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TESTO Dio è condivisione

Marco Pedron  

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (29/09/2013)

Vangelo: Lc 16,19-31 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai farisei: 19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. 25Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. 27E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. 29Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. 30E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. 31Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».

Il vangelo di oggi ci mette di fronte due personaggi: un ricco e un povero. Nella Bibbia di Gerusalemme c'è il titolo: "Il ricco cattivo e il povero Lazzaro". Che Lazzaro sia povero è esatto perché c'è proprio scritto nel testo, ma che il ricco sia cattivo non c'è scritto.

E il ricco non sarà condannato perché è cattivo ma perché è insensibile. Perché Lazzaro proprio non lo vede.

L'abbiamo già detto domenica scorsa, tra gli evangelisti Luca è quello che si distingue più degli altri per la presa di posizione contro la ricchezza e contro l'accumulo. In Lc 16,14 i farisei deridono Gesù che ha detto: "Non si può servire Dio e il denaro", e loro ci sono riusciti abilmente. Ed è proprio per i farisei che è detta questa parabola. Ed è importante sapere a chi si rivolge Gesù perché userà, visto che si rivolge a loro, un linguaggio tipico delle categorie mentali, ideologiche e teologiche adatte a loro.

Si dice: "C'era un uomo ricco che portava vestiti di porpora e di lino finissimo" (Lc 16,19).

E' un uomo che è molto ricco e dimostra questa sua ricchezza portando abiti della massima raffinatezza. Oggi noi diremo che è un uomo che "vestiva tutto firmato" da capo a piedi (ma sotto il vestito, niente!).

Il particolare è importante perché è un'accusa molto forte nei confronti del ricco. Infatti quando una persona è interiormente povera ha bisogno di mascherare questa sua povertà con lo sfarzo esteriore. Più una persona è ricca interiormente e più sarà semplice esteriormente. Più una persona è povera e nuda interiormente e più avrà bisogno di uno sfarzo esteriore. Quindi l'evangelista ci invita a diffidare di queste persone che si presentano troppo agghindate.

"Ogni giorno si dava a lauti banchetti (Lc 16,19)". Ma quanta fame aveva? Ogni giorno!? Non dice che una volta alla settimana si dava a lauti banchetti ma tutti i giorni.

Lc si dimostra un fine psicologo: il ricco ha così "fame", è così povero dentro, che si riempie a più non posso. Deve mettere dentro così tanto perché dentro non c'è niente! Il ricco, dentro è povero, bisognoso, misero: non ha niente e per questo si riempie di tutto.

Il ricco ha tutto eccetto una cosa che invece il povero ha: il nome.

Ma il nome nella cultura ebraica e in ogni cultura rappresenta l'identità. Il tuo nome sei tu. Il ricco non ha identità, non ha consistenza, è "niente", vacuo, sabbia. Ha sviluppato tutto fuori e niente dentro.

"Un mendicante di nome Lazzaro (Lc 16,20)". Lazzaro è l'unico personaggio di tutte le parabole che porti un nome: quindi è importante. Lazzaro significa: Dio aiuta (che sembra una presa in giro visto la condizione in cui si trova).

Lazzaro giaceva presso la porta del ricco coperto di piaghe. Cosa voleva dire avere delle piaghe a quel tempo?

La mentalità di quel tempo era questa: Dio premia non tanto nell'aldilà (la teoria di una ipotetica risurrezione si stava facendo piano piano avanti, ma era molto recente) me nell'al di qua. Come? Il malvagio veniva punito con una vita breve, una moglie sterile e la povertà.

E tra le 50 maledizioni che Dio scaglia contro chi trasgredisce la legge, c'erano anche queste ulcere, queste piaghe. Quindi Lazzaro, per i farisei, è un peccatore, un castigato e un maledetto da Dio. Prova: le sue piaghe. Lazzaro è quindi un peccatore impuro.

