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TESTO Bisogna pregare sempre e non stancarsi mai!

mons. Gianfranco Poma

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XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/10/2013)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

"Gesù diceva ai discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre senza stancarsi mai": comincia così il brano del Vangelo (Lc.18,1-8) che leggiamo nella domenica XXIX del tempo ordinario. È una caratteristica del Vangelo di Luca l'insistenza sulla preghiera: Gesù vive nella preghiera la sua relazione continua con il Padre, il suo essere Figlio che riceve tutto dal Padre per poter donare tutto al mondo, ed è maestro di preghiera per i suoi discepoli, perché essi la vivano come il respiro della loro esistenza.

Giunto a questo punto del "cammino verso Gerusalemme", Gesù vuole che i suoi discepoli siano convinti che, anche in momenti di difficoltà, di angoscia, di disperazione, devono essere perseveranti nella preghiera, senza scoraggiarsi mai: ai suoi discepoli (alla comunità di Luca, posta a vivere in situazione di persecuzione, a noi, oggi) Gesù rivolge l'esortazione ad una preghiera incessante espressione di un'esistenza che non cessa mai di essere abbandonata in Dio. Per questo, il centro del messaggio che attraverso la parabola Luca rivolge ai suoi lettori, è una rinnovata esperienza di Dio.

Tutto ha inizio in Lc.17,20, dopo che Gesù al lebbroso che è tornato a ringraziare, ha rivolto l'invito: "Alzati, va': la tua fede ti ha salvato", introducendo una riflessione sulla salvezza.

"I farisei, allora, gli domandarono: Quando verrà il regno di Dio?". Si tratta non tanto di una domanda che nasce dalla curiosità di sapere una data, ma di una implorazione che sorge dal cuore di persone che desiderano la venuta di quel regno di Dio che ponga fine ad un mondo di sofferenza. Gesù risponde passando dalla domanda: "quando verrà il regno di Dio?", a "come" e "dove" il regno di Dio "viene", sostituendo il tempo presente al futuro della domanda dei farisei: "Il regno di Dio non viene in modo che si possa osservare; né si dirà: ‘Eccolo qui o là!' perché, ecco, il regno di Dio è in voi". Affermando "il regno di Dio è in voi (dentro di voi, in mezzo a voi, operante in voi), Gesù manifesta una concezione del regno di Dio diversa da quella dei farisei: mentre per loro è lasciata interamente a Dio la responsabilità di far venire il suo regno e l' uomo ha solo il ruolo di comparsa, Gesù colloca l'uomo nel cuore del progetto di Dio del quale è interlocutore responsabile. Se la piena realizzazione del regno di Dio rimane escatologica, la sua esistenza e la sua azione è reale qui e ora, in una forma discreta e mai compiuta: attraverso un quadro metaforico Luca descrive una escatologia né totalmente presente né totalmente futura, caratterizzata da una dinamica di continuità progressiva e di presenza crescente del regno.

"Il regno di Dio è dentro di voi". Dio, la sua Parola è per noi, la sua forza agisce dentro di noi, il suo Amore ci avvolge, il suo regno è dentro e tra noi, ora, dove e come noi siamo: questo è Gesù, Gesù che vive, testimonia, annuncia. Ma a noi chiede di vederlo, accoglierlo, aprirci, lasciarci afferrare da lui: il regno di Dio viene, nella nostra carne, nella nostra vita, nella nostra storia quotidiana, nella nostra famiglia, nella nostra solitudine, e la salva, ma solo se noi non siamo chiusi nella nostra storia, nei nostri progetti, aggrappati alla nostra autosufficienza.

È in questo contesto che Luca svolge un lungo discorso nel quale attualizza il cammino che Gesù compie con i suoi discepoli perché essi imparino come e dove il regno di Dio "viene", come Amore che vivifica, luce che dà senso, forza che sostiene, appena trova cuori aperti ad accoglierlo e menti che si lasciano illuminare.

