per identificare la subitaneità e la determinazione dell'intervento di Dio. Esso è annunciato dai cambiamenti e identificato dal suo "segno". Può essere la sua croce, ora diventata grande segnale di trionfo e di amore, immagine della potenza del cuore di Cristo che ha vinto il mondo; oppure può essere la stessa apparizione di Gesù glorioso che realizza la profezia di Daniele del Primo Testamento (Dn13-14) e che Gesù stesso ha ricordato nel suo processo davanti al sinedrio (26,64). E' la venuta nella gloria e nella giustizia quando finalmente si ricostituisce il valore del bene e del giusto. Ora, finalmente, "si batteranno il petto tutte le tribù della terra" (24,30). Lo splendore e la gloria di quello che vale veramente nella vita, finalmente, sarà visibile e riconosciuto. Si adempirà anche il grande raduno degli eletti dispersi nel mondo come nel Deuteronomio (30,4): "Quand'anche tu fossi disperso fino all'estremità del cielo, di là il Signore, tuo Dio, ti raccoglierà e di là ti riprenderà". E ancora Isaia (27,13) aveva garantito la Parola dell'Alleanza al suo popolo: "Avverrà che in quel giorno suonerà il grande corno, verranno gli sperduti nella terra d'Assiria e i dispersi nella terra d'Egitto".
Abbiamo letto la nostra storia passata e futura: il passato lo riconosciamo, il futuro lo temiamo poiché la nostra esperienza ci dice che con la nostra libertà prevarichiamo fortemente e il male facilmente travolge, disamora, demolisce. Sappiamo che il Signore ci accompagna e che i parametri del vivere sono quelli che Gesù ha vissuto e che sono consegnati ogni giorno nella fede dallo Spirito. In questa storia quotidiana che Gesù garantisce nella conclusione della bellezza, nel riconoscimento dei popoli a ciò che è bene, nella fatica che darà i suoi frutti siamo chiamati a continuare ad essere fedeli, nella misericordia, al progetto che Gesù ci ha affidato: "Aiutate i popoli a cercare la vera salvezza che io porto".

 

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