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TESTO Il grido dell'uomo e il soffio dello Spirito

don Elio Dotto  

Pentecoste (Anno C) - Messa del Giorno (30/05/2004)

Vangelo: Gv 14,15-16.23b-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 14,15-16.23-26

15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre,

23Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.

25Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. 26Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.

Certo che è davvero fragile la nostra vita: fragile al punto da essere appesa ad un respiro. Di solito non ci facciamo caso, travolti come siamo dalla frenetica incoscienza dei nostri giorni veloci: eppure basta che il nostro respiro si affanni un po' perché scopriamo quanto sia precaria la nostra esistenza. Proprio come preghiamo domenica nel salmo: «Se togli loro il respiro muoiono, e ritornano nella loro polvere» (Sal 104,29).

Accadde già al popolo di Israele, durante il lungo cammino nel deserto. Erano usciti dall'Egitto pieni di forza, avevano attraversato il Mar Rosso lanciando urla di gioia. E tuttavia presto si sentirono mancare il respiro: la strada del deserto appariva lunga e faticosa, mentre la terra promessa dal Signore diventava sempre più un sogno impossibile. Fu allora che gli Israeliti gridarono arrabbiati contro Dio e contro Mosé: «perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto?» (Nm 21,5).

Esattamente questa è la domanda che sfiora anche la nostra vita quando la delusione si fa sentire e il respiro diventa affannato: «perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto?». Perché questa situazione difficile, questo fastidioso imprevisto, questa persona molesta? Perché questa esistenza faticosa, che sembra incapace di mantenere le promesse fatte all'inizio? «Perché ci avete fatti uscire dall'Egitto per farci morire in questo deserto?».

Anche Gesù, sulla croce, aveva il respiro affannato. Affannato certo a causa della morte che si stava avvicinando; ma affannato pure da una domanda impietosa: «Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15,34). Eppure questo respiro affannato di Gesù non somigliava al respiro arrabbiato degli Israeliti nel deserto; e neanche somiglia al respiro deluso che percorre la nostra vita. Il respiro affannato di Gesù infatti non era un respiro senza memoria: egli sapeva chi gli aveva donato quel respiro; e soprattutto aveva fiducia – nonostante tutto – in colui che gli aveva donato quel respiro: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46).

Proprio questo respiro Gesù ha donato a noi morendo sulla croce. L'evangelista Giovanni conclude il racconto della Passione dicendo che «Gesù, chinato il capo, spirò» (Gv 19,30). Spirò: e cioè comunicò il suo respiro, diede il suo Spirito. Appunto quello Spirito di cui già aveva parlato ai suoi discepoli, come ascoltiamo nel Vangelo di domenica (Gv 14,15-16.23-26): «Il Padre vi darà un altro Consolatore... lo Spirito Santo... che vi insegnerà ogni cosa, e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Ebbene, oggi, al compimento della Pasqua, questo stesso Spirito Consolatore è comunicato a ciascuno di noi. Oggi ci è donato il respiro di Gesù, perché anche il nostro respiro affannato abbia finalmente una speranza. E dunque rinnoviamo con fiducia la preghiera della Sequenza: «Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua luce. Vieni, consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollievo. Vieni, tu che sei riposo nella fatica, riparo nella calura, conforto nel pianto. Vieni, Santo Spirito».

 

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