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TESTO Tutti mangiarono e si saziarono

don Romeo Maggioni  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno C) (13/06/2004)

Vangelo: Lc 9,11-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 9,11-17

11Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.

12Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». 13Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». 14C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». 15Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. 16Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

Chiaramente l'episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci è letto dalla Chiesa primitiva in chiave eucaristica. La gente si raccoglie attorno a Gesù, e ha bisogno di cibo. Gesù parla del Regno, guarisce "quanti avevano bisogno di cure", raccoglie quel poco che l'uomo può offrirgli quale frutto del suo lavoro, pani e pesci, "e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla". Parole e gesti che sono ancora oggi quelli della nostra messa; la folla raccolta attorno a Gesù e da lui sfamata è immagine della comunità cristiana che si raccoglie alla Cena Eucaristica.

Oggi, festa del Corpus Domini, è d'obbligo riflettere sull'Eucaristia, per capire e vivere fino in fondo il mistero che ci qualifica e costruisce come popolo di Dio.

1) "E' LA NUOVA ALLEANZA"

Era capitato che Mosè al Sinai avesse sancito con Dio una alleanza, segnandola col sangue asperso sul popolo. All'alleanza antica è succeduta l'Alleanza nuova, consacrata col sangue dell'Agnello immolato sulla croce. Alla vigilia della sua passione Gesù aveva voluto inventare un segno che rievocasse, contenesse e comunicasse quel gesto di redenzione che avrebbe compiuto in croce: "Prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: Questo è il mio corpo, che è per voi. Allo stesso modo prese anche il calice, dicendo: Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue" (II lett.). Quel pane e quel vino, caricati per la parola di Cristo di un significato e di una efficacia eccezionali, rendono presente la stessa persona di Gesù nell'atto supremo di immolarsi per la salvezza di tutti gli uomini. "Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore finché egli venga" (II lett.).

Essenzialmente quel gesto di Gesù fu un offrirsi al Padre in atto di obbedienza d'amore. La morte - il corpo spezzato e il sangue sparso - esprime lo scacco totale d'ogni presunzione umana, e quindi un atto di totale abbandono e fiducia in una vita da riavere solo come dono di Dio, non come propria conquista. Gesù lo ha compiuto a nome nostro e per noi per riscattarci dalla disobbedienza del peccato che ci ha meritato la morte. Sacerdote sommo, sulla croce ha offerto se stesso per essere d'esempio e di aiuto a saper anche noi offrire noi stessi in sacrificio spirituale, graditi al Dio che ci rioffre in Cristo la sua alleanza.

La messa esattamente questo ci comunica: la capacità ogni giorno di dire il nostro sì, di vivere le obbedienze di ogni giorno, di trasformare le nostre piccole croci - unendole alla croce di Cristo - in atti di rinnovata alleanza con Lui. All'offertorio della messa poche gocce d'acqua sono unite al vino che diventerà il sangue di Cristo: a dire il sacrificio della Chiesa che viene assunto in quello di Cristo e valorizzato come riscatto e salvezza per tutti. Al tempo stesso ci è dato di vivere quella disponibilità piena nelle mani di Dio che ha spinto Gesù a sacrificarsi tutto per i fratelli. Come Egli stesso ci insegna con l'altro segno della sua croce, la lavanda dei piedi: "Come io ho lavato i piedi a voi, così lavatevi i piedi gli uni gli altri; come io ho amato voi, amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,14).

2) FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME

Ne viene un impegno etico da vivere ben oltre e come conseguenza della messa. "Fate questo in memoria di me", ha detto Gesù, intendendo, oltre al rito, l'assunzione di atteggiamenti interiori che attuassero quella obbedienza piena del cuore a Dio e quella dedizione generosa ai fratelli. Come dicesse: Fate voi ora qualcosa di vostro, in memoria, cioè sull'esempio di me. Fate di voi ora, in prima persona, quel che io ho fatto di me, seguendomi nella consegna al Padre fino a consumarmi tutto per il bene dei fratelli. E' quel che si dice: il sacramento forma della vita! Imitate quel che celebrate, vivete nella vita quel che fate nella liturgia, perché questa non rimanga cosa morta.

Non si tratta allora solo di "andare a messa". Si tratta di mettere a disposizione quei pochi pani e pesci che abbiamo noi perché lui, Gesù, li utilizzi per la sua missione di salvezza per tutti.

Ancora oggi la gente "non può vivere di solo pane", e ha bisogno di un cibo che la civiltà consumistica non le può offrire. Il cristiano è colui che col battesimo si mette a disposizione piena di Dio per diventare strumento di espansione del Regno e del suo nutrimento salvifico. All'offertorio della messa viene portato il pane che, consacrato, ci è poi ridato come Corpo di Cristo; viene offerto il nostro cuore e la nostra vita perché, santificata, ritorni all'esistenza quotidiana come strumento vivificante di Dio tra gli uomini.

"Dategli voi stessi da mangiare", aveva detto Gesù ai suoi discepoli. Essi ne rimase sconcertati: come possiamo sfamare tutta questa gente? Anche oggi la gente cerca Dio e noi sentiamo di essere come impotenti di fronte al compito della nuova evangelizzazione. Non è da noi certo questo cibo, lo prendiamo da Cristo. Ma non senza una nostra partecipazione, compromissione, uno spendersi, un darsi come Lui, un divenire - mangiando l'Eucaristia - un corpo spezzato e un sangue sparso. Col poco pane che siamo, Cristo sa lui sfamare molti, purché glielo mettiamo a disposizione tutto. La missione è condivisione con Cristo, e la messa a ciò consacra e abilita.

Pensiamo, alla fine, quale cibo noi offriamo alla fame dell'uomo e quale qualità di vita gli è proposta. Nelle vene di Cristo scorre sangue divino: quel Corpo è dato a noi perché ce ne nutriamo e divenga così vita della nostra vita, vita divina, vita eterna. E' vita di un risorto, perché si attui per noi quel che ha promesso: "Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno" (Gv 11,25). L'Eucaristia, oltre che forza di vita nuova per noi e per il mondo, è garanzia e pegno di vita eterna.

 

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