A chi è immerso nell'oscurità, deluso dal silenzio di Dio o stanco dall'attendere il suo intervento, Gesù narra una parabola, come sempre presa dall'esperienza quotidiana, sulla "necessità di pregare sempre e di non scoraggiarsi mai": per il discepolo di Gesù che vive in costante relazione con il Padre, la preghiera, il dialogo con il Padre per ascoltare la sua parola, discernere la sua volontà e sperimentare il suo Amore, è il respiro necessario per la vita. Di fronte alle difficoltà, gli ostacoli, la fragilità, la tentazione umanamente più logica è dire "basta", stancarsi di pregare, scoraggiarsi: "bisogna non stancarsi, non scoraggiarsi mai", ricorda Gesù. Ma perché?

"In una città c'era un giudice che non aveva né timore di Dio né rispetto per gli uomini": il primo personaggio della parabola è questo giudice, descritto come una persona che vive solo di sé e per sè, senza relazione né con Dio né con gli uomini.

"E c'era in quella città una vedova che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario". Il secondo attore è una vedova, persona debole, senza protezione, figura che Luca predilige nel suo Vangelo. Essa non ha mezzi per comprarsi questo giudice, se non l'insistenza con cui torna a lui: il coraggio che le viene dal profondo di un cuore che chiede giustizia, le fa superare ogni ostacolo che derivi da un giudizio morale sul giudice e le dà la certezza che egli, proprio perché giudice, la ascolterà.

"Per un certo tempo egli si rifiutava": il tempo si prolunga, ma la vedova non si stanca. Così, la "vedova ostinata" diventa "vedova orante", modello di comportamento per il credente, esempio di fiducia incrollabile nell'intervento di Colui che deve fare giustizia.

Poi il giudice cambia parere: farà giustizia a questa vedova. Arriva a questa decisione riflettendo tra sé: anzitutto con un autoritratto che sottolinea il suo egocentrismo. Poi chiarisce a se stesso e al lettore il motivo della sua decisione: farà giustizia alla vedova non perché la legge glielo chiede, ma unicamente perché gli dà fastidio. Il suo è un motivo egoistico ma egli cede comunque di fronte al coraggio e all'insistenza di questa povera vedova che crede nella giustizia.

E adesso parla il "Signore", il risorto, Colui che ha creduto all'Amore del Padre, alla "sua" giustizia, anche nel silenzio della Croce.

"Ascoltate cosa dice il giudice senza giustizia": il Signore invita i suoi discepoli a fermarsi ad ascoltare ciò che dice il giudice che non è giusto. Il giudice ingiusto ha ceduto e ha fatto giustizia alla vedova che non si è stancata di chiedere, senza scoraggiarsi, perché l'unica sua forza era di credere nella giustizia.

"E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo?" Gesù invita i suoi discepoli (gli "eletti di Dio" che partecipano della comunità cui Luca si rivolge) a chiedersi qual'è la loro esperienza di Dio: se la vedova non si è scoraggiata di continuare a pregare un giudice ingiusto, perché tante volte noi ci stanchiamo di chiedere a Dio, ci scoraggiamo di fronte all'attesa del suo intervento? Ma noi crediamo davvero che Dio è Padre che ci ama, ci lasciamo trasformare dalla sua giustizia, oppure dubitiamo di lui, più di quanto la vedova abbia dubitato del giudice iniquo? Viviamo quotidianamente la nostra fede come abbandono libero in lui che immediatamente ci accoglie, risponde, non con taumaturgici interventi come noi vorremmo, ma dando a noi la forza d'Amore perché l'oggi fragile della nostra esistenza si accenda di luce? Ai suoi discepoli Gesù chiede un'esistenza che non si stanchi mai di pregare, perché il Dio dell'Amore, il Dio fragile, possa operare la sua giustizia, attraverso e nella fragilità degli uomini: Dio ha bisogno che gli uomini facciano qualcosa per lui, perché lui possa far qualcosa per loro...ogni giorno, nella drammaticità della storia, fino alla fine. La fede, esperienza del mistero d'Amore che si svolge nel tempo, è un rischio quotidiano, un'esperienza drammatica, coraggiosamente lucida che percorre tutta la storia umana e ci interpella. A noi, oggi, è lasciata la libertà di rispondere alla provocazione di Gesù: "Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

 

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