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TESTO Commento su Esodo 17,8-13; Seconda Timoteo 3,14-4,2; Luca 18,1-8

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XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (20/10/2013)

Vangelo: Es 17,8-13; 2Tm 3,14-4,2; Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

In questa 29a Domenica del Tempo Ordinario ( Domenica della preghiera insistente, che da frutto nel tempo opportuno), invochiamo Dio perché ascolti la nostra preghiera, ci risponda e ci protegga sotto le sue ali misericordiose, affinché il nuovo israele cresca nel servizio del bene, resista al male che minaccia il mondo e ci doni la sua pace.
La prima lettura può essere sintetizzata in tre parole: pregando si vince. Il popolo degli Amaleciti, discendenti di Esaù, che abitava il Negheb e parte del deserto di Paran, fu il primo nemico che Israele incontrò nella sua via, come risulta dal Deuteronomio. Mosè affida a Giosuè l'ufficio di comandante in capo e riserva a sé l'ufficio di intercessore presso Dio (ufficio sacerdotale), coadiuvato da Aronne e Cur. Giosuè, figlio di Nun, della tribù di Efraim, prima della battaglia con gli Amaleciti si chiamava Osea ( Num 13,8). Dopo la vittoria ottenuta per intercessione di Mosè verrà, d'ora innanzi, chiamato Giosuè o sia Jahveh è salvezza. Gli altri attori sono: Aronne della tribù di Levi; Cur della tribù di Giuda e probabile avo dell'artista che fabbricò l'arca il tabernacolo ecc., ossia Besalel ( Es 31, 2-5; 35,30; 38,28). Le braccia levate di Mosè sulla cime del colle sono un segno di preghiera che sgorga dal cuore dell'uomo quando si sente in pericolo. E' quando ci sentiamo deboli, che "il nostro aiuto viene dal Signore" e se le braccia "alzate come sacrificio della sera" diventano pesanti c'è la pietra soccorritrice che è Cristo a sostenerci e farci rimanere in piedi.
La seconda lettura è la prosecuzione della lettera Timoteo delle tre precedenti domeniche nella quale Paolo ci parla dell'importanza della Sacra Scrittura nella preghiera e nella resistenza al male nell'ambito della fede. L'invito di Paolo a Timoteo: "Rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto....insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna... ammonire, rimproverare, e esortare" è rivolto anche a noi come fedeli e come genitori.
In particolare l'esortazione a "rimanere saldi", resistere, investe tutta la nostra vita di credenti, soprattutto nei periodi di tranquillità, allorché l'avversario sta nascosto o nei momenti di difficili allorché si intrufola nelle nostre angosce. Sono quelli i momenti in cui i valori sono minacciati e la vita di tutti i cristiani è in pericolo. E' questo il momento in cui ogni battezzato deve fare resistenza contro l'intolleranza, i settarismi, gli integralismi, le tirannie della moda, il conformismo, le prevaricazioni del potere, in una parola contro ogni limitazione della sua libertà.
Il Vangelo ci parla della preghiera insistente, quella che matura nel tempo, quella che quando tarda avverrà. Pregare senza stancarsi vuol dire accettare la lentezza della crescita del Regno, poiché Dio stesso l'accetta, vuol dire riconoscere la lentezza della nostra conversione, poiché Dio, nella sua infinita misericordi, la sopporta e ci attende senza pretendere di trovare ancora fede nell'uomo quando Lui verrà.
La preghiera è più di una implorazione della misericordia di Dio. E' più di una improvvisazione spirituale, dipende dalle condizione sociale e spirituale, dipende dalla mente entro la quale Dio è di casa. Adorare Dio significa dimenticare se stessi. Ma come è possibile ciò se in questo periodo di relativismo, l'uomo pretende di essere Dio a se stesso?
Pregare oggi è possibile solo quando siamo oppressi dall'angoscia, angoscia per la malattia, angoscia perché diminuiscono le entrate e aumentano sia le vere che, soprattutto, le false esigenze, perché sono queste ultime che ci fanno apparire dignitosi, sia in famiglia che in ambito sociale.
La constatazione ripetuta che le nostre preghiere restano senza immediata risposta è una prova supplementare alla quale una fede che vacilla non sopravvive a lungo se si è impazienti di vedere realizzate le proprie richieste.
La preghiera ha bisogno di durare, non solo a causa di colui che prega, ma anche a causa di Dio il quale ha bisogno di tempo per esaudire le nostre richieste, di noi che viviamo nel tempo, il tempo che Dio ha creato per noi. Pertanto, ogni volta che Dio interagisce con l'uomo, si inserisce insieme all'uomo in questo tempo, entra nella storia. Ecco il significato della preghiera insistente della vedova e di Mosè; eco il significato di "rimani saldo in quello che hai imparato.
REVISIONE DI VITA
- L'uomo è ciò che fa', non ciò che si propone di apparire. Siamo capaci di rinunciare e far rinunciare ai nostri figli a tutto ciò la moda, gli opinionisti, la società ci propone?

- La preghiera è il motore del mondo. Pregiamo solo per chiedere o ringraziare per quanto abbiamo ricevuto, oppure anche per lodare ed adorare Dio?

- Ringraziare l'altro per quanto fa per noi è un dovere. In questo secolo in cui ci sono solo diritti sentiamo il dover di ringraziare, sia Dio che il prossimo, per quanto gratuitamente ci viene dato?

 

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