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TESTO Commento su Luca 19,1-10

fr. Massimo Rossi  

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/11/2013)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

"Nessuno è perfetto", avrebbe commentato il famoso regista americano Billy Wilder...

Zaccheo aveva beni, denaro, potere: chi più ha, più può! Basta pagare... e si compra anche l'affetto e la fedeltà degli uomini (e delle donne)...anche se si è piccoli di statura.

Nessuno è perfetto! Chi di noi non ha qualche piccolo difettuccio? o più genericamente dei limiti?

Quando il limite non è intrinseco alla persona - che so, un problema di salute, un quoziente intellettivo non troppo alto, difficoltà economiche... - ci pensano gli altri a ricordarci che la nostra libertà finisce là dove comincia la loro.

Dunque la vita è segnata dal limite: a noi la scelta, se considerarlo un male e passare il tempo - anche questo ahimé limitato! - a lagnarcene, oppure gioire con Dio e con il mondo per le potenzialità di cui madre natura e la vita stessa ci hanno dotati. I nostri desideri, almeno quelli, non sono limitati... Ma che me ne faccio dei miei desideri infiniti, se poi non posso realizzarli? Il conflitto rimane. "Mal comune, mezzo gaudio!": se l'esperienza del limite è di tutti, perché dovremmo sentirci migliori o peggiori degli altri?

Per fortuna c'è Qualcuno che non dà così tanta importanza ai nostri limiti: è il Signore! Il Vangelo di Luca ce ne dà un esempio presentando la vicenda di Zaccheo, ultimo nella classifica delle persone degne di rispetto, a cominciare dal nome che comincia con l'ultima lettera dell'alfabeto: se è vero che il nome rappresenta la persona, chiamarsi con un nome che comincia per zeta non promette nulla di buono, per sé e per gli altri... Di fatto Zaccheo era un poco di buono, peggio, un corrotto, un traditore, un parassita sociale, uno che si era arricchito prestando denaro ad interessi esagerati e mandando in rovina persone già in difficoltà. Sappiamo bene come vanno queste cose; i quotidiani riportano quasi ogni giorno casi di drammi familiari e personali di chi è caduto nelle grinfie degli usurai e non è più in grado di liberarsene; l'usura è come una tela di ragno: più ci si dibatte, e più si resta invischiati... Il fenomeno dell'usura in senso stretto nasce nel medioevo, con lo sviluppo e l'organizzazione dell'istituto economico del credito; ma già ai tempi di Gesù, i pubblicani svolgevano l'ingrato ufficio di riscuotere le tasse per conto dell'Impero Romano. Zaccheo sapeva bene quale fosse la sua posizione nei confronti della società, ma anche nei confronti di Dio. La coscienza non si può mettere a tacere, la coscienza non tace!

Sono convinto che quell'uomo, piccoletto e meschino non avesse neppure il coraggio di desiderare un incontro con il Signore; solo poterlo vedere quando passava di là...

Ma, ecco il colpo di scena! Ciò che per Zaccheo rappresentava un limite invalicabile - non parlo della sua statura, bastava salire su un albero, penso al suo crimine, al suo peccato - per Gesù (il limite dell'uomo) rappresenta addirittura un'opportunità di incontro. "Che fai, appollaiato su quel ramo, Zaccheo? Credi forse che la tua statura costituisca un problema per gli altri? lo è solo per te, anzi, più che un problema, una vera ossessione! - non di rado una persona reagisce al suo handicap vivendo, non solo come se non l'avesse, ma addirittura esagerando a fare cose che nessun uomo, nessuna donna normale fa... - Non risolverai, comunque, il tuo problema salendo su un sicomoro! Scendi giù da lì e facciamo quattro chiacchiere, magari a casa tua, davanti a un piatto di pasta, eh? che ne dici?".

Vedete, quando il nostro interlocutore sa andare oltre il nostro limite, questo non è più un assoluto invalicabile...diventa un male relativo anche per noi. E dal momento che non c'è limite più pesante del nostro peccato, sapere che Dio va oltre il nostro peccato, lo trasforma da vicolo cieco a via di uscita! "felice colpa" come canta il Preconio pasquale.

Paradigmatica è la reazione di Zaccheo alle parole del Maestro: non si preoccupa di ringraziare a parole il Signore, lo fa con i fatti: scende immediatamente dall'albero e gli spalanca le porte di casa; soprattutto sottoscrive l'impegno a cambiare il modo di vivere, in ciò che del suo comportamento possa nuocere al prossimo. Questo, per ciò che riguarda il futuro; non basta: se è possibile riparare gli errori del passato, Zaccheo si impegna a farlo, e con gli interessi... In queste ultime precisazioni è iscritta la valenza della riconciliazione sacramentale, che si estende al tempo passato, presente e futuro.

Prima dell'incontro personale con il Messia, l'atteggiamento del pubblicano era fortemente connotato di orgoglio: sappiamo che l'orgoglio si manifesta quando ci si impone sul prossimo, innalzando per così dire la propria statura al di sopra della propria verità, nel tentativo ostinato e incorreggibile di soverchiare gli altri. San Luca, abile conoscitore della personalità, rappresenta l'orgoglio di Zaccheo con l'immagine dell'uomo che si arrampica su un albero.

Scendere dall'albero significa accettare la propria statura così com'è, la propria verità, di fronte alla statura e alla verità di Cristo: il confronto con Dio non opprime la nostra identità, al contrario, la chiarisce a noi stessi, prima che al mondo e, chiarendola, la esalta: "Alla Tua luce vediamo la luce", recita il salmo 36 (v.10): la luce della Parola di Dio ci restituisce a noi stessi, nella (nostra) giusta dimensione. Il Vangelo rivela anche la cifra reale della maturità dell'uomo, in quanto (il Vangelo) lo riporta alla sua primitiva origine, immagine e somiglianza di Dio.

La riconciliazione sacramentale riaccende la speranza, riavvia un dialogo interrotto, riabilita una positiva opinione di sé. La Sequenza di Pentecoste, il famoso Veni, Sancte Spiritus, esprime il desiderio accorato dell'orante affinché lo Spirito Santo lavi ciò che è sordido, bagni ciò che è arido, sani ciò che sanguina, pieghi ciò che è rigido, scaldi ciò che è gelido, raddrizzi ciò che è sviato... Parole come queste, prive della speranza cristiana, suonano vuota retorica, una finzione, un'ipocrisia. Se Cristo non avesse istituito questo sacramento, come potrebbe avverarsi tale preghiera? Sarebbe al massimo il pio desiderio che qualcosa avvenga, in un'altra vita...

Invece, il sacramento del perdono consente di vedere realizzata la nostra preghiera hic et nunc, qui e ora!

"Non possiamo pretendere che le cose cambino

se continuiamo a fare le stesse cose..."

Albert Einstein

 

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