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TESTO "Dimmi quando quando quando..."

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/11/2004)

Vangelo: Lc 21,5-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Nel trattare questo argomento, ovviamente Luca non si sta riferendo ad avvenimenti futuri, né vuole lasciare intendere la previsione della fine del mondo. Quello di cui infatti si sta parlando è il tempio di Gerusalemme, che alcuni stanno ammirando nella varietà dei suoi elementi e delle sue decorazioni e di cui Gesù sta predicendo la distruzione materiale, di fatto avvenuta nel 70 d.C e che riecheggia lo stato di angoscia del tempo dell'esilio babilonese. I riferimenti alle guerre e alle carestie sottolineano infatti che Gesù vuole allontanare il sospetto generale che la fine del mondo debba essere prossima: "Dovranno accadere queste cose, ma non sarà subito la fine"; così come la digressione sulle persecuzioni che i suoi discepoli subiranno lascia intendere il martirio che essi dovranno affrontare a testimonianza della loro fede, tale e quale verrà descritto dallo stesso Luca negli Atti degli Apostoli. Ma rapportando il passo di Luca alla redazione che ne fanno Marco e Matteo, non è da escludere affatto che gli argomenti oltre che avere un valore storico e immediato si riferiscono anche al futuro anteriore, quello cioè della fine dei tempi: a differenza di Luca, Matteo infatti fa' chiedere ai discepoli: "Dicci quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta nel mondo" (Mt 24,3) e ciò sottolinea allora un'allusione a fatti storici (appunto la distruzione romana del 70) e contemporaneamente un messaggio escatologico, vale a dire un annuncio della fine dei tempi.

E quello che è maggiormente interessante è il fatto che quando Gesù viene interrogato sul "quando" e sul "come", si mantiene ben lungi dal soddisfare la vacua curiosità dei suoi interlocutori! Gesù infatti dimostra di non volere soddisfare delle curiosità gratuite tipiche di chi ha appena ascoltato l'annuncio di un evento sensazionale (Ah davvero!? E quando?), ma piuttosto istruire i suoi discepoli sulla virtù e pertanto li mette in guardia da false sicurezze e inganni, li invita alla vigilanza, all'attesa e al progresso spirituale, che caratterizzano un'attesa attiva e attenta.

Come dicevamo poc'anzi, questo è l'aspetto più importante della previsione inerente la fine del mondo e il ritorno del Signore; e lo è soprattutto per noi, che tutte le domeniche recitiamo nel Credo la famosa formula: "E di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti..." professando la fede nel ritorno visibile di Gesù alla fine dei tempi per il giudizio finale. Anche noi saremmo premurosi di venire a conoscenza della data di codesta seconda venuta, dei segni premonitori e del "Quando quando quando" sulla fine dei tempi; menomi di settarismo apocalittico come il caso di Testimoni di Geova, Mormoni e altri movimenti religiosi che insistono sull'imminenza della fine illudendoci con date e termini di scadenza sottolineano al giorno d'oggi come si è facili a cadere sotto determinate soggezioni intorno al giorno e all'ora della fine, mentre fenomeni ancora più incresciosi ed inauditi quali i suicidi collettivi lasciano intendere come anche la stabilità psichica dell'uomo possa essere compromessa dalla presunta certezza delle date della fine. Colpevole principale il millenarismo e l'avvicendarsi del fatidico "giorno della fine2 parecchia gente ha abbandonato la propria attività lavorativa, venduto case e possedimenti materiali, tralasciato ogni progetto e ambizione per prepararsi a tale appuntamento inesistente per poi ritrovarsi in preda allo sconcerto e alla delusione.

Ora appunto le parole che Gesù NON DICE ci aiutano a comprendere il reale atteggiamento da adottarsi da parte nostra in relazione al tempo della fine: Egli non soddisfa le nostre curiosità assurde ed infantili circa il tempo e l'ora, ma ci invita piuttosto a vivere il tempo che abbiamo a disposizione attraverso la speranza e la fiducia, cioè a lavorare nella triplice dimensione di fede, speranza, carità prodigandoci nella logica del servizio e della solidarietà secondo i suoi insegnamenti, e a confidare sempre in Lui, nella sue presenza costante e nella sua vicinanza nei casi di scoraggiamento e di demotivazione. Tutto questo perché l'attesa del tuo ritorno non sia una prospettiva sterile e inoperosa, caratterizzata dalla sola logica del timore servile, ma si riveli attiva, costruttiva e dinamica affinché l'incontro finale con il Cristo possa svolgersi alla stregua di un piacevole incontro-colloquio con Lui, piuttosto che sulla scia di un servilistico spauracchio nell'essere giudicati su ciò che abbiamo fatto e ciò che abbiamo omesso.

Mi ricordo che in una certa occasione, da studente universitario, dovetti affrontare improvvisamente con molto anticipo un esame che avrei dovuto sostenere parecchi giorni più avanti, secondo una data prestabilita dalla Facoltà; nonostante la titubanza iniziale affrontai il colloquio con serena disinvoltura ottenendo risultati soddisfacenti: avevo studiato bene la materia e non vi era infatti motivo che sgomentassi al pensiero del "giudizio" del professore. Credo che il nostro incontro finale con il Signore debba realizzarsi secondo le medesime modalità: non ha importanza la data in cui esso possa avvenire, quanto piuttosto la nostra predisposizione a che risulti proficuo e piacevole, nonché apportativi di ricche soddisfazioni per quanto avremo realizzato per noi stessi e per gli altri.

Ecco perché non si insisterà mai abbastanza sul fatto che queste pagine da noi commentate non intendono collocarci in una dimensione di angoscia e ansia nell'attesa della fine, né intendono elargirci false promesse di felicità ventura materiale, ma piuttosto invitarci all'entusiasmo e alla speranzosa gioia di un'attesa fervorosa e attiva finalizzata ad un incontro altrettanto gioioso con Lui che verrà nella gloria.

Soprattutto perché il Cristo che vedremo faccia faccia sarà lo stesso che avremo riconosciuto tutti i giorni nella fede.

 

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