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fr. Massimo Rossi  

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Gioia, perseveranza, pazienza nelle tribolazioni, non lamentarsi di nulla.

Ecco le virtù che l'odierna Parola di Dio ci propone, per vivere l'attesa del Natale.

Come avete sentito, Gesù risponde ai discepoli di Giovanni Battista citando la profezia di Isaia.

È una profezia di speranza, annunciata agli Israeliti sette secoli prima di Cristo, in un momento storico nel quale la speranza era svanita, a motivo della deportazione a Babilonia; la prospettiva di liberazione sembrava piuttosto un'utopia.

Dopo anni di schiavitù il popolo di Dio si era discretamente ambientato in quel paese straniero; gli Ebrei non ne avvertivano neanche più il peso. Del resto, Gerusalemme era stata completamente distrutta, il glorioso Tempio ridotto ad un cumulo di rovine. A Babilonia era nata la liturgia in sinagoga, ove non si facevano sacrifici, ma si ascoltava e si commentava la Parola di Dio; il giudaismo ebbe origine proprio qui: si tratta di un importante movimento di pensiero - cultura, religione, studio della S.Scrittura... - che realizzava ed esprimeva a suo modo il principio dell'incarnazione della Parola di Dio nella società del tempo. Si riscrisse addirittura la Bibbia: il cosiddetto codice sacerdotale risale a quegli anni.

Le nuove generazioni erano nate a Babilonia; chissà se anche per quegli ebrei nati in Mesopotamia si poneva la questione della nazionalità, che oggi si nega ai ragazzi di etnie diverse, nati in Italia...

Tornando alla cattività babilonese, quale nostalgia di casa potevano avvertire quelle giovani generazioni? Il passato era morto e sepolto; e se qualcosa sopravviveva, era solo il ricordo sfocato nella memoria dei vecchi, che sarebbe morto anche questo, insieme con loro... era solo questione di tempo. Tanto valeva rassegnarsi a vivere da stranieri.
Ecco il peccato: la rassegnazione!

Tra rassegnazione e speranza non corre mai buon sangue: l'una esclude l'altra; e chi pensasse il contrario si illude. A meno che la speranza non riguardi le gioia e la pace di un'altra vita.

Ma la fede cristiana non promette soltanto la salvezza in un ‘altra vita: sarebbe davvero un oppio dei popoli, e colui che aveva coniato questa espressione, Carl Marx, avrebbe pienamente ragione.

La fede cristiana non promette soltanto! La fede soprattutto propone, la fede ci interpella e attende una risposta: la proposta per l'uomo è un cammino di crescita individuale e di comunità, verso una pienezza di vita che non è rimandata a dopo la morte, ma è attuale, presente qui e ora. Questa proposta religiosa rende possibile l'affrontamento positivo dell'esistenza e il superamento delle situazioni di tensione, come quella degli stranieri di ogni etnia e di ogni tempo.

Per me, per noi, questa proposta religiosa ha un nome: Gesù di Nazareth, è il Vangelo.

Non c'è età, per quanto avanzata, non c'è esperienza di fede, per quanto matura e profonda, che non debbano muoversi lungo una traiettoria di crescita e di progresso ulteriore. Questo è, in sostanza, il significato delle ultime parole di Gesù che avete ascoltato oggi: "Tra i nati di donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.".

Il Precursore è il testimone di una fede non ancora chiara e convinta; al tempo stesso l'uomo che vestiva peli di cammello e mangiava locuste e miele selvatico porta in sé il tormento, il dubbio che rende viva la fede. La domanda affidata dal carcere ai suoi discepoli: "Sei tu quello che deve venie oppure dobbiamo aspettare un altro?" è la prova che Giovanni non restava inerte di fronte all'apparente contrasto tra la profezia del Messia che (Giovanni) aveva additato presente nella persona di Gesù e la vicenda reale di lui.

Il tormento spinge alla ricerca e la ricerca aiuta a conformare le proprie convinzioni alla Verità.

Giovanni non preparò soltanto la via al popolo di Dio, affinché la percorresse per incontrare il Messia; Giovanni la percorse, questa via, lui per primo. Anch'egli infatti aveva bisogno di convertire la propria vita di fede: non sappiamo se riuscì in questa difficile opera: la morte prematura per mano del boia di Erode glielo impedì. Ma Dio non guarda tanto al risultato finale, quanto all'impegno assunto e mantenuto.

Ecco che ritorna lo spettro della rassegnazione che può cogliere tanto i vecchi quanto i giovani: la convinzione forse non del tutto consapevole, che niente cambierà... che noi non cambieremo... che la storia si ripete sempre uguale... o, come dicevano i greci, tutto ritorna, prima o poi.

Anche il libro di Qoelet sembra assecondare il cinismo di questa filosofia (cfr. 1,9-11).

E, invece, il cammino della storia non è circolare, ma orientato verso il suo compimento. Ora, finalmente, abbiamo una direzione! Gesù ci propone di spezzare la spirale perversa e illusoria del "déjà vu", per vivere la novità e la libertà dei figli di Dio. Ma per vivere questa novità e liberarsi dal passato, è necessario crederci e, credendoci, attendere con perseveranza e, attendendo con perseveranza, lottare contro i vincoli che ancora ci tengono schiavi, ciechi, sordi e zoppi (cfr. Mt 11,5).

Siamo capaci di scegliere in base alla nostra coscienza. Siamo in grado di riconoscere con occhi sani i germi del rinnovamento, di ascoltare con orecchie sensibili le parole della speranza, di camminare spediti e senza inciampo lungo la strada che da Emmaus sale a Gerusalemme. Come i due discepoli del Vangelo di Luca, abbiamo anche noi riconosciuto Cristo nel segno del pane spezzato: la via è aperta e spianata, non ci resta che percorrerla.

"Solo la mano che cancella può scrivere la verità"

Dag Hammarckj-ld

 

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