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TESTO Commento su Lc 21,5-19

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/11/2013)

Vangelo: Lc 21,5-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Il tempio di Gerusalemme: una delle sette meraviglie del mondo. E Gesù ne predice la distruzione. Più che lo splendore dei marmi, Dio vuole lo splendore della vita di un popolo. Più che in un luogo, Dio abita in mezzo a una comunità. I profeti, se possibile, erano stati addirittura più espliciti contro i capi d'Israele: "Per colpa vostra, Sion sarà arata come un

Gesù viene interrogato sulla fine del tempio. La distruzione di Gerusalemme era già avvenuta quando Luca scrive il Vangelo e vuole indicare che si sta andando non verso "la fine", ma verso "il fine". Alla paura della fine e della morte, Gesù mostra un destino diverso per l'uomo e per il mondo, una nuova verità del presente e del futuro: il suo mistero di morte e risurrezione.

Anche san Paolo avverte i cristiani di Tessalonica: "Vi preghiamo, fratelli, riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro ricongiungimento con lui, di non lasciarvi confondere e turbare... quasi che il giorno del Signore sia imminente". Verranno molti e usurperanno il nome di Cristo salvatore. Gesù li smaschera chiamandoli seduttori. Non si deve seguire chi manca di umiltà ed è accecato dall'orgoglio: "Non lasciatevi ingannare!... Non seguiteli".

Prima della distruzione di Gerusalemme, i cristiani sono stati perseguitati dai giudei e dall'impero romano, colpiti per la loro fede in Gesù. Essere cristiani è un reato, si rischia di passare nel numero dei malfattori. Le persecuzioni sono anche occasioni di testimonianza. Le sofferenze dei martiri sono più eloquenti dei predicatori. I cristiani di Gerusalemme, costretti a fuggire dalla città, portano il Vangelo nelle campagne e giungono fino in Fenicia, a Cipro e ad Antiochia. Pietro, Giovanni, Stefano, Paolo... tutti portano il messaggio di Cristo là dove non sarebbe mai arrivato.

Lo scopo di tutto il discorso è riportarci al momento presente. Il Signore doveva venire presto, non è venuto; i cristiani della terza generazione - per i quali scrive Luca - non lo hanno neanche visto. Allora cosa vuol dire (anche per noi) che il Signore è venuto e viene? Luca parla di ciò che avviene nella storia, che è sempre uguale, per cui le cose che sono già avvenute ci servono per capire la nostra vita.

Tutto il male del mondo, non produce la fine del mondo, il male massimo l'abbiamo già fatto, crocifiggere il Figlio di Dio. Ma questa non è stata la fine, è stato l'inizio del mondo nuovo.

Commento a cura di don Angelo Sceppacerca

 

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