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TESTO Al cuore del mistero

don Marco Pratesi  

Santissima Trinità (Anno C) (06/06/2004)

Vangelo: Gv 16,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 16,12-15

12Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. 13Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. 14Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. 15Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.

Il dogma della SS. Trinità cerca di descrivere il mistero della vita profonda di Dio. Esso però è sempre al di là delle parole. Si può tentare di esprimere un'opera d'arte, ma se non la si è mai vista, se ne avrà sempre un'idea molto limitata: essa è piuttosto da ammirare, da contemplare. Così anche una persona: si può descrivere adeguatamente a parole una persona, senza perdere molto di lei, della sua profondità?

Questo vale ancora di più per il mistero dell'intimità di Dio. Mistero di cui non possiamo conoscere l'esistenza se non ci è rivelato; e che anche dopo la sua rivelazione non possiamo conoscere appieno.

Però è un mistero che ci è rivelato non per niente. Non si può dire "è un mistero, lasciamo perdere". Dio ce lo fa conoscere perché nutra in modo sostanzioso la nostra ragione, susciti il nostro amore, orienti la nostra vita.

Come è avvenuta questa rivelazione? Il punto di partenza è l'esperienza degli apostoli. Quel Gesù che essi hanno conosciuto e seguito, lo hanno visto morire, lo hanno visto risuscitare; e hanno concluso: è figlio di Dio in modo speciale, diverso da ogni altro. Essi poi si sono sentiti animati e spinti dallo Spirito di Gesù. Ripensando anche all'Antico Testamento, e soprattutto illuminati dalla parola di Gesù, hanno detto: è lo Spirito del Padre di Gesù e lo Spirito di Gesù, lo Spirito Santo.

Nella sostanza il dogma della SS. Trinità significa che Dio non è da pensare come una sovrana solitudine, ma come scambio, comunicazione personale. Dio è relazione, scambio, movimento. La vita di Dio nasce dalla relazione personale; non è vita statica, ma comunicazione di vita. Il Padre dona la sua vita al Figlio e insieme danno vita allo Spirito. Ma non è un dare vita nel senso di "creare". Si dice dunque che il Figlio è generato dal Padre, e lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio, o dal Padre attraverso il Figlio.

L'unità di Dio non è dunque come quella di una pietra, una unità ferma, statica, sempre uguale; ma vitale, vivace, dinamica, ricca di rapporti e relazioni. È una unità che si costruisce incessantemente, come quella di un vivente, come il nostro corpo, che continuamente si rinnova.

Questo spiega tante cose sull'uomo. Noi non possiamo vivere se non come immagine di questo Dio. Non possiamo essere felici da soli; ci costruiamo, ci rinnoviamo e maturiamo solo nella misura in cui siamo in relazione con l'altro (un "tu" sia umano che divino), relazione in cui comunichiamo, in cui ci doniamo. Siamo nati dal legame d'amore di due persone, siamo cresciuti grazie a una miriade di aiuti, collaborazioni date da altre persone. Se non viviamo l'amore non siamo niente, siamo morti. Se non siamo legati agli altri, ci dissolviamo. Imparare a vivere significa imparare ad essere l'immagine del Dio Trinità, dal quale riceviamo in ogni momento la vita e l'essere.

All'offertorio:

Pregate fratelli e sorelle perché questo sacrificio approfondisca la nostra comunione con la Trinità, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.
Al Padre Nostro:

Secondo l'insegnamento del Figlio preghiamo il Padre animati dallo Spirito:

 

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