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TESTO Tutto ci è dovuto

Riccardo Ripoli   Amici della Zizzi

XXVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (13/10/2013)

Vangelo: Lc 17,11-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,11-19

11Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. 12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza 13e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». 14Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. 15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, 16e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. 17Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? 18Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». 19E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Non sono stati guariti tutti e dieci?

Quando mi capita di andare in ospedale vedo nelle persone una grande devozione. Santini sui comodini, crocifissi sul letto, rosari nelle mani, parenti nella cappella a piangere e chiedere la grazia, eppure la mia città è una delle più atee d'Italia. Come siamo tutti pronti ad alzare gli occhi al cielo e chiedere aiuto a Dio, pregarlo perché ci faccia guarire o rimandi a casa un nostro caro. Tutti pronti a chiedere nel momento del bisogno, ma quanti, una volta guariti, si rivolgono a Dio per ringraziarlo? Pochi anche tra coloro che hanno Fede, pochi perché pensiamo che tutto ci sia dovuto, pensiamo che una volta ricevuto quanto desideravamo o ciò di cui avevamo bisogno non dobbiamo più perdere tempo con le preghiere.

Quanti ragazzi sono passati da casa nostra, quanto amore abbiamo dato loro, quanti problemi abbiamo loro risolto, che vita brutta abbiamo loro evitato, e se tornassimo indietro lo rifaremmo non una ma cento volte. Eppure quanti sono quelli che guardano indietro? Quanti tornano a, non dico ringraziare, ma almeno a salutare, a condividere le nostre pene come un giorno abbiamo condiviso le loro, ad aiutarci nei lavori quotidiani? Ben pochi, quasi nessuno. Una volta presa la loro strada è già tanto se si ricordano di te a Natale. Una bambina di cinque anni viveva in un paese straniero, senza genitori, la sua sorte era già segnata, avviarla alla prostituzione, oppure darla in marito a chi avesse portato una dote, a chi l'avesse comprata. La sua mamma ci chiese aiuto e noi aprimmo le porte di casa e del cuore a lei e alla sua mamma, non per un giorno ma per quattordici anni. Un giorno ha deciso che non voleva più stare con noi, che la vita fuori da casa nostra le dava più soddisfazioni. Legittimo e giusto, ma che tristezza vederla andare via come una ladra dalla sera alla mattina, che tristezza non vederla più, che tristezza quando il ragazzo ci scrive parole di fuoco con il suo cellulare, che tristezza la sua irriconoscenza. Ma fa parte del gioco, fa parte delle regole di essere un genitore, sia esso affidatario, adottivo o naturale.

E quante altre storie potrei raccontare di ragazzi salvati da un destino difficile, portati a vedere il mondo con altri occhi, che non si girano indietro nemmeno per sapere come stai.

Alzi la mano quale genitore, pur ripudiato dal proprio figlio, derubato, abbandonato non rifarebbe tutto e anche di più per lui. Io e Roberta siamo tra questi perché è il Signore ad insegnarci ad amare senza condizioni, è Lui che ci dice di aiutare senza pretendere o chiedere nulla in cambio, ma siamo uomini ed un grazie farebbe piacere, e se non fosse un grazie, almeno non uno sputo in faccia.

 

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