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TESTO Commento su Luca 18,1-8

Gaetano Salvati

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/10/2013)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Il mistero di redenzione, determinato dalla morte e dalla risurrezione di Cristo, è un processo dinamico: richiede, quotidianamente, lo sforzo del cuore e della mente per comprendere che Egli, abbattendo le barriere del male, ci rende capaci di chiamare Dio Padre, di essere Suoi discepoli e di partecipare alla gioia della vita divina.

Fra l'iniziativa di Dio (la rivelazione) e la nostra risposta alla Sua chiamata sta il sostegno della Parola, valido aiuto a leggere nella storia i segni dell'Amore e ad essere collaboratori del Figlio.

La prima lettura narra la grande guerra contro Amalèk (Es 17,8), simbolo di tutto ciò che impedisce la strada al cammino di liberazione che Dio vuole per Israele e per ciascuno di noi. La soluzione è la preghiera. Mosè, sul monte delle grandi difficoltà (v.9), non si lascia dominare dall'angoscia: alza le mani, prega e ogni manifestazione del male, come l'inerzia dello spirito (v.12), viene sconfitta (v.11).

La grande scena della prima lettura illumina quella del vangelo. Gesù, ancora una volta, racconta una parabola. Una vedova esige da un giudice "che non temeva Dio" (Lc18,2) la giustizia contro il suo avversario. Il giudice, vista l'insistenza della donna, accetta di aiutarla, decide di farle "giustizia" (v.5). A questo punto, il Maestro ribadisce che Dio, come il giudice, accoglie le invocazioni sincere di ogni uomo, le preghiere di coloro che vogliono vivere le battaglie della vita al Suo cospetto. Infatti Egli dice: "io vi dico che - Dio - farà loro giustizia prontamente" (v.8). Quella "giustizia" che otteniamo "prontamente" non indica esclusivamente l'immediatezza dell'intervento divino nelle nostre necessità, quanto piuttosto la salvezza che il Salvatore ci ha donato sulla croce. Questa è la Sua giustizia che diviene nostra (giustificazione) se alimentiamo la fede (v.8) attraverso l'esperienza con il Crocifisso-Risorto. Fare esperienza di Dio significa lasciarsi trasformare dalla novità dell'incarnazione, e manifestare nel nostro agire il dono dello Spirito, la grazia di Cristo. In Lui, l'uomo nuovo riattualizza il mistero di liberazione e rende presente nell'oggi della storia l'evento d'amore di Dio; infine, legge (si sforza di leggere) ogni evento, di sofferenza o di gioia, alla luce del Suo disegno.

È chiaro, ora, che la preghiera incessante, suggerita da Gesù, è l'impegno continuo, instancabile, a proseguire il discepolato dietro di Lui e, quindi, a maturare nella convinzione che Dio ha liberato l'uomo dalle catene del male; per cui nel cuore del cristiano non vi è posto per lo sconforto, l'ansia, la depressione. Cristo, prossimo a noi, incarnato nelle nostre vicende, se lo vogliamo, pregando assiduamente, e non certemente con belle parole che impariamo a usare o nei sentimenti che talvolta dichiariamo a Dio, assume le nostre croci, cambia la nostra vita in una lode perenne a Lui. Amen.

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