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TESTO Commento su Luca 6, 41.4

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

S. Giovanni Crisostomo (13/09/2013)

Vangelo: Lc 6, 41.4 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 10,11-16

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

Perché guardi la pagliuzza che c'è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che c'è nel tuo? (...) Ipocrita!
Lc 6, 41.4

Come vivere questa Parola?
Sempre nel discorso seguente alle Beatitudini, Gesù illumina i suoi discepoli sul male diffuso dell'ipocrisia. può essere tradotto con commediante. I discepoli non sono chiamati a mettere in scena - a recitare - la storia di Gesù, ma a viverla. E la verità del Maestro è quella di cui si è parlato nel vangelo di ieri - cioè - gratuita e di misericordia per tutti.
L'evangelista mette in guardia contro uno zelo amaro e puntiglioso che, per colpire errori e peccati, non risparmia il peccatore, fino a preferire la sua condanna piuttosto che il suo pentimento, facendo leva sulla misericordia che perdona.
La parabola della pagliuzza e della trave è diventata un proverbio che conosce una sua storia quotidiana in tante comunità e gruppi di cristiani... è quasi una moda. Del resto, qui si parla di fratello; quindi, Lc denunciava la sua presenza già nelle chiese per le quali scriveva il suo Vangelo. Bisogna ripulire bene i propri occhi e prendere l'abitudine ad un giudizio sereno che comincia col mettere in questione se stessi per poi passare con misericordia, discrezione, equilibrio alla correzione degli altri (si chiama "fraterna " proprio perché è reciproca).
Parole, intenzioni, programmi non bastano. Si richiedono i frutti che, a loro volta, svelano la natura buona o cattiva dell'albero. L'uomo buono è colui che si lascia convertire alla bontà del suo Dio ( Egli solo è buono!) e quindi fa il bene, perché Dio sa fare solo il bene. L'uomo cattivo non fa altro che produrre fuori il male che si porta dentro.
La voce di uno scrittore romano
Giove ci caricò di due bisacce; sulla schiena ci mise quella piena dei nostri vizi e sul petto quella dei difetti altrui. Per questo, non possiamo vedere le nostre manchevolezze; ma, non appena gli altri compiono il male, diventiamo i loro inflessibili censori:
Gaio Giulio Fedro (Favole)

 

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