"Perfino i cani venivano a leccare le piaghe (Lc 16,21)". I cani erano ritenuti un animale impuro. Quindi con una persona ritenuta impura, non potevano che starci gli impuri: i cani. Solo i cani si degnano di vederlo.

In tutto ciò non c'è nessuna cattiveria del ricco. Nella mia fantasia, da piccolo, pensavo che ogni volta che il ricco usciva dalla sua villa desse un calcio nel sedere al povero Lazzaro. Ma non c'è niente di tutto questo. Il ricco non è affatto cattivo.

Il ricco verrà condannato semplicemente perché lo ha ignorato.

I ricchi non sono cattivi con i poveri, semplicemente ne ignorano l'esistenza. I ricchi vivono nel loro mondo: hanno i loro quartieri, i loro locali, i loro incontri e non si accorgono dei poveri che vivono nei loro quartieri e nelle loro città. Tra i ricchi e i poveri c'è un abisso: sembrano due mondi diversi.

Un po' come Maria Antonietta d'Asburgo-Lorena che di fronte al popolo affamato, durante una rivolta dovuta alla mancanza di pane, avrebbe detto (storicamente però non sembra vero!): "Se non hanno pane, che mangino brioche!". I ricchi vivono in un mondo tutto loro. Neppure si rendono conto...

Per questo, se volete bene ai vostri figli, se volete costruire un cuore aperto e generoso, fate o fatevi il regalo di andare un mese in Africa, in India o in altre parti dove la gente davvero soffre la fame. Perché se non si vede, se non si "tocca", la realtà non esiste.

"Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo (Lc 16,22)". La cosmologia del tempo era fatta così (questo ci permette di capire tante cose sulle quali facciamo confusione): sopra la terra c'erano sette cieli. Sul primo cielo c'erano collocati il sole, la luna e gli astri. Poi il secondo, poi il terzo cielo, dove c'era il paradiso. Al settimo cielo c'era Dio. Tra un cielo e l'altro c'era una distanza di 500 anni (dicevano i rabbini).

Sotto la terra c'era una enorme voragine, un'enorme caverna dove tutti, buoni e cattivi, finivano dopo morti: lo Sheol (in greco è l'Ade e in latino gli Inferi perché inferiori rispetto ai superiori). Gli inferi però non sono l'inferno. L'inferno non c'è nel vangelo: è stato inventato dopo.

Nella mentalità dell'epoca c'era un libro, il libro di Enoch (che ebbe un grande successo) dove questa cavità enorme si chiamava il seno di Abramo. Nel seno di Abramo, i malvagi venivano precipitati nella parte più profonda dove c'erano le tenebre e sofferenze. Mentre i buoni venivano messi in alto, nella parte più vicina alla terra dove c'era un barlume di luce, quindi nella parte più luminosa: questo era il seno di Abramo.

Tutti si aspettano che il povero, visto che è un peccatore pieno di piaghe, sia portato nella parte più bassa del seno di Abramo. Ed ecco invece la sorpresa: viene portato dagli angeli in alto. Non sono più i cani ad occuparsi di lui ma gli angeli.

"Morì anche il ricco e fu sepolto (Lc 16,22)". Il ricco ha sepoltura e bellissima tomba. Osserviamo: di Lazzaro non si era detto che era stato sepolto. E' così povero che neppure ha le onoranze funebri.

Il ricco muore e, seconda sorpresa, dove viene portato? Nell'Ade (che non è l'inferno come scrive il testo), che è giù giù dove ci sono le tenebre.

E cosa succede qui? Vede Lazzaro. Non lo aveva mai visto prima: lo vede adesso?! Sì, lo vede... ma non come pensiamo noi (certa gente non cambia mai!!!).

"Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere..." (Lc 16,24). Il ricco è sempre lo stesso. I verbi che usa ("abbi pietà... manda") sono all'imperativo: lui ordina.

