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TESTO Commento su Ebrei 12,18-19.22-24a

Monastero Domenicano Matris Domini  

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (01/09/2013)

Brano biblico: Eb 12,18-19.22-24a Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 14,1.7-14

Avvenne che 1un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

7Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Collocazione del brano
E' questo l'ultimo brano della lettera agli Ebrei che leggiamo in queste domeniche. Si colloca al termine del capitolo 12, di cui abbiamo letto alcuni stralci le domeniche scorse. Lo stile di questo brano è parenetico, cioè esortativo. Dopo aver rincuorato i fedeli ricordando loro il punto di riferimento, il perno, il motivo della loro fede, Gesù Cristo e dopo aver dato un'interpretazione alle loro sofferenze presenti, l'autore di Ebrei ricorda ai suoi interlocutori, forse tentati di tornare alle rassicuranti usanze ebraiche, che infinitamente maggiore è l'esperienza di Dio che hanno fatto grazie alla loro adesione alla fede cristiana e ancora più grande è la gioia che essi hanno gustato.
Lectio
18Voi infatti non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta,
Questi versetti confrontano come in un dittico l'esperienza di Dio che avevano fatto gli israeliti sul monte Sinai e quella che invece hanno fatto i cristiani. La teofania del Sinai si può leggere in Es 19,10-25. Si sottolinea il fatto della materialità di questa esperienza, della paura, dell'opacità.
19né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola.
Lo squillo di tromba ricorda immagini di guerra oppure il richiamo della tromba del giudizio finale (cf. Ap 8), le parole sono le parole che Dio pronunciava sul monte Sinai con voce di tuono (Es 19,19). L'unica reazione possibile in questo caso è la paura. Il Dio del Sinai mostra la sua forza, è un Dio che stipula un'alleanza da più forte a più debole. Quanti lo ascoltavano erano così atterriti da non voler più accogliere la parola di Dio. I versetti 20 e 21 che la liturgia ha saltato sottolineano questo senso di paura e di distanza tra Dio e l'uomo, che Mosè stesso aveva avvertito.
22 Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all'adunanza festosa
Nella seconda parte del dittico l'atmosfera cambia completamente. Al monte Sinai si sostituisce il monte Sion, dove è posta Gerusalemme, non quella terrestre, ma quella celeste delle promesse di Gesù Cristo. Certo in questa città i credenti saranno accolti definitivamente dopo la morte e la fine dei tempi, ma già da ora vi è un'anticipazione della Gerusalemme celeste nella Chiesa. E' un'atmosfera di festa, un'assemblea, una comunità di persone e di angeli.
23 e all'assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti,
In questa Gerusalemme celeste c'è l'assemblea dei primogeniti, cioè coloro che sono stati scelti da Gesù Cristo e da lui sono stati rigenerati con la parola di vita (cf. Gc 1,18 Lc 10,20). Essi sono tutti i credenti che in grazia del battesimo sono diventati figli di Dio, da Lui amati e privilegiati.
Insieme ai credenti c'è Dio giudice di tutti. Accanto a lui gli spiriti dei giusti, cioè coloro che sono morti, sono stati trovati giusti nella loro fede e quindi questo li ha resi perfetti.
24 a Gesù, mediatore dell'alleanza nuova.
E in tutta questa bella compagnia i cristiani hanno a che fare con Gesù, il mediatore della nuova alleanza, cioè colui che ha fatto da tramite tra Dio e gli uomini. Non più un Mosè estitante e tremante, ma Gesù sfolgorante di gloria, attorniato dagli angeli, dai santi e da tutti i credenti.
Queste immagini dovevano rafforzare l'animo dei cristiani della lettera agli Ebrei. Essi avevano già visto queste cose nella Chiesa terrena, nella loro esperienza personale di Cristo. Guardando a Lui possono ricevere nuova forza per continuare il loro cammino anche se faticoso e segnato dalla sofferenza.
Meditiamo
- Mi è capitato qualche volta di avere ricevuto un'idea un po' terrificante di Dio e della sua giustizia?

- Mi capita mai di pensare alla mia vita di cristiano come la partecipazione a un'assemblea festosa? Mi sento gioioso/a o triste?

- Cosa posso fare per fare questa esperienza di gioia nell'incontro con Dio, nel vivere la mia fede?

 

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