Il ricco non cambia perché è egoista. Il ricco è una persona che non è cresciuta, che è rimasto nella sua infanzia. Qual è la caratteristica dell'infanzia? L'egoismo. Se voi date dei giocattoli ad un bambino, il bambino li vuole tutti per sé. Il bambino piccolo non pensa minimamente che può dare o condividere: "Mio!; tutto mio! A te no!". Un bambino, se non lo ferma il genitore, la vaschetta di gelato se la mangia tutta e al suo amichetto non ne dà neanche un cucchiaio.

Il ricco è, in vita e in morte, un'egoista: esiste solo lui. Lui non chiede, lui ordina. Appena vede Lazzaro, lo vede per sfruttarlo, per comandarlo, perché sia a suo servizio ("intingere la punta del dito"). Per lui Lazzaro non esiste come persona: esiste solamente in riferimento a sé. Se lo chiama non è per chiedere scusa ma solo per interesse.

"Ma Abramo rispose: "Ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la vita...". Dobbiamo ricordare che Gesù parla ai farisei. Questa è la teologia dei farisei non dei cristiani. Per i farisei se hai ricchezza allora vuol dire che sei benedetto da Dio. Ebbene, ha già avuto il suo!

Solo che la distanza che c'era in vita e che i farisei pensavano ci sarebbe stata anche in morte (vita giusta e benedetta=ricchezza; vita giusta=risurrezione) adesso viene ribaltata. Rimane la distanza ma al contrario.

"Tu eri tutto preso da te, che neppure l'hai visto Lazzaro. Ma dov'eri? Ma dove vivevi? Ce l'avevi alla porta di casa e non l'hai visto. Tu pensavi solo a te... mangiare lautamente... vestire porpora e bisso...". Non l'hai visto allora e non lo vedrai neanche adesso!

Guardate quant'è egoista il ricco: "Allora ti prego, padre Abramo..." (Lc 16,27). Il verbo è all'imperativo. Sentite come usa anche la religione a suo favore: perfino Abramo lo deve ascoltare!

Fino all'ultimo è egoista. Quando si accorge della sua drammatica destinazione avrebbe potuto dire: "Mandalo fra la gente, mandalo nel paese perché annunzi questa verità, perché altri non cadano nella mia condizione...". E, invece, no! Lui è ricco, cioè pensa solo a sé e ai suoi. Infatti, da chi lo prega di mandarlo? Dai suoi fratelli!

"Ma Abramo risponde: "Hanno Mosè e i Profeti" (Lc 16,29)". Cosa c'entrano Mosè e i Profeti?

Mosè (la Torah) e i Profeti era un modo per dire l'A.T. Nella legge di Mosè il Signore aveva detto: "Nel mio popolo nessuno sia bisognoso" e quindi di occuparsi degli altri; e nei profeti c'era l'invito a dividere il pane con l'affamato.

Cioè: se tu hai il cuore chiuso (come il ricco e i suoi fratelli) non vedi altro se non che te. Non vedi né il povero, né il bisognoso, né Dio, né gli angeli, né il risorto.

"Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi" (Lc 16,31).

Lc qui è feroce. Sono così presi da sé, dalle loro regole, dai loro bisogni di apparire, di essere migliori, che non possono proprio credere in Dio (il Risorto), né possono aver fede.

E quando in Lc tu puoi vedere, riconoscere, Gesù? Tu lo vedi quando spezza il pane e lo divide con i suoi (Lc 24,13-35). Chi non ha mai spezzato il pane, chi non ha mai condiviso il pane con gli altri non farà mai l'esperienza del Cristo risorto.

Chi non condivide il suo tempo (non gli scarti!) con gli altri; chi non rinuncia a qualcosa di suo perché anche altri abbiano (non il superfluo); chi non sa donare un po' di ascolto agli altri (e non parlare sempre di sé); chi non sa tirarsi indietro per far spazio anche agli altri (e non avere sempre i riflettori su di sé); chi non sa condividere le proprie cose con gli altri (e non tenersele tutte per sé, magari nascoste!); chi non sa condividere la gioia di chi è felice (e non essere invidioso perché l'altro ha avuto successo); chi non sa condividere l'amore ("Ti voglio bene; ti amo; che bello che sei!"); chi non lotta per il bene di tutti (e non solo per quello dei propri figli o dei propri cari); chi non sa condividere le conoscenze che ha con gli altri, non potrà mai vedere il Risorto. Perché Dio (dice il vangelo di Emmaus) è condivisione.

Un uomo ha detto: "Mi lamentavo sempre perché ero senza scarpe, poi un giorno ho visto uno senza gambe". Ma quanto egocentrato su di te sei? Guardati attorno! Non ci sei solo tu a questo mondo!

Cosa può voler dire per noi questa parabola?

1. Il paradiso e l'inferno sono nelle tue mani: scegli se "vedere" o no Lazzaro.

Siracide 15,17: "Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà".
2. Viene un giorno in cui è troppo tardi.

3. Prenditi cura dei tuoi sogni e delle voci divine in te.

Tu sei il ricco e tu sei Lazzaro. Cosa accadrà se non ascolti il Lazzaro che soffre ed urla in te? Cosa accadrà se tu farai finta di niente e non ascolti il bisogno, la fame d'amore, di coccole, di ascolto, di tenerezza, di perdono, del Lazzaro che c'è in te?

Se non saprai "vedere", prenderti cura del tuo Lazzaro, finirai esattamente all'inferno. Ma non nell'altra vita, in questa. Il paradiso e l'inferno dell'altra vita dipendono da Dio: quindi non c'è problema. Da questo punto di vista siamo a posto!

Ma il paradiso e l'inferno di questa vita dipendono da noi. Tu ti crei il tuo paradiso e il tuo inferno.

Lazzaro è il nostro bambino: è povero cioè bisognoso, ha bisogno di essere accudito, curato e visto.

Ma Lazzaro è anche la nostra parte creativa, giocosa, felice, vitale (come i bambini). Cosa succede se il nostro "Lazzaro" non viene visto? Succede che si crea un abisso così grande che un giorno diverrà invalicabile. Succede, cioè, che poi tu, per non sentire quello che c'è dentro, ti fai una corazza, tiri su un muro. Sembra funzionare perché non senti più (infatti diventi insensibile) ma è solo apparente. In realtà fai solo la scorza dura e tutto rimane dentro.

C'è una donna che spesso sogna di prendere un mitra e di uccidere tutti. Ha una rabbia furiosa dentro. C'è il perché. I suoi genitori preferivano il fratello maschio. Lei era una femmina e non valeva niente. Ora quella rabbia lì, che non poteva manifestare da piccola (già non la volevano, se s'arrabbiava cosa accadeva?) è tutta dentro. Ma se non si prende cura del suo "Lazzaro", potrà mai vivere nella pace?

Un uomo è stato educato in maniera ossessiva: "Attento a quello... non sporcati... fai il bravo... quello no!... comportati bene... non urlare che i vicini ti sentono... non saltare che sembri indemoniato...". Ora cos'ha fatto questo bambino? Ha represso tutta la sua vitalità. Oggi è un uomo serio, non sorride mai, non gioca mai, non si lascia mai andare. Lazzaro è stato ucciso!

Una donna, 55 anni, ha un tumore al fegato. I medici le dicono che le rimane poco tempo da vivere. Fatto sta, che dopo una settimana, il marito fa un incidente in auto e muore. La donna, tra la sorpresa generale, sta sempre meglio e guarisce. Cos'è successo in quel caso lì? Il marito era andato in pensione da due anni e lei si sentiva mancare, avendolo sempre in casa. Si sentiva soffocare perché doveva sempre fare tutto con lui. Solamente la morte del marito gli ha permesso di salvarsi la vita. Non sarebbe stato meglio dire: "Senti caro, con te sto bene. Ma a me mancano le mie amiche e i miei spazi. Quindi tu trova i tuoi se vuoi; in ogni caso io trovo i miei".

E' Lazzaro che ha un nome, un'identità, non il ricco. Lazzaro è anche la parte più vera di noi, quella non contaminata dalle aspettative degli altri o dai traumi della vita o dai blocchi della paura. E' la parte divina, spirituale; è quella che contiene la nostra missione, la nostra chiamata. Ma come si fa a seguire la propria missione se si è insensibili a sé, alla voce dell'Altissimo che ci parla nel segreto del nostro cuore e nel silenzio dell'anima?

Lazzaro contiene i nostri sogni, la nostra unicità, i nostri tratti più caratteristici, ciò che fa di noi delle creature diverse da tutti gli altri. "Ricco" designa una categoria; Lazzaro è solo lui. Fai vivere il "Lazzaro che c'è in te".

Manolete, il grande torero, era debole, cagionevole, pieno di paura, tutti i bambini lo prendevano in giro, si aggrappava sempre alle sottane della madre ed era sempre per conto suo. Ma il suo "Lazzaro" (la solitudine) diventò la concentrazione e la sua destrezza per stare solo davanti al toro. Era proprio lì che c'era la sua dote e il suo coraggio.

Ella Fitzgerald, 16 anni, un giorno va ad un concorso per dilettanti all'Opera di Harlem. Lei vorrebbe cantare ma si vergogna, ha paura, non ritiene di esserne veramente capace (Lazzaro); e poi ha studiato ballo e si è iscritta per ballare. Il presentatore dice: "Miss Ella Fitzgerald... Miss Fitzgerald ballerà per noi... un momento, un momento... come dici dolcezza... Mi correggo: signori e signore, miss Fitzgerald ha cambiato idea. Non vuole ballare, vuole cantare". Dovette concedere tre bis e vinse il primo premio.

Roosevelt era emiplegico (Lazzaro): all'attacco di Pearl Harbour voleva riattaccare. Gli dissero i generali: "Abbiamo perso il 90% della flotta, impossibile!". Lui si alza in piedi (era emiplegico): "Non mi dite che è impossibile!". La sua debolezza (Lazzaro) diventò la sua forza.

Adler, uno dei padri della psicologia con Freud e Jung, aveva visto che nel 70% dei casi gli studenti di storia dell'arte avevano anomalie visive e che i grandi compositori (Mozart, Beethoven, Bruckner) presentavano tracce di degenerazione dell'udito.

Una donna: a casa sua 5 maschi e lei unica donna. Altri tempi: i maschi avevano valore, lei no. La sua ingiustizia, sofferenza continua (Lazzaro), è diventata il suo dono più grande. Adesso lei è un avvocato affermato che difende le donne soprattutto quelle straniere.

Un uomo: tutti i giorni doveva stare a casa da solo con suo fratello più piccolo di vari anni e fargli da baby-sitter (Lazzaro). E' stata una grande sofferenza perché nell'infanzia nessuno lo ascoltava. Adesso lui è un terapeuta eccezionale, con una capacità di ascolto unica.

Un ebreo sogna di diventare regista. Ma l'intolleranza etnica è tremenda. Lui stesso scrive: "Avevo paura di andare a scuola, di tornare a casa da solo e di incontrare nuovi coetanei, perché temevo che seguissero le teste calde che mi disprezzavano e passandomi accanto mi gridavano: "Sporco ebreo"". Lui però si prende cura del suo Lazzaro. "La mia solitudine mi ha fatto creare E.T.; il mio esser ebreo, Schindler's list e il mio bisogno di essere "salvato" da qualcuno Salvate il soldato Ryan". E' Steven Spielberg.

"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori", diceva Fabrizio De Andrè.

Pensiero della Settimana

Dio non lo conoscerai mai;
ma se condividi lo riconoscerai sempre.

